Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico
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L’uomo solo nel secolo XVIII-<br />
XIX la cominciò a popolare, anche<br />
in seguito alla volontà delle nobili<br />
famiglie del fondovalle di goderne<br />
le risorse di selvaggina e di ameno<br />
soggiorno estivo, costruendovi<br />
delle residenze stagionali che via<br />
via punteggiarono il paesaggio.<br />
Prima dell’800, dalle tracce storiche<br />
pervenute, si presume invece<br />
che la zona fosse attraversata da<br />
percorsi di transumanza e di pellegrinaggio<br />
(in particolare con la<br />
presenza dell’eremo di S. Martino,<br />
sull’omonimo dosso), probabile<br />
passaggio obbligato per raggiungere<br />
la vallata al di là del crinale<br />
del monte Stivo e Cornetto, verso<br />
la valle di Cavedine. Peraltro la<br />
zona mostra tracce di insediamenti<br />
e attività ben più antiche, risalenti<br />
all’epoca romana e successiva,<br />
medioevale, come estensione in<br />
quota della ville romane e di altre<br />
più modeste presenze sulle pendici<br />
dello Stivo e del sottostante versante<br />
vallivo (a partire dalla villa<br />
romana di Isera, fino alla “coppera”<br />
delle zona di Prad’Albi, sotto il<br />
dosso di S. Martino).<br />
Questi antichi insediamenti e tracciati,<br />
poi ampliati e rimodellati<br />
appunto dal XIX secolo in poi,<br />
hanno però sempre rispettato o<br />
quantomeno considerato con delicatezza<br />
la morfologia dell’ambien-<br />
Scorcio del lago di Cei con l’isolotto (foto di S. Gentilini)<br />
te, dolce e silvestre ad un tempo,<br />
ben esposto verso meridione ed<br />
oriente e protetto dalla montagna<br />
verso settentrione per la più parte<br />
della sua estensione.<br />
“Ameno” è il termine che fu usato<br />
da Nicolò Tommaseo ancora nella<br />
prima metà dell’800 nel suo romanzo<br />
Fede e Bellezza, opportunamente<br />
citato all’inizio del suo contributo<br />
da Paolo Cont e riportato nel<br />
presente <strong>Quaderno</strong>, trattando delle<br />
vedute del pittore di corte Eduard<br />
Gurk. Si tratta dell’apprezzamento<br />
di uno sguardo affascinato dai luoghi,<br />
che ne coglieva l’intima armonia<br />
e la bellezza, come rappresentate<br />
nei tre acquerelli qui riprodotti,<br />
con la natura selvaggia ma dolce,<br />
con le borgate e gli scorci di vita<br />
legata al fiume che placido scorre<br />
sul fondovalle. La sua descrizione<br />
pur succinta delle pendici della<br />
Destra Adige si può meglio apprezzare<br />
leggendo anche la ricerca, a<br />
cura di Italo Prosser, pubblicata sul<br />
n. 9 dei Quaderni (del 2008) e titolata<br />
“La Valle di Cei e dintorni tra<br />
la fine dell’Ottocento e l’inizio del<br />
Novecento”. Con questo contributo<br />
si comprende bene quale sia stata<br />
la ragione dei vari insediamenti<br />
dell’epoca e quale ambizione era<br />
sottesa alla nobile “classe dirigente”<br />
del tempo: trovare un luogo<br />
appartato, salubre e fresco d’estate<br />
Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />
dove rigenerare il corpo e lo spirito,<br />
con attività e incontri all’insegna<br />
della cordiale convivialità che<br />
la lussureggiante natura circostante<br />
suggeriva.<br />
Certo nel tempo e nei decenni successivi<br />
tutta la zona ha subito varie<br />
trasformazioni e qualche “insulto”,<br />
spesso causato da una distratta proliferazione<br />
di piccoli e meno piccoli<br />
insediamenti (più o meno stagionali),<br />
conseguenti anche alla progressiva<br />
frammentazione della proprietà<br />
terriera. E tuttavia, nonostante ciò<br />
(nonostante, potremo dire, questi<br />
“urti”, questi scossoni edilizi e urbanistici),<br />
la Valle del lago di Cei ed<br />
anche le sue zone limitrofe si sono<br />
nel complesso ben comportate:<br />
forse la stessa natura rigogliosa, con<br />
i centenari faggi, i larici e gli abeti<br />
secolari, a volte dei veri monumenti<br />
arborei, si è ben difesa ed ha riconquistato<br />
il paesaggio che l’uomo ha<br />
comunque modellato e trasformato,<br />
senza però devastarlo e snaturarlo,<br />
con un tocco leggero e sensibile, si<br />
direbbe, che ci fa apprezzare ancora<br />
queste terre, a pochi kilometri dal<br />
congestionato fondovalle e dall’assalto<br />
subito in altre zone della Vallagarina<br />
o di altri territori montani,<br />
meno appartati.<br />
La potremmo per un certo verso<br />
associare, la Valle di Cei, ad un<br />
altro luogo “topico” del paesaggio<br />
trentino: la Val di Sella, sopra<br />
Borgo Valsugana, anch’essa una<br />
valle pensile, glaciale, un po’ più<br />
estesa in lunghezza, ma similmente<br />
affascinante e dove al verde-acqua<br />
del lago si sostituisce invece una<br />
estesa presenza di prati e di radure,<br />
attorno alle quali si dispongono, da<br />
qualche decennio, le affascinanti<br />
opere di “Artesella”. Arte nel verde<br />
e col verde, integrata nella natura,<br />
ma con uno sguardo ben alto, oltre<br />
l’orizzonte delle incombenti montagne<br />
circostanti, quasi siano poste<br />
a cogliere suggestioni e rimandi ad<br />
altri significati, pensieri, miti e racconti,<br />
dove anche qui l’uomo contemporaneo<br />
può trovare ristoro e<br />
rigenerazione, camminando lentamente<br />
tra gli alberi, custodi di quegli<br />
spazi e di quei paesaggi antichi.