Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico
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Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong> 155<br />
Il damasco di cotone color bordeaux<br />
so che dispetto ed io benché piccola<br />
ero riuscita ad arrampicarmi sul<br />
letto per me molto alto dove lui cercava<br />
di scappare ed a graffiargli una<br />
gamba. Nello stesso punto di quella<br />
stanza ricordo anche la nostra amica<br />
Vittoria de Eccher che, più raffinata<br />
di noi, un po’ rimproverava mia<br />
sorella Lamberta e me perché giocando<br />
non facevamo attenzione a<br />
non impiastricciarci le mani.<br />
Poi venivano le finestre, strane, per<br />
la nostra casa, con gli infissi non di<br />
legno, ma di ferro, in stile piuttosto<br />
liberty e con i vetri smerigliati in<br />
modo da rendere inutili le tende che<br />
infatti non c’erano. Penso che queste<br />
finestre siano state un’innovazione<br />
del nonno Carlo tornato a Villa Lagarina<br />
nel 1919 dopo “l’esilio di Linz”<br />
cioè il periodo trascorso da lui e da<br />
tutta la sua famiglia a Linz durante la<br />
Grande Guerra. Un’innovazione del<br />
papà erano - e sono - invece gli scaffali<br />
con tre ripiani in stile piuttosto<br />
razionale che occupano i vani sotto<br />
le finestre, due sole però, quella di<br />
mezzo e quella di sinistra.<br />
Davanti alla finestra di mezzo mi<br />
sembra ancora di vedere seduta mia<br />
cugina Beatrice, detta Bice, Veronese,<br />
di quattordici anni maggiore<br />
di me, che abitava a Portogruaro<br />
ed era venuta a trovarci non ricordo<br />
per quale circostanza e ci aveva<br />
portato in regalo due grandi ciuffi di<br />
banane, frutti esotici che io vedevo<br />
per la prima volta. Forse io sentivo<br />
una certa assonanza tra questi ciuffi<br />
e le trecce di mia cugina, lunghe e<br />
ripiegate all’insù in modo da formare<br />
due specie di anelli. Non so<br />
se in quegli anni a Villa Lagarina il<br />
verduraio Mariano nella sua bottega<br />
in casa Scrinzi vendesse banane, di<br />
certo la spesa di casa Marzani non<br />
le contemplava, perché d’inverno<br />
come frutta si mangiava o uva<br />
moscato e fraga conservata appesa<br />
nel “volt dei pomi” o, e soprattutto,<br />
mele, di cui il papà faceva in autunno<br />
una grande provvista, essendone<br />
un consumatore accanito, di molte<br />
qualità diverse, che rendevano il<br />
“volt” molto allegro con i diversi<br />
colori delle mele, renette o calimane,<br />
limoncelle, ruggini, champagne,<br />
bergamotte, eccetera.<br />
A proposito di mia cugina Bice<br />
sono stati i suoi esami di maturità,<br />
sostenuti nel 1948 quando io<br />
avevo cinque anni, a prepararmi<br />
all’idea che un giorno avrei dovuto<br />
farli anch’io e li immaginavo come<br />
una specie di forca caudina sotto la<br />
quale bisognava mettere la testa.<br />
Ma la vera forca caudina non sono<br />
gli esami, sono il crescere e maturare<br />
in generale, cose che non sempre<br />
gli adulti sanno far vedere nella<br />
giusta luce ai piccoli ed ai giovani.<br />
Secondo me è un buon educatore<br />
Umberto Saba 2 nel finale della sua<br />
poesia Ulisse: “; me al largo sospinge/<br />
ancora il non domato spirito/ e<br />
della vita il doloroso amore.”<br />
Sempre a proposito di mia cugina<br />
Bice, io di cugine Bice ne avevo due,<br />
la prima figlia della sorella della mia<br />
mamma Carolina e la seconda di suo<br />
fratello Eugenio, più giovane della<br />
prima e di nove anni più grande di<br />
2 1883-1957<br />
me. Considerando queste cugine con<br />
il nome uguale, ma molto diverse tra<br />
loro e pensando anche alle tre Bice<br />
presenti allora in paese, Bice Moll,<br />
Bice Scrinzi e Bice Galvagni, io<br />
riflettevo sulle somiglianze e sulle<br />
dissomiglianze e sull’esistenza infinita<br />
delle ripetizioni e delle serie e<br />
tendevo anche a costruire io delle<br />
serie: vedendo il fratello più piccolo<br />
di un amico di famiglia che si chiamava<br />
Nanni - a Prato, non il povero<br />
Nanni Marzani morto proprio in<br />
quegli anni – non lo chiamavo con il<br />
suo nome, Antonio, ma Nanni piccolo.<br />
C’erano poi le Anette, i Lamberti,<br />
eccetera, eccetera.<br />
Dalle finestre che io ricordo sempre<br />
con le persiane aperte o forse<br />
inesistenti e con i vetri chiusi<br />
venivano le voci dei due cortiletti,<br />
anzi del cortiletto di destra perchè<br />
quello di sinistra, pertinenza della<br />
nostra casa, è stato sempre affittato<br />
a persone di cui non ricordo le<br />
voci. Da destra venivano le voci di<br />
Mirella Battistello e di sua madre,<br />
che vivevano nella casa ora Zandonai,<br />
e quella di Isotta Galvagni<br />
che sempre rimproverava il figlio<br />
Silvano che viveva nella casa ex<br />
Pederzani ed ora Baldessarini che<br />
allora apparteneva alla baronessa<br />
Bice Moll. Silvano era un bambino<br />
con la testa molto rotonda che<br />
frequentava la mia stessa classe<br />
alle elementari così come Emma<br />
Piffer, che viveva nella stessa casa<br />
con i genitori Angel e Pasquina e la<br />
sorella più piccola Lucia.<br />
La scala in pietra che porta agli<br />
appartamenti della casa ex Pederzani<br />
è appoggiata al muro della<br />
nostra proprio sotto la finestra più a<br />
destra di piazza bocal e così io , se<br />
sentivo il passo e la voce di Emma,<br />
presa da dubbi sui compiti da fare<br />
mi affacciavo e le chiedevo lumi.<br />
Emma mi dice adesso che questo<br />
non le andava molto bene perché la<br />
mia pignoleria facilmente metteva<br />
in luce più compiti da fare di quelli<br />
che lei aveva mostrato a sua madre,<br />
la quale, se era presente, poi la rimproverava<br />
molto.<br />
Continuando a girare nella stanza<br />
in senso antiorario, dopo le finestre