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Subito dopo l'onda si buttò con furia contro l'antica "pisa" la quale, però, tutta acquattata<br />

sul greto del corso d'acqua, saldamente connessa al proprio sott'alveo, di sfuggevole<br />

struttura e priva di particolari appigli su cui insistere venne dalla stessa scavalcata intanto<br />

che già puntava verso altri obiettivi su cui sfogare la propria carica.<br />

Fu così che quell'onda, alta, compatta ed irresistibile si affacciò all'imboccatura della<br />

stretta piana di Monteggio ove io, ancora ignaro di tutto, di lì a poco mi sarei trovato ad<br />

affrontare, forse, la prova più terribile della mia vita.<br />

Il pendolo di famiglia aveva da poco scandito le ore 13.<br />

lo e Gino, lui un tantino più giovane di me, amici per la pelle nonché vicini di casa,<br />

decidemmo di andare com'era consuetudine ad incontrare i compagni di gioco che<br />

abitavano alla fattoria di Monteggio, li poco distante.<br />

Però là giunti, trovammo una situazione tutta diversa dalle volte precedenti perché e non<br />

senza disappunto, apprendemmo che i nostri amichetti, con membri delle rispettive<br />

famiglie, già dalla tarda mattinata avevano abbandonato la fattoria in quanto,<br />

impressionati dall'insolito livello già raggiunto dalle acque, le quali, occupavano l'intero<br />

piazzale.<br />

Sebbene con l'acqua alla cintura pur essendoci trattenuti sul punto più elevato del<br />

piazzale, continuammo a rimanere là ad ascoltare le argomentazioni delle persone adulte<br />

rimaste in fattoria senza renderei conto che sopra di noi, già aleggiava l'ombra della<br />

morte.<br />

L'acqua del piazzale, la quale mi arrivava già alla cintura, all'improvviso mi balzò a<br />

livello del labbro superiore, proprio tra il naso e la bocca, si da impedirmi quasi di<br />

respirare. Fatto che mi fece di colpo trasalire e risvegliò in me un minimo di<br />

ragionevolezza per cui, solo in quell'istante, mi resi conto che qualcosa di grave stava<br />

davvero accadendo. A quel punto con tutte le mie forze gridai: "Gino scappiamo, Gino<br />

scappiamo" e ci portammo, quindi, nei pressi del varco Nord intenzionati a raggiungere le<br />

propaggini della Collina Priarona, li non molto distanti. Ma come giunsi sulla linea del<br />

varco là, a 150 metri circa di distanza, alta quanto una casa a cinque piani, stava<br />

precipitando verso di me quell'onda mostruosa che già aveva abbattuto una diga,<br />

fagocitato case, strade e boschi interi, distrutto il ponte della ferrovia pronta a risucchiare<br />

la fattoria di Monteggio e quanto in essa ci si trovava.<br />

Che fare? Attendere lì la fine? Forse un minuto circa soltanto, ma pur sempre un'attesa<br />

troppo lunga. Fuggire? Ma in quale direzione? Il bedale che ci chiudeva da due lati, era<br />

ormai impossibile da guadare poiché già stracolmo d'acqua follemente spinta dall'onda<br />

che scendeva d'appresso. Per cui, se anche avessimo tentato, saremmo stati trascinati dritti<br />

nel vicino profondo vuoto ove girava la grande ruota del mulino. I campi tutt'intorno, a<br />

loro volta, erano diventati un immenso lago in movimento, spinto dalla pre-onda che di<br />

poco precedeva il grande mostro.<br />

Quattordici anni nemmeno ancora compiuti erano davvero pochi per morire, così<br />

dilaniato, a cinquecento metri soltanto da casa mia che ben vedevo e dalla quale mi ero<br />

allontanato poco prima senza neppure avvertire coloro che mi volevano tanto bene.<br />

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