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06.06.2013 Views

IL PROGRESSO COMPIE UN ALTRO PASSO IN AVANTI CON IL SOPRAGGIUNGERE DEL TRATTORE "A TESTA CALDA" Le cose cominciarono a cambiare, finalmente, nell'anno 1934 allorquando il Signor Antonio Carosio, Tugnin per gli amici, abitante alla Tenuta "Novarese" in piana di Molare, acquistò, nuovo fiammante, un motore semovente. Ricordo bene. Esso aveva una linea accattivante ed il tubo di scarico rivolto verso l'alto. Era di colore verde scuro con le ruote in ferro verniciate di rosso. Le due anteriori, di formato pressoché normale, erano snodate per assecondare i comandi dello sterzo mentre le due posteriori, ossia quelle motrici, erano di assai grossa dimensione, molto robuste con il battistrada pure in metallo tutto costellato di appositi ramponi, onde garantire la presa su qualsiasi terreno, strade pubbliche incluse, poiché anch'esse, in allora, erano ancora quasi tutte con carreggiata a fondo ghiaioso e non asfaltata. Era un possente monocilindrico a nafta così detto "a testa calda", la cui messa in moto, già di per se, costituiva un vero spettacolo siccome richiedeva tutta una serie di preliminari che dovevano essere eseguiti con molta perizia, il tutto non disgiunto da una dose di coraggio e da una notevole prestanza fisica. Infatti, a quel tempo, anche i bisonti meccanici agricoli non disponevano di avviamento automatico e quindi, giocoforza, ogni operazione doveva essere compiuta a mano. Tali motori venivano appunto definiti "a testa calda" perché la nafta, seppur introdotta in camera di scoppio, non esplodeva se prima non veniva sottoposta ad un certo limite di compressione in presenza, anche, di una determinata soglia di calore. A motivo di ciò, per realizzare l'avviamento, dopo avere messo bene a punto la posizione dell'acceleratore, dell'anticipo e quant'altro, occorreva piazzare all'esterno, ma proprio davanti alla camera di scoppio, un'apposita "lampa" a benzina che emetteva fuoco vero fino a determinare il grado di temperatura ottimale. Nell'arco di lO minuti circa la lampa svolgeva il proprio compito. Veniva quindi ritirata ed a quel punto, due persone addette alla bisogna, afferravano con le mani il grosso volano esterno, lo giravano fino a portare il pistone interno al cilindro ad ottenere il massimo della compressione. Dopo di che, in totale sincronismo, liberavano il volano dalla loro presa ed esso, in fase di ritorno, con un tremendo contraccolpo provocava una prima fragorosa deflagrazione alla quale poi seguivano tante altre ben scandite, secche, tutte uguali, dando sfoggio di grande potenza e di continuità fino a lavoro ultimato. Per la presentazione al pubblico di quell'originale attrezzo, venne scelto il giorno in cui ad Ovada, anno 1934, si svolgeva la tradizionale fiera di Maggio. Quel mastodontico bovino di metallo venne collocato proprio nel bel mezzo dello spazio fieristico e superfluo dirlo, divenne subito l'oggetto che più incuriosiva e più era ammirato da parte dei convenuti all'annuale incontro. Ma se da fermo, là sul piazzale, il trattore costituiva già motivo di ammirazione e di compiacimento, ancor più stupiva tutti quando esso, anche se in metallo lavorato, 54

prendeva a camminare sulla piazza con le proprie gambe e si lasciava condurre, docile come un agnello, da un sol uomo comodamente seduto che neppure impartiva i soliti comandi ma, appena, appena, si limitava a muovere un po' le braccia ed un po' le gambe tenendo la bocca chiusa e l'inseparabile pipa stretta fra i suoi denti. Il signor Carosio, sempre stando comodamente seduto al posto di comando, a titolo dimostrativo, lo faceva camminare in avanti, lo faceva ritornare indietro, lo faceva fermare e persino girare su se stesso. Poi il bravo Tugnin ogni tanto scendeva a terra, s'intratteneva con le persone che chiedevano spiegazioni, dopo di che si accomiatava e risaliva sul comodo sedile per esibirsi di nuovo con il suo favoloso trattore. Tutti i convenuti, ma specialmente gli operatori del settore agricolo, non dubitavano affatto delle oneste parole pronunciate dal Signor Carosio però, più di uno di essi, come lasciava il piazzale della Fiera e quindi anche un po' svaniva la suggestione del momento, nel proseguire verso casa, veniva colto da grave pensiero e diceva tra sé e sé: "lo che tanto amo la mia terra dalla quale peraltro sono pienamente contraccambiato e quando è Stagione, appena, appena l'accarezzo con la zappa, con la vanga o con il rastrello, come potrei, così senza motivo, buttarle addosso due Tonnellate e più di ferro, farla scorticare selvaggiamente da quegli acuminati ramponi ed ararla così profonda da estrarle dalle viscere persino i suoi inviolabili segreti? No! lo apprezzo l'intelligenza, l'iniziativa e la buona fede del Tugnin ma, fin che avrò vita, mai oserò rompere il patto di rispetto e di reciproca donazione che già venne stipulato tra essa terra ed i miei Progenitori. Lo so, gli anni passano anche per me e se un giorno le forze proprio dovessero mancarmi, tutt'al più, potrei decidere di andare al campo io, il mio bove ed il piccolo aratro che già fu di mio nonno. Questo, anche perché il mio paziente quadrupede, è talmente rispettoso della terra che onde non calpestarla più di tanto, nel compiere il suo felpato movimento, persino sempre posa lo zoccolo posteriore proprio nell'impronta in cui, un battito di ciglio prima, teneva quello anteriore". Erano quelli i buoni propositi che occupavano la mente dell'anziano agricoltore intanto che percorreva la strada verso casa. Ma il mondo evolveva ormai a modo suo e quando la gente si rese conto che il moderno bue metallico, in un'ora soltanto arava tanta terra quanta, a stento, ne arava il paziente bovino in un giorno intero, che percorreva senza fatica il monte ed il piano, che trainava senza problemi enormi pesi, che attraversava i corsi d'acqua senza troppo preoccuparsi se la corrente spingeva a destra o a sinistra, allora il senso pratico delle cose cominciò ad avere sempre più il sopravvento. Il trattore "a testa calda" segnò la fine di un'Epoca e ne aprì un'altra. Esso, infatti, pose termine a quella ultra millenaria del paziente bove ed aprì prepotentemente quella dei motori a scoppio. 55

prendeva a camminare sulla piazza con le proprie gambe e si lasciava condurre, docile<br />

come un agnello, da un sol uomo comodamente seduto che neppure impartiva i soliti<br />

comandi ma, appena, appena, si limitava a muovere un po' le braccia ed un po' le gambe<br />

tenendo la bocca chiusa e l'inseparabile pipa stretta fra i suoi denti.<br />

Il signor Carosio, sempre stando comodamente seduto al posto di comando, a titolo<br />

dimostrativo, lo faceva camminare in avanti, lo faceva ritornare indietro, lo faceva<br />

fermare e persino girare su se stesso.<br />

Poi il bravo Tugnin ogni tanto scendeva a terra, s'intratteneva con le persone che<br />

chiedevano spiegazioni, dopo di che si accomiatava e risaliva sul comodo sedile per<br />

esibirsi di nuovo con il suo favoloso trattore.<br />

Tutti i convenuti, ma specialmente gli operatori del settore agricolo, non dubitavano<br />

affatto delle oneste parole pronunciate dal Signor Carosio però, più di uno di essi, come<br />

lasciava il piazzale della Fiera e quindi anche un po' svaniva la suggestione del momento,<br />

nel proseguire verso casa, veniva colto da grave pensiero e diceva tra sé e sé: "lo che<br />

tanto amo la mia terra dalla quale peraltro sono pienamente contraccambiato e quando è<br />

Stagione, appena, appena l'accarezzo con la zappa, con la vanga o con il rastrello, come<br />

potrei, così senza motivo, buttarle addosso due Tonnellate e più di ferro, farla scorticare<br />

selvaggiamente da quegli acuminati ramponi ed ararla così profonda da estrarle dalle<br />

viscere persino i suoi inviolabili segreti? No! lo apprezzo l'intelligenza, l'iniziativa e la<br />

buona fede del Tugnin ma, fin che avrò vita, mai oserò rompere il patto di rispetto e di<br />

reciproca donazione che già venne stipulato tra essa terra ed i miei Progenitori.<br />

Lo so, gli anni passano anche per me e se un giorno le forze proprio dovessero mancarmi,<br />

tutt'al più, potrei decidere di andare al campo io, il mio bove ed il piccolo aratro che già fu<br />

di mio nonno. Questo, anche perché il mio paziente quadrupede, è talmente rispettoso<br />

della terra che onde non calpestarla più di tanto, nel compiere il suo felpato movimento,<br />

persino sempre posa lo zoccolo posteriore proprio nell'impronta in cui, un battito di ciglio<br />

prima, teneva quello anteriore".<br />

Erano quelli i buoni propositi che occupavano la mente dell'anziano agricoltore intanto<br />

che percorreva la strada verso casa. Ma il mondo evolveva ormai a modo suo e quando la<br />

gente si rese conto che il moderno bue metallico, in un'ora soltanto arava tanta terra<br />

quanta, a stento, ne arava il paziente bovino in un giorno intero, che percorreva senza<br />

fatica il monte ed il piano, che trainava senza problemi enormi pesi, che attraversava i<br />

corsi d'acqua senza troppo preoccuparsi se la corrente spingeva a destra o a sinistra, allora<br />

il senso pratico delle cose cominciò ad avere sempre più il sopravvento.<br />

Il trattore "a testa calda" segnò la fine di un'Epoca e ne aprì un'altra. Esso, infatti, pose<br />

termine a quella ultra millenaria del paziente bove ed aprì prepotentemente quella dei<br />

motori a scoppio.<br />

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