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della Croce, per liberarmi di tutti gli indumenti e come l'onda urtò la casa da monte, la<br />

quale cedette di schianto, io buon nuotatore com'ero, mi buttai in quelle acque<br />

tempestose puntando, almeno nelle intenzioni, verso i frastagliati avvallamenti delle<br />

sottostanti Rocce Frascare.<br />

"Come prima cosa venni travolto e sommerso dalla mistura di acqua e fango, fui subito<br />

trascinato via e colpito in più parti del corpo da quella infinita quantità di materiali<br />

frammisti alle acque i quali, pur essi precipitavano a valle. Riuscii ad imboccare, pur<br />

senza nulla vedere, l'arcata Ovest del ponte di San Paolo urtando però con una spalla lo<br />

spigolo del pilastro di sostegno dell'arcata stessa. Soffrii la tremenda pressione delle<br />

acque durante il sottopasso dell'arcata trasformatasi, per l'occasione, in un tunnel di<br />

tortura, riportando tra l'altro la sensazione che l'acqua ed il fango entrassero ugualmente<br />

in me, pur avendo la bocca chiusa e pur trattenendo completamente il respiro.<br />

Sottopassata l'arcata del ponte ebbi ancora la forza di riemergere e di riprendere il mio<br />

orientamento.<br />

Imboccai la prima insenatura che mi si presentò davanti, mi aggrappai con una mano sola,<br />

poiché l'altro braccio era inservibile a causa della spalla fratturata, ad un arbusto che si<br />

muoveva a pelo d'acqua. Non lo mollai più e là rimasi fino a quando gente che da lontano<br />

aveva seguito la mia drammatica discesa, accorse nei pressi, calò una fune, mi tirò sulla<br />

terra ferma ed ebbe cura di me".<br />

A questo punto la signora Gastaldi si concedette una pausa e mi guardò negli occhi.<br />

Compresi allora che la rievocazione di quel dramma familiare era bene terminasse li<br />

poiché, se avesse continuato, avrebbe ancora dovuto dirmi, aggiungendo dolore al dolore,<br />

che quella massa d'acqua fuoriuscita dall'invaso di Molare giunta "Da Venanzio", in pochi<br />

istanti, disintegrò due belle case rurali con annessi e connessi, causò la morte di quattro<br />

persone care, tra le quali il suo papà e la sua mamma nonché reso orfano un giovane di 26<br />

anni, il quale, seminudo ed intriso d'acqua come una spugna poté salvarsi per puro<br />

miracolo e grazie anche al suo impareggiabile coraggio.<br />

Come pure, se la signora Gastaldi avesse proseguito, si sarebbe trovata a dirmi che,<br />

sempre in quel giorno tragico, orfano non rimase soltanto Giacinto ma anche l'altro<br />

fratello Giacomo, lei stessa e la sorella Gina ambedue ancora in tenera età le quali,<br />

aggrappate alla ringhiera di un balcone di Geirino alto ed al massimo della disperazione<br />

videro con i propri occhi il consumarsi di quella tragedia che segnò profondamente le due<br />

famiglie Gastaldi, fino ad allora vissute in serena attività.<br />

Da allora la giovanissima Pierina Gastaldi fece tesoro di ogni documentazione che in<br />

proposito giunse a sue mani; documentazione che, con grande cura, ancora custodisce tra<br />

le sue cose più care e che, solo in questa circostanza un po' particolare, ha accettato di<br />

estrarre dal suo inviolabile cassetto per renderne partecipi anche coloro i quali, per<br />

fortunata sorte, quei tragici momenti non vissero.<br />

Tra la documentazione varia conservata si trova anche un esemplare di cartolina<br />

"Maineri" di Ovada nella quale, appare una delle due case dette "Da Venanzio" prima del<br />

luttuoso evento e con essa il Monitore Parrocchiale n. 10 - Ottobre 1935 nel quale viene<br />

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