146 Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong>
Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong> 147 La valle di Cei, in destra Adige: un paesaggio e un territorio “resiliente” (che resiste e mantiene il suo fascino, nonostante gli anni e l’uomo che lo abita) Cos’è, vi chiederete, la resilienza nell’architettura, nell’ambiente, nel paesaggio? Una risposta possibile, trovata in rete, potrebbe essere questa: Il “Sistema Terra” è complesso, fragile e resistente contemporaneamente. Ci sono molti aspetti che noi non capiamo ancora, ma per millenni abbiamo “usato” questo “sistema” in maniera esasperata e speculativa. Ciononostante, noi siamo la prima generazione con la consapevolezza dei rischi globali e nuovi che sta affrontando l’umanità. Noi constatiamo quotidianamente l’evidenza che il nostro progresso, su questo pianeta, gestito quale specie dominante, è avvenuto troppo rapidamente e ad un prezzo molto alto. Modelli insostenibili di produzione, di occupazione del suolo, di consumo e di crescita della popolazione, stanno sfidando l’elasticità e la resilienza ecologica e biologica del pianeta per sostenere le attività umane. Ecco, in tal senso, attività umane molto diffuse e pervasive, come l’architettura (l’edilizia nel suo complesso) e la gestione del paesaggio (infrastrutture comprese), essendo tra le principali in cui si “diletta” la specie umana da millenni, possono essere proprio la base di partenza per “stimolare” e “rivitalizzare” quella resilienza che deve essere il fondamento di una ripartenza qualitativa ma anche oggetto di riflessione e di ponderazione, prima di agire nell’oggi, con le risorse più ridotte e l’economia che è in affanno. La resilienza, come termine specifico, trova la sua prima definizione in ambito scientifico, o Sandro Aita Lago di Cei - vista aerea (foto P. Flamini) meglio serve a caratterizzare una speciale proprietà dei metalli, i quali si adattano agli urti ed agli insulti meccanici senza perdere le proprie proprietà e senza spezzarsi. In realtà la RESILIENZA (da latino resiliens, genit. resilientis, participio presente di resiliere, ovvero “saltare indietro, rimbalzare”) è un termine che può assumere diversi significati a seconda del contesto. Quindi, oltre che al campo dell’ingegneria e della fisica dei materiali, in informatica ad esempio la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d’uso e di resistere all’usura in modo da garantire sempre la disponibilità dei servizi erogati; in psicologia è la capacità di un sistema (persona o gruppi) di sopportare perturbazioni senza perdere il proprio equilibrio ed anzi uscirne rafforzato o addirittura trasformato positivamente. In ecologia e biologia (ma per estensione si può applicare anche all’urbanistica) è la capacità di un ecosistema (inclusi quelli umani come le città) o di un organismo di ripristinare l’omeostasi, ovvero il suo equilibrio interiore, a seguito di un intervento esterno che può provocare un deficit ecologico, uno squilibrio, un intervento disarmonico… è insomma la proprietà che permette a un sistema di gestire in modo positivo uno choc esterno senza collassare. Ma a questo punto, ci si chiederà, cosa può avere relazione tutto ciò con il nostro territorio, con i borghi della Destra Adige, piuttosto che con l’amena e selvaggia valletta pensile del Lago i Cei? Bene, su questo apparente paradosso possiamo costruire un breve ragionamento che prende spunto proprio dalla storia e dal modo in cui nel passato l’uomo in questi territori ha cercato, con sapienza e pochi mezzi, di cogliere alcuni segni e alcune tracce dell’ambiente, seguendone l’evoluzione e cercando di adattarlo a propri bisogni, con un approccio attento e coerente, che è giunto fino a noi quasi intatto. Parliamo, in breve, di quella che il geografo e storico del trentino Aldo Gorfer ha definito come “una valle sinclinale, sospesa, probabilmente incisa nel preglaciale ed esarata dai ghiacciai quaternari…”, quindi il prodotto di un “relitto” dell’escavazione degli elementi ambientali (il ghiacciaio che ricopriva la Vallagarina, con la disgregazione e le frane dei massi erratici trasportati dal ghiaccio, l’erosione delle acque, poi raccolte nei laghetti e nelle paludi sopravvissute…), che si sono nei millenni succeduti nelle stagioni e nei cicli annuali, prima che le piante, le foreste la conquistassero e la ricoprissero di florida vegetazione. Poi, pare attorno al XIII secolo, un “collasso” della montagna, una grande frana ha provocato la formazione dei laghi e generato una nuova evoluzione della valle, facendone il biotopo che oggi viene strettamente tutelato come bene ambientale.