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Ma se intorno all'anno 1907, l'arrivo in terra ovadese della trebbiatrice meccanica venne<br />

considerato un avvenimento importante, non fu certo da meno l'episodio di cui essa si rese<br />

protagonista, circa otto anni dopo, quando scoppiò la prima Guerra Mondiale, nel corso<br />

della quale lo Stato si trovò costretto a requisire tutto il carbone per fare fronte alle<br />

drammatiche necessità del momento. Occorreva, infatti, assicurare il funzionamento a<br />

pieno ritmo delle Ferrovie ancora tutte a combustibile di miniera e sostenere, ad ogni<br />

costo, la produzione di navi, cannoni, armi, munizioni e quant'altro poteva necessitare.<br />

Il momento che l'Italia si trovava ad affrontare era certamente uno dei più drammatici<br />

della sua Storia e quindi anche quel gioiello di vaporiera che, bruciando carbone,<br />

inghiottiva i covoni interi e donava alla gente sacchi pieni di grano dovette fermarsi ed<br />

entrare in rimessa con la prospettiva di rimanerci per chissà quanto tempo.<br />

Le persone però, nel mentre, soffrivano la fame vera pur avendo i covoni di grano l'uno<br />

sugli altri accatastati sulle aie o sotto i porticati. Tutti si disperavano di fronte ad una<br />

situazione che appariva quasi assurda, ma che proprio non lasciava intravedere una via<br />

d'uscita, né era possibile ritornare ai sistemi manuali del passato perché, in primo luogo,<br />

gli arnesi adatti, dopo così tanto tempo, erano andati tutti dispersi e poi perché le braccia<br />

valide erano tutte alle armi.<br />

Nelle case scarseggiava ogni mezzo di sostentamento, pane compreso, mentre sulle aie e<br />

sotto ai porticati andavano in rovina i covoni di grano a causa dell'impossibilità di poterli<br />

trebbiare. Tutti si struggevano, né si dava pace Francesco Passalacqua, il quale, mentre<br />

osservava tutte quelle ruote immobili in rimessa, impegnava al meglio tutto se stesso nella<br />

ricerca di uno stratagemma che gli consentisse di superare le difficoltà di quell'insolito<br />

momento.<br />

La soluzione la trovò, finalmente, e disse fra se e se: "Lì poco distante vi è il mulino di<br />

Monteggio la cui grande ruota motrice viene mossa non da carbone di miniera, ma<br />

dall'acqua dell'Orba; ruota al momento, ferma anch'essa, causa la mancanza di frumento<br />

da macinare. Ora, se il proprietario ne convenisse, sarebbe sufficiente prolungare una<br />

puleggia (presa di forza ruotante), trasmettere il suo moto rotatorio alla trebbiatrice a<br />

mezzo della solita lunga, robusta cinghia di cuoio, istituire una postazione fissa sul grande<br />

piazzale della fattoria e lì trebbiare grano per tutti, senza limiti di tempo.<br />

Subito si convenne su una così promettente iniziativa e da quel momento non si perdette<br />

nemmeno più un istante. Tutti furono d'accordo, collaborarono con gran fervore e gli<br />

adattamenti meccanici vennero in breve eseguiti. Con i buoi fu trainata lì sul posto la<br />

trebbiatrice e tutto prese a funzionare com'era stato previsto.<br />

La notizia che a Monteggio si trebbiava il grano con l'acqua dell'Orba si sparse in un<br />

baleno e fu un accorrere, da ogni dove, di carri stracolmi di covoni e coloro che non<br />

avevano animali da tiro giungevano fin là con carri tirati a mano da più persone, mentre i<br />

più diseredati che non possedevano nemmeno una ruota, si trascinavano fino a Monteggio<br />

con pesanti fasci di covoni sulle spalle.<br />

Di fronte a tanta fame subito venne istituita una catena di solidarietà nel senso che coloro<br />

i quali per loro fortuna, possedevano carri ed animali da tiro, gratuitamente organizzarono<br />

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