Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico
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La foto risale ai primi del Novecento ed è stata scattata nel cortile interno di casa De Carli,<br />
dove si trovava la fucina con il mantice per la forgiatura dei ferri per i cavalli e per i buoi.<br />
Si possono riconoscere Silvino De Carli, papà di Gemma e zio di Franco, che sostiene una<br />
ruota di carro; il mitico “Tòni Ferèr” che impugna una tenaglia da maniscalco; Liduino<br />
de Carli, papà di Franco. L’ultima persona a destra, che tiene alzati la zampa e lo zoccolo<br />
del cavallo, non è stata riconosciuta. I ferri roventi, prima di essere fissati agli zoccoli con<br />
chiodi particolari, anch’essi fatti a mano, venivano “misurati” sullo zoccolo per imprimere<br />
l’impronta dopo aver tagliato e levigato con particolari attrezzi la parte eccedente. Tale<br />
operazione era particolarmente delicata ed emanava un forte odore di bruciato. Durante<br />
queste operazioni gli animali venivano imbragati e tenuti fermi nel travaglio (“travài”).<br />
era impregnato dal fumo della forgia,<br />
alimentata con carbone coke e<br />
da un odore acre che ti penetrava in<br />
gola. Tutto era annerito dal fumo:<br />
dal pavimento in terra battuta, alle<br />
travi sovrastanti che sostenevano<br />
un fatiscente ballatoio, ai muri<br />
perimetrali semi diroccati. L’accesso<br />
principale era costituito da<br />
un’entrata su via 25 Aprile e da<br />
un’altra più piccola, che comunicava<br />
con il cortile interno dove era<br />
collocato il “travài”.<br />
Per noi ragazzi si trattava di un<br />
ambiente magico, perché ci dava<br />
l’opportunità di costruire gli strumenti<br />
per il gioco e il tempo libero:<br />
i ferri battuti e ripiegati da appli-<br />
Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />
care sotto gli slittini, gli archi e le<br />
frecce ricavate dagli ombrelli, le<br />
fionde, le tagliole per gli uccellini<br />
(da collocare nella neve dove veniva<br />
nascosto un pezzettino di pane<br />
come esca), i cerchi fatti con i “sercioni”<br />
delle biciclette, ecc.<br />
Il “Tòni” ci osservava mentre noi<br />
ci muovevamo con circospezione e<br />
con un certo imbarazzo adoperando<br />
i suoi arnesi.<br />
In quei momenti il “Tòni”, da<br />
uomo burbero e bestemmiatore<br />
quale era, tale da non avere uguali<br />
in tutta la Vallagarina, si trasformava<br />
in maestro di vita e di lavoro nel<br />
raccontarci le sue “avventure”, che<br />
io, per la verità, non comprendevo<br />
appieno, mentre mio fratello maggiore<br />
sembrava più consapevole<br />
delle parole e del significato dei<br />
suoi ragionamenti e, forse anche<br />
per questo motivo, prima di morire,<br />
il “Tòni”, prendendo in disparte<br />
Giorgio, gli consegnò una radio<br />
ricetrasmittente, utilizzata in gran<br />
segreto durante la dittatura fascista<br />
per comunicare con gli alleati e<br />
scambiare informazioni utili con le<br />
formazioni partigiane per l’attività<br />
clandestina.<br />
Si dice che “el Tòni”, proprio per<br />
la sua attività antiregime venne<br />
“fermato” in una retata, probabilmente<br />
quella del 1937, assieme a<br />
tanti altri antifascisti della Vallagarina,<br />
tra cui Silvio Baldessarini<br />
detto “Silvio Strazzèr” èr”r”(cenciaio- lo), Giovanni Rossaro e Mario<br />
Springa di Nomi ucciso in carcere<br />
a Trento. Giovanni subì un processo<br />
farsa e condotto al confino, (a<br />
Ponza, Ventotene e Tremiti)<br />
Il “Tòni ferèr” venne rilasciato<br />
ma tenuto sempre sotto stretto<br />
controllo da parte delle autorità<br />
del regime. Su questo vicenda<br />
però non è stato possibile ottenere<br />
informazioni più approfondite e<br />
conferme sufficientemente circostanziate.<br />
È molto probabile, in base alle<br />
informazioni avute da fonti attendibili,<br />
che sia stato proprio il<br />
“Tòni” nel 1945 a raccogliere da<br />
terra Giovanni Rossaro, che tutti<br />
ormai davano per morto nei campi