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Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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158<br />

Laurie con Meg, Jo, Beth e Amy in casa<br />

Marzani?<br />

ghiacciata e rischiava di scivolare.<br />

Il giro della stanza è quasi finito. Il<br />

nostro tavolo da studio si trovava tra<br />

la finestra più a sinistra ed un’altra<br />

porta. Tra questa e quella con cui è<br />

cominciata questo ritorno in piazza<br />

bocal c’è un angolo, che nonostante<br />

l’arredamento più elegante di adesso<br />

ed il calorifero in inverno bollente<br />

rimane gelido in confronto ad allora.<br />

Allora lì c’era una grandissima e<br />

bellissima stufa di maiolica. Quanto<br />

ci siamo scaldati appoggiati contro<br />

di lei! Mi sembra ancora di vedere<br />

il suo colore azzurro chiaro chiaro<br />

ed i suoi decori stile impero bianchi.<br />

Come ha potuto il papà demolirla,<br />

veramente gli architetti sono esseri<br />

micidiali. Era costruita in modo da<br />

formare, dalla parte del muro, uno<br />

spazio vuoto a mezza altezza, adatto<br />

forse per tenere in caldo qualcosa:<br />

ma quell’angolo caldo e appartato<br />

era il regno dei gatti.<br />

I nostri ineguagliabili, indimenticabili<br />

- rigorosamente bastardi - e<br />

mai degnamente in seguito sostituiti<br />

tre carissimi gatti: la bigia<br />

dall’elegante mantello grigio<br />

fumo con un colletto-bavaglino<br />

bianco, presenza discreta, severa,<br />

graziosa e gentile, sempre finché<br />

non si arrabbiava. Le sue unghie<br />

le ricordo ancora. Morbidone, il<br />

figlio maggiore, bianco a macchie<br />

striate, grande e buono, rassegnato<br />

al nostro affetto manesco, almeno<br />

il mio. E grigetto, il figlio minore,<br />

striato in varie tonalità di un<br />

bel grigio chiaro, anche lui come<br />

la mamma bigia col bavaglino<br />

bianco, piccoletto e carino e sempre<br />

pronto a giocare. La mamma<br />

accartocciava un pezzo di carta<br />

facendone una pallina, la legava<br />

ad un filo di lana e gliela faceva<br />

oscillare davanti sempre più in<br />

alto e lui saltava e saltava tendendo<br />

le sue belle zampette. La nicchia<br />

dietro la stufa non era abbastanza<br />

grande per ospitare tutti tre<br />

i gatti insieme, spesso ce n’era<br />

uno appallottolato su un letto.<br />

Naturalmente non a tutti i membri<br />

della famiglia i gatti erano “carissimi”,<br />

c’era anche il partito anti-gatti<br />

capitanato dalla nonna che ai miei<br />

occhi incarnava anche in questo il<br />

suo ruolo di persona più anziana e più<br />

severa. Per la verità del partito antigatti<br />

faceva parte anche il papà, che<br />

come la mamma non era severo affatto,<br />

troppo poco, sempre secondo me.<br />

A sinistra della stufa c’era uno<br />

scaffaletto modesto, allora dipinto<br />

di blu, che come la mensola sopra<br />

il tavolo mi ha seguita nelle mie<br />

casette di Milano, e a destra c’era<br />

lo stipo che mi ha fatto tornare<br />

in piazza bocal. Uno dei suoi sei<br />

cassetti era mio. Ci stavano le mie<br />

cose più preziose, i regali ricevuti<br />

per la prima Comunione, un cestino<br />

da lavoro di paglia rossa foderato<br />

di una bella stoffetta bianca,<br />

rossa e blu, i numeri di “In cammino<br />

Beniamine” e “In cammino piccolissime”,<br />

il Libro da Messa, una<br />

scatolina piccola piccola di paglia<br />

con il coperchio sormontato da un<br />

fiorellino di panno dentro la quale<br />

avevo messo un bigliettino scritto<br />

per me dal cappellano don Agostino<br />

con dei suoi suggerimenti.<br />

Torno un attimo alla porta allora<br />

fiancheggiata a destra dal tavolo<br />

da studio ed a sinistra dallo stipo.<br />

Davanti a quella porta, verso le sei<br />

del pomeriggio di ogni 24 dicembre,<br />

i tre grandi, Maria, Carla e Agostino<br />

e noi due piccole Lamberta e Antonia,<br />

stavamo pieni di emozione ad<br />

attendere il suono del campanellino<br />

di Gesù Bambino che dopo aver pre-<br />

Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />

Lamberta, Antonia e grigetto<br />

parato, nell’attiguo salotto da pranzo,<br />

albero, presepio e regali se ne stava<br />

andando. Credessimo o no nella sua<br />

reale presenza, più no che sì naturalmente,<br />

era meraviglioso sentir frusciare<br />

i fogli di carta a svolgere gli<br />

ancora misteriosi regali. E tutto era<br />

avvolto dal profumo dei biscotti che<br />

venivano fatti in casa solo per Natale<br />

e dal sottile aroma della buccia d’arancio,<br />

irrinunciabile ingrediente del<br />

zelten. Qualcuno provava a mettere<br />

l’occhio nel buco selle serratura. Io<br />

mai: quel che è sacro e sacro, anche<br />

se non ci si crede.<br />

Ed ecco il profumo dell’abete esaltato<br />

dalle candeline accese e finalmente<br />

il campanellino e si poteva<br />

entrare accecati dalle scintille. Il<br />

papà e la mamma, anche la nonna<br />

nei primissimi tempi, ci accoglievano<br />

ed il papà diceva di aver visto<br />

una luce dorata svanire lungo l’albero<br />

verso il soffitto.<br />

Lo stipo mi ha riportato in piazza<br />

bocal, ma senza la penna del<br />

grande Marcel (vedi nota 1) e con<br />

poco tempo - più si va avanti e più<br />

diventa corto - sono riuscita a rappresentare<br />

ben poco di tutto quello<br />

che ci ho ritrovato, e adesso ne<br />

esco o almeno così m’illudo, anzi<br />

non m’illudo neppure, perché il<br />

nostro passato, tutto, bello e brutto,<br />

lontano e vicino e molto più quello<br />

lontano di quello vicino, è dentro<br />

di noi, consciamente o inconsciamente,<br />

è ciò di cui siamo fatti.

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