Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico
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Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong> 63<br />
Il materiale documentario rintracciato fornisce un’interessante<br />
testimonianza, pur relativa ad un breve torno di<br />
tempo, circa gli adempimenti amministrativi che si rendevano<br />
all’epoca necessari all’attribuzione di un incarico<br />
sugli arredi della chiesa, mettendo in luce un sistema<br />
di gerarchie di poteri e competenze fra vari organi,<br />
monocratici (ordinariato, parrocchia, capocomune) o<br />
collegiali (fabbriceria).<br />
Il conte Carlo Lodron, che propone l’assegnazione della<br />
commessa all’artista, l’ordinariato che, nella persona<br />
del vescovo ausiliare, mons. Giovanni Haller 9 , manifesta<br />
parere favorevole all’impresa, il parroco decano di<br />
Villa Lagarina, don Pietro Zortea, inteso a contestualizzare<br />
razionalmente e a mediare le varie opzioni, e la<br />
fabbriceria, contraria ad esaudire i desideri del conte e<br />
disposta piuttosto a decretare il proprio ammutinamento,<br />
sono i personaggi dell’attività preliminare all’affidamento<br />
dell’incarico.<br />
I documenti riguardanti la vicenda sottesa all’autorizzazione<br />
ecclesiastica necessaria per la commessa della pala<br />
mettono in luce un clima, venutosi a creare in parrocchia,<br />
alquanto vivace. Il parroco decano di Villa Lagarina,<br />
solerte e oculato nei comportamenti, preciso e corretto nel<br />
seguire le procedure amministrative richieste dall’ordinamento<br />
canonico, condivide con il conte Carlo Lodron, e<br />
sostiene, la necessità non più procrastinabile di sostituire<br />
la vecchia tela di San Giuseppe, la quale ormai risulta non<br />
più adeguatamente «decorosa per la chiesa di Villa».<br />
L’ordinariato, nella persona del vescovo ausiliare, si<br />
dichiara pienamente d’accordo con il progetto, in primis<br />
per ragioni di decoro, ma poi anche per opportunità<br />
culturale, religiosa e politica. L’ideatore del programma<br />
di sostituzione della vecchia pala, il conte Carlo, ne è<br />
talmente convinto assertore da spingersi troppo in avanti,<br />
senza provvedere alle opportune cautele del caso.<br />
Infatti, gli è bastato un cenno verbale di assenso da<br />
parte dell’autorità ecclesiastica di Trento, che già chiama<br />
l’amico pittore nel suo palazzo, ad approntare «telajo<br />
e tela». Ma il nobiluomo ha agito arbitrariamente,<br />
trascurando le normali regole di procedura, che invece<br />
esigono il preventivo nulla-osta da parte dei fabbricieri,<br />
trattandosi di spesa a carico del bilancio della chiesa.<br />
L’ostinazione di questi ultimi deriva probabilmente<br />
da un giudizio di mediocrità che circolava intorno alle<br />
capacità e al valore del pittore prescelto dal conte («si<br />
/ sente a dire, che qualcheduna delle sue opere / non<br />
riuscì»), ma soprattutto si fonda su ragioni di cassa: («la<br />
Fab ria non vuol sa= / perne di spesa perché la Chiesa<br />
ha tanti bi= / sogni come di patene, di vasi, di strato<br />
mortua= / rio, di rattopare apparati vecchi di valore /<br />
etc,»). Perciò, all’interno di questa piccola vicenda paesana<br />
devono esservi state delle tensioni e diatribe di un<br />
certo rilievo, se poi in conclusione tutto viene accomodato<br />
in altro modo rispetto all’itinerario che era stato<br />
avviato. La vicenda deve essersi sviluppata in un mese<br />
appena, come si evince facilmente dalla documentazione<br />
rintracciata: i primi due documenti, a firma del par-<br />
roco decano, portano entrambi la data del 3 dicembre<br />
1877 e vengono indirizzati al medesimo destinatario,<br />
l’ordinariato di Trento; tre giorni dopo, il 6 dicembre, è<br />
già pronta la risposta del vescovo ausiliare; il 3 gennaio<br />
dell’anno successivo, a un mese esatto dalle prime due<br />
missive, compare una nuova lettera del parroco all’ordinariato,<br />
con l’indicazione di aver risolto definitivamente,<br />
ma in tutt’altro modo, la questione che malamente si<br />
stava aggrovigliando.<br />
Il primo documento, datato 3 dicembre 1877, è l’istanza<br />
formale con la quale don Pietro Zortea, parroco decano<br />
di Villa Lagarina, chiede all’ordinariato « il permesso /<br />
di far pingere dal Sig r Prati un / S. Giuseppe destinato<br />
a sostituire la / vecchia tela di detto santo non mol= /<br />
to decorosa per la chiesa di Villa», permesso già verbalmente<br />
ottenuto dal conte Lodron, patrono dell’impresa.<br />
Don Zortea, nella chiusa della lettera, giudica<br />
però «rilevante» l’onorario di 70 marenghi richiesto<br />
dal pittore, e soprattutto rende nota la contrarietà dei<br />
fabbricieri.<br />
Il secondo documento, di uguale data, è una lettera con<br />
la quale il parroco intende confidenzialmente fornire<br />
all’ordinariato ulteriori ragguagli utili a far capire come<br />
stanno realmente le cose, allo scopo di consentire una<br />
decisione ponderata, sia essa in un senso o nell’altro.<br />
Il resoconto dettagliato tocca tutti i punti salienti della<br />
questione: dalla precipitosa intrapresa del conte Carlo al<br />
problema del prezzo dell’opera, dalla posizione intransigente<br />
assunta dalla fabbriceria ai problemi di bilancio<br />
della parrocchia, sino ai dubbi insinuati circa le capacità<br />
del pittore incaricato. La lettera, oltre che una descrizione<br />
precisa dei fatti, sembra lo specchio delle tante<br />
perplessità che agitano la mente di don Zortea, il quale<br />
cerca di vagliare con prudenza e correttezza tutti gli<br />
aspetti controversi della questione. Comincia dal comportamento<br />
non del tutto legittimo assunto dal conte:<br />
è vero che egli si è premunito di un’assicurazione verbale<br />
di consenso da parte dell’ordinariato, ma è anche<br />
vero che l’intrapresa abbisognava del normale itinerario<br />
procedurale: domanda scritta cui sarebbe seguita autorizzazione<br />
scritta; è vero che ha dalla sua «l’opinione<br />
favorevole / di questa Canonica», ma egli di fatto ha<br />
trascurato di sentire «quel= / la dei Fab ri , tanto più,<br />
che prometteva l’o= / pera per 40 pezzi da 20 franchi,<br />
ed ora il / Prati non vuole farla per meno di 70». La<br />
chiesa, d’altra parte, è stata trascurata «non essendosi<br />
fatto nulla […] da qualche tempo», e bisogna pensare<br />
prima all’«indispensabile», poi al «lusso»: così ragionano<br />
i fabbricieri, e il parroco, nel riferirne al vescovo<br />
ausiliare, sembra condividerne l’opinione. Continuando<br />
la sua efficace esposizione dei pro e dei contro, egli<br />
esamina anche i dettagli economici della questione:<br />
la chiesa sarebbe pure in grado di affrontare la spesa<br />
senza intaccare il patrimonio, avendo a disposizione<br />
circa 1000 fiorini; però, dopo tale spesa, non resterebbe<br />
più nulla in cassa (e questa è un’evidente esagerazio-