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In conclusione, quello che avrebbe dovuto essere un momento di incontro felice per lo
scampato pericolo e per esserci ritrovati ancora così tutti insieme, finì invece, per tradursi
in mestizia e malinconica riflessione. Inoltre, a motivo dell'episodio appena descritto,
tuttora non saprei dire se soffrii di più il 13 oppure il 14 di quel lontano mese quando gli
anziani che erano lì con noi piangevano pur senza versare lacrime ed i morti si trovavano
ancora là sparsi lungo il torrente, protetti solo alla notte da quel pietoso velo che l'ombra
della sera stendeva sopra ad essi.
Quell'ingiustificato allarme non fu circoscritto al solo territorio di Monteggio, ma venne
propagato lungo tutto il corso dell'Orba. In Ovada si registrarono momenti di grave
panico, e molti ovadesi, pur di mettersi in salvo, andarono a rifugiarsi sulle alture di
Tagliolo servendosi del ponte per Silvano le cui strutture principali, tutto sommato, erano
rimaste in piedi. Altri invece, corsero su verso Costa d'Ovada e dintorni.
Il sacerdote Felice Beccaro, benvoluto e stimato da tutti, allo scopo di evitare ai suoi
parrocchiani un così disagiato esodo, ritto sul sagrato della Chiesa, si sbracciava e persino
implorava la gente di non fuggire poiché il lago di Ortiglieto era ormai completamente
vuoto, come aveva già potuto constatare lui stesso nel corso di un sopralluogo.
Passarono così alcuni giorni, la situazione intanto venne definitivamente chiarita ed un po'
alla volta, tutti fecero ritorno alle proprie case. Le autorità competenti aprirono anche
un'inchiesta per individuare i responsabili che avevano provocato un così grave,
ingiustificato scompiglio, ma nel frattempo, altre cose importanti erano balzate in primo
piano, la grande paura stava ormai lentamente passando e del falso allarme si parlava
sempre meno. La faccenda si esaurì poi naturalmente, né si conobbe mai quale fu l'esito
dell'inchiesta.
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