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Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong> 69<br />

danneggiata già nel convento di San Pasquale sempre a<br />

Madrid ed ora nei depositi del Prado (Spinosa, 1978, p.<br />

124, n. 202 e fig. a p. 123, p.110, n. 108 e fig. a p. 109;<br />

Spinosa, 1992, pp. 214-215, n. 1.60; Peréz Sánchez,<br />

1992, p. 284, n. 1.101 e fig. a p. 283). La versione già<br />

a Santa Isabella è stata identificata con la tela dipinta<br />

per l’altare maggiore della cappella del vecchio Palazzo<br />

Reale di Napoli, trasferita nel 1668 nell’adiacente<br />

nuova residenza reale e quindi portata in Spagna nel<br />

1672 dal viceré Pedro Antonio de Aragón; al suo posto<br />

sull’altare rimasto vuoto venne successivamente collocata<br />

l’Immacolata in marmo di Cosimo Fanzago, passata<br />

poi nell’edificio della Pietrarsa e successivamente<br />

nel cortile del Seminario Arcivescovile (Spinosa, 1992,<br />

pp. 214-215, n. 1.60).<br />

La composizione implica altresì un lontano debito verso<br />

la scuola sivigliana del secolo XVII. In primo luogo<br />

all’Inmaculada Concepción - un olio su tela di cm <strong>13</strong>5 x<br />

101,6 - dipinta fra il 1618 e il 1619 da Diego Velázquez<br />

(Siviglia 1599 - Madrid 1660), e oggi alla National Gallery<br />

di Londra e, fra le numerose opere di analogo soggetto<br />

di mano di Alonso Cano (Granata 1601-1667), a<br />

quella - olio su tela di cm 184 x 1<strong>13</strong> - riferibile al 1650<br />

del Museo Diocesano di Arte Sacra di Vitoria, che ne<br />

richiama la torsione (Aterido, 2007, pp. 308-309, n. 6 e<br />

fig. a p. 122; Finaldi, 2007, pp. 324-325, n. 29 e fig. a<br />

p. 198). Vanno altresì segnalate l’Inmaculada de Soult -<br />

olio su tela di cm 274 x 190 - dipinta intorno al 1678 da<br />

Bartolomé Esteban Murillo (Siviglia 1617-1682), protagonista<br />

della grande stagione pittorica della Spagna<br />

di Filippo IV, per la chiesa dell’Ospedale dei Venerabili<br />

Sacerdoti a Siviglia, probabilmente per committenza<br />

di don Justino de Neve, fondatore della stessa benefica<br />

istituzione nel 1675 ed oggi conservata al Museo<br />

Nacional del Prado (inv. 2809) - assieme alla Concepción<br />

del Escorial (già Inmaculada de la Granja), un<br />

olio su tela di cm 206 x 144, eseguita entro il 1665, e<br />

alla Concepción de Aranjuez, un olio su tela di cm 222<br />

x 118, databile fra il 1670 e il 1680 - che ripropone,<br />

come in numerose opere del pittore con la medesima<br />

iconografia, la particolare raffigurazione, diffusa in area<br />

iberica e nei territori della penisola italiana sotto il controllo<br />

asburgico, della Purìsima, in abito bianco e manto<br />

azzurro, dall’aspetto di giovane fanciulla; diversamente<br />

dalla più nota immagine dell’Immacolata derivata dalla<br />

donna dell’Apocalisse, il capo non è cinto da dodici<br />

stelle ma da un’aureola raggiata, manca il drago sotto<br />

i piedi che poggiano sul globo, circondato da angeli,<br />

mentre è presente, come solo attributo, il crescente di<br />

luna. L’esemplare in esame con la moltitudine di angeli<br />

e testine cherubiche disposte in una sorta di spirale<br />

intorno alla figura mariana, precorritrici di nuove sensibilità<br />

rococò costituiscono una novità compositiva<br />

destinata a grande fortuna per tutto il Settecento. L’impostazione<br />

della figura stante della Vergine, lievemente<br />

più piccola, rispetto alle composizioni precedenti, con<br />

le mani al petto e lo sguardo rivolto verso l’alto, era<br />

già stata sperimentata dal pittore nell’Immacolata di<br />

Aranjuez, assai vicina, per tali elementi, all’Assunzione<br />

della Vergine (I Padri della Chiesa discutono sul<br />

dogma dell’Immacolata Concezione), un olio su tela di<br />

cm 273,5 x 184, dipinta da Guido Reni intorno al 1635<br />

- o più di un decennio prima, nel biennio 1616-1617, se<br />

accostata stilisticamente all’Assunzione commissionata<br />

all’artista bolognese dal cardinale Durazzo per la chiesa<br />

di Sant’Ambrogio a Genova - del Museo Statale Ermitage<br />

di San Pietroburgo (inv. 59) (Luna, 2003, p. 95,<br />

n. 2809; p. 92, n. 972 e fig. 24; p. 95, n. 974; Facchin,<br />

2009, pp. 190-191, n. 1.2 e fig. a p. 82; Vsevoložskaja,<br />

Milano 2010, pp. 239-240, n. 216 e fig. a p. 94). Ancora<br />

di Murillo va infine menzionata l’Immacolata Concezione<br />

(Esquilache) - un olio su tela di cm 235 x 196 -<br />

degli anni 1645-1655, anch’essa conservata presso il<br />

Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo (inv. 7146)<br />

ove i contorni dei corpi e degli oggetti sono tracciati con<br />

nitore - incluse le immagini della luna e degli angioletti<br />

recanti i simboli segnalati nelle litanie mariane quali<br />

l’ulivo, la palma, le rose, l’iris, lo specchio, il giglio -;<br />

attorno alla testa della Vergine l’aureola, di un pastoso<br />

color ocra, ricorda per tonalità le opere del maestro sivigliano<br />

della seconda metà degli anni Quaranta del Seicento,<br />

come attesta la maniera in cui sono impostati gli<br />

angeli corporei, simili a dei bambini in carne ed ossa,<br />

disinvoltamente materici. Nel secolo XVII quest’ultima<br />

tela entrò a far parte della raccolta del collezionista<br />

sivigliano Nicolás Omazur - per il quale Murillo eseguì<br />

numerose committenze -, rimanendovi sino al 1698 per<br />

passare, sempre a Siviglia, in quella di I. P. Omazur de<br />

Malcampo; successivamente e sino al 1785 fu nella collezione<br />

del marchese di Esquilace a Madrid e in Italia,<br />

poi a Roma in quella del cardinale Gregorio e in quella<br />

di Pio VI, dalla quale nel 1842 pervenne al Museo<br />

Statale Ermitage acquistata dal duca Braschi; nel 1929<br />

venne acquisita da Antiquariat per ritornare infine, nel<br />

1931, nel museo di San Pietroburgo ([Kagané, Zatti],<br />

2009, pp. 112-1<strong>13</strong>, n. 22).<br />

Anche se più stemperata e meno vigorosa di quella di<br />

Balata va menzionata anche l’Immacolata Concezione<br />

dipinta da Giacinto Brandi (Poli 1621 - Roma 1691) nel<br />

1679 e collocata sul primo altare entrando a sinistra nella<br />

chiesa di San Giovanni Battista a Jesi. Attorno al 1680,<br />

quasi contemporaneamente alla pala dell’altare maggiore<br />

di Giovanni Peruzzini il cardinale Alderano Cybo<br />

inviava a Jesi per l’oratorio femminile questa Immacolata.<br />

Nella tela, che si impone come un prodotto della<br />

maturità dell’artista di Poli (che dopo aver lavorato a<br />

Napoli, dal 1647 si stabiliva a Roma, entrando nell’Accademia<br />

dei Virtuosi al Pantheon e dal 1651 all’Accademia<br />

Nazionale di San Luca, di cui veniva eletto principe<br />

nel 1668) è evidente la presenza dell’influsso di Carlo<br />

Maratti e della sua pittura romana; l’immagine brandiana<br />

della Vergine assisa fra le nuvole, con lo sguardo<br />

rivolto al cielo ed il braccio elevato verso l’Onnipotente,<br />

sembra derivare dalla tradizionale iconografia

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