Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico
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Franz Pendl (Cont, 1998, pp. 51, 57, nota 9) - e «attualmente<br />
riposta nella nicchia ricavata all’interno dell’altare<br />
delle reliquie della sacrestia» (Primerano, Castri,<br />
2004, p. 56) -, il quale nel 1871 - essendo arciprete don<br />
Tommaso Torresani - riportò anche «alla sua forma primiera»<br />
«la miracolosissima Immagine […] della Beatissima<br />
Vergine», che venne riposta in sacrestia ove è<br />
custodita (Giordani, 1877, pp. 22, 44; Weber 1977 2 , p.<br />
273; Cont, 1998, pp. 54, 62, nota 33).<br />
La grazia e l’algido equilibrio della pala di Balata<br />
- forse iconograficamente una riproduzione dell’opera<br />
ottocentesca precedente «raffigurante l’Immacolata in<br />
piedi sopra il mappamondo» (Cont, 1998, p. 51) - manifestano<br />
esplicitamente la poetica dell’artista, intimista<br />
ed impregnata di distacco contemplativo, giocata sulla<br />
polarità di naturalismo e primitivismo, sulla tecnica<br />
del fuoco ravvicinato sui particolari, sull’uso di colori<br />
puri con stesure cromatiche brillanti, sull’aspirazione a<br />
trattare i soggetti religiosi in modo prosaico e sensibilmente<br />
decorativo, fra realismo magico e primitivismo,<br />
poetica che perviene ad esiti stilistici che rimandano,<br />
indubitabilmente, all’impronta della pittura nazarena<br />
trasmessa alla corrente preraffaellita; tutto ciò nell’«adesione<br />
al realismo [...] e alla vivezza neoclassica di<br />
Novecento» (Belli, 1994, p. 46). Non sarà estraneo a<br />
ciò l’iter di studio che Balata intraprese alla Scuola di<br />
Nudo di Monaco e all’Accademia di Belle Arti di Brera.<br />
Numerose sono le Immacolate che più o meno con<br />
varianti possono rappresentare un precedente stilistico<br />
della pala dell’arcipretale di Santa Maria Assunta. Per<br />
l’insieme e il dettaglio del gruppo di angeli dipinti ai<br />
piedi della Vergine merita segnalare l’Immacolata Concezione<br />
- olio su tela di cm 268 x 178 - dipinta dal pittore<br />
fiammingo dal nome italianizzato Geronimo Gerardi<br />
(Anversa 1595 c. - Trapani 1648) fra il 1628 e il 1631<br />
per la chiesa palermitana di Sant’Anna la Misericordia.<br />
Gerardi, attivo in Sicilia principalmente a Palermo e a<br />
Trapani a partire circa dal 1620 e sino al 1648, entrato<br />
probabilmente nella sua città di origine in contatto con<br />
la bottega di Rubens e con il giovane Anton Van Dick<br />
mantenne altresì in terra siciliana notevoli contatti con<br />
altri fiamminghi rinsaldando i legami mediante la vasta<br />
diffusione delle stampe di traduzione; il suo linguaggio,<br />
come quello di altri pittori fiamminghi presenti nella<br />
Sicilia occidentale nella prima metà del Seicento, risente<br />
delle scelte figurative di Pietro Novelli il Monrealese<br />
(Monreale 1603 - Palermo 1647), originando un contesto<br />
stilistico che la storiografia non ha tardato a definire<br />
fiammingo-novellesco. Mentre gli elementi di cultura<br />
vandyckiana sono evidenti nella resa pittorica e nella<br />
pennellata, la formula compositiva del dipinto sembra<br />
rifarsi a tipologie anche fisionomiche di tipo rubensiano;<br />
proprio gli angeli e il vorticoso addensarsi di nubi sembrano<br />
ripresi da un’incisione tratta da opere di Rubens,<br />
tradotte a bulino da Schelte Adams Bolswert (Bolsward<br />
1586 c. - Anversa 1659) e precisamente l’Assunta già<br />
nella chiesa dei Gesuiti di Anversa poi al Kunsthistori-<br />
Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />
sches Museum di Vienna (n. 314) e l’Assunta già nella<br />
chiesa delle Carmelitane Scalze poi ai Musei Reali di<br />
Belle Arti di Bruxelles (n. 166), entrambe dipinte prima<br />
del 1620. Qualche tangenza si ricava inoltre con l’Incoronazione<br />
della Vergine affrescata da Novelli intorno<br />
al 1630 sulla volta dell’Oratorio del Rosario di San<br />
Domenico a Palermo e in particolar modo nella postura<br />
delle braccia della Vergine e nei putti svolazzanti. Oltre<br />
ad ipotizzabili diretti rapporti reciproci - le due opere<br />
sono pressoché coeve - le parentele compositive sono<br />
riconducibili al comune riferimento a fonti d’immagine<br />
rubensiane (Bongiovanni, 2008, pp. 91-93; Mezzetti,<br />
1977, pp. 46-47, n. e fig. 66; Scuderi, Milano 1990, pp.<br />
102-107, nn. 10-11). Si consideri altresì l’Immacolata<br />
- un olio su tela di cm 303 x 201 - commissionata al<br />
Monrealese dalla nobile badessa Flavia Maria Aragona<br />
nel contesto di un cospicuo arredo artistico da lei finanziato<br />
della zona presbiteriale nella chiesa palermitana<br />
della Concezione al Capo fra il 1625 ed il 1651; oltre al<br />
dipinto l’artista deve aver eseguito anche la decorazione<br />
affrescata del cupolino ottagonale sovrastante l’altare<br />
(Scuderi, Palermo 1990, pp. 238-239, n. II.28).<br />
La tela di Balata non può non far pensare all’Immacolata<br />
Concezione - un olio su tela di cm 294 x 164 -,<br />
firmata e datata nel margine inferiore destro «Jusepe<br />
de Ribera español / F. 1637», della Graf Harrach’sche<br />
Familiensammlung di Rohrau. Acquistata a Madrid nel<br />
1676 dal conte Ferdinando Bonaventura von Harrach,<br />
essa riprende con alcune varianti e in dimensioni ridotte<br />
il tema già illustrato da Ribera (Játiva 1591 - Napoli<br />
1652) nel 1635 per la chiesa delle Agostiniane Scalze di<br />
Monterrey a Salamanca (Immacolata Concezione, olio<br />
su tela di cm 502 x 329, firmata e datata nel margine<br />
inferiore destro «Jusepe de Ribera / español valenciano<br />
/ F. 1635»). La tela degli Harrach presenta una luminosità<br />
solare ed un notevole impreziosimento cromatico,<br />
con evidenti propensioni, in direzione naturalista, a<br />
soluzioni pittoricistiche nei modi elaborati intorno agli<br />
anni Trenta dalle correnti neovenete e vandyckiane in<br />
area mediterranea (Spinosa, 1978, p. 107, n. 92 e fig. a<br />
p. 106; p. 110, n. 106 e fig. a p. 109). È stata posta più<br />
volte in relazione con la tela - di cm 255 x 177 - d’analogo<br />
soggetto e datata nello stesso 1637 che si conserva<br />
ora nella Collezione Kress al Columbia Museum of Art<br />
and Science, che presenta la Vergine con le mani giunte<br />
ma rivolta verso sinistra e circondata da un numero<br />
minore di angioletti e di attributi mariani, e con la<br />
redazione affine, ma con le mani giunte al seno come<br />
a Salamanca, che era presso il marchese di Alcantara e<br />
fu poi acquistata per il Museo del Prado (inv. 1070) da<br />
Ferdinando VII nel 1833 (Spinosa, 1978, p. 110, n. 107<br />
e fig. a p. 109). Della stessa composizione, come rilevato<br />
da Nicola Spinosa, Ribera dipinse successivamente<br />
altre due note versioni: nel 1646 quella nel convento<br />
di Santa Isabella a Madrid, distrutta durante la guerra<br />
civile e che riprende lo schema del dipinto a Salamanca<br />
ma senza l’Eterno Padre, e la redazione molto