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Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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148<br />

L’uomo solo nel secolo XVIII-<br />

XIX la cominciò a popolare, anche<br />

in seguito alla volontà delle nobili<br />

famiglie del fondovalle di goderne<br />

le risorse di selvaggina e di ameno<br />

soggiorno estivo, costruendovi<br />

delle residenze stagionali che via<br />

via punteggiarono il paesaggio.<br />

Prima dell’800, dalle tracce storiche<br />

pervenute, si presume invece<br />

che la zona fosse attraversata da<br />

percorsi di transumanza e di pellegrinaggio<br />

(in particolare con la<br />

presenza dell’eremo di S. Martino,<br />

sull’omonimo dosso), probabile<br />

passaggio obbligato per raggiungere<br />

la vallata al di là del crinale<br />

del monte Stivo e Cornetto, verso<br />

la valle di Cavedine. Peraltro la<br />

zona mostra tracce di insediamenti<br />

e attività ben più antiche, risalenti<br />

all’epoca romana e successiva,<br />

medioevale, come estensione in<br />

quota della ville romane e di altre<br />

più modeste presenze sulle pendici<br />

dello Stivo e del sottostante versante<br />

vallivo (a partire dalla villa<br />

romana di Isera, fino alla “coppera”<br />

delle zona di Prad’Albi, sotto il<br />

dosso di S. Martino).<br />

Questi antichi insediamenti e tracciati,<br />

poi ampliati e rimodellati<br />

appunto dal XIX secolo in poi,<br />

hanno però sempre rispettato o<br />

quantomeno considerato con delicatezza<br />

la morfologia dell’ambien-<br />

Scorcio del lago di Cei con l’isolotto (foto di S. Gentilini)<br />

te, dolce e silvestre ad un tempo,<br />

ben esposto verso meridione ed<br />

oriente e protetto dalla montagna<br />

verso settentrione per la più parte<br />

della sua estensione.<br />

“Ameno” è il termine che fu usato<br />

da Nicolò Tommaseo ancora nella<br />

prima metà dell’800 nel suo romanzo<br />

Fede e Bellezza, opportunamente<br />

citato all’inizio del suo contributo<br />

da Paolo Cont e riportato nel<br />

presente <strong>Quaderno</strong>, trattando delle<br />

vedute del pittore di corte Eduard<br />

Gurk. Si tratta dell’apprezzamento<br />

di uno sguardo affascinato dai luoghi,<br />

che ne coglieva l’intima armonia<br />

e la bellezza, come rappresentate<br />

nei tre acquerelli qui riprodotti,<br />

con la natura selvaggia ma dolce,<br />

con le borgate e gli scorci di vita<br />

legata al fiume che placido scorre<br />

sul fondovalle. La sua descrizione<br />

pur succinta delle pendici della<br />

Destra Adige si può meglio apprezzare<br />

leggendo anche la ricerca, a<br />

cura di Italo Prosser, pubblicata sul<br />

n. 9 dei Quaderni (del 2008) e titolata<br />

“La Valle di Cei e dintorni tra<br />

la fine dell’Ottocento e l’inizio del<br />

Novecento”. Con questo contributo<br />

si comprende bene quale sia stata<br />

la ragione dei vari insediamenti<br />

dell’epoca e quale ambizione era<br />

sottesa alla nobile “classe dirigente”<br />

del tempo: trovare un luogo<br />

appartato, salubre e fresco d’estate<br />

Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />

dove rigenerare il corpo e lo spirito,<br />

con attività e incontri all’insegna<br />

della cordiale convivialità che<br />

la lussureggiante natura circostante<br />

suggeriva.<br />

Certo nel tempo e nei decenni successivi<br />

tutta la zona ha subito varie<br />

trasformazioni e qualche “insulto”,<br />

spesso causato da una distratta proliferazione<br />

di piccoli e meno piccoli<br />

insediamenti (più o meno stagionali),<br />

conseguenti anche alla progressiva<br />

frammentazione della proprietà<br />

terriera. E tuttavia, nonostante ciò<br />

(nonostante, potremo dire, questi<br />

“urti”, questi scossoni edilizi e urbanistici),<br />

la Valle del lago di Cei ed<br />

anche le sue zone limitrofe si sono<br />

nel complesso ben comportate:<br />

forse la stessa natura rigogliosa, con<br />

i centenari faggi, i larici e gli abeti<br />

secolari, a volte dei veri monumenti<br />

arborei, si è ben difesa ed ha riconquistato<br />

il paesaggio che l’uomo ha<br />

comunque modellato e trasformato,<br />

senza però devastarlo e snaturarlo,<br />

con un tocco leggero e sensibile, si<br />

direbbe, che ci fa apprezzare ancora<br />

queste terre, a pochi kilometri dal<br />

congestionato fondovalle e dall’assalto<br />

subito in altre zone della Vallagarina<br />

o di altri territori montani,<br />

meno appartati.<br />

La potremmo per un certo verso<br />

associare, la Valle di Cei, ad un<br />

altro luogo “topico” del paesaggio<br />

trentino: la Val di Sella, sopra<br />

Borgo Valsugana, anch’essa una<br />

valle pensile, glaciale, un po’ più<br />

estesa in lunghezza, ma similmente<br />

affascinante e dove al verde-acqua<br />

del lago si sostituisce invece una<br />

estesa presenza di prati e di radure,<br />

attorno alle quali si dispongono, da<br />

qualche decennio, le affascinanti<br />

opere di “Artesella”. Arte nel verde<br />

e col verde, integrata nella natura,<br />

ma con uno sguardo ben alto, oltre<br />

l’orizzonte delle incombenti montagne<br />

circostanti, quasi siano poste<br />

a cogliere suggestioni e rimandi ad<br />

altri significati, pensieri, miti e racconti,<br />

dove anche qui l’uomo contemporaneo<br />

può trovare ristoro e<br />

rigenerazione, camminando lentamente<br />

tra gli alberi, custodi di quegli<br />

spazi e di quei paesaggi antichi.

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