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Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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<strong>13</strong>8<br />

La foto risale ai primi del Novecento ed è stata scattata nel cortile interno di casa De Carli,<br />

dove si trovava la fucina con il mantice per la forgiatura dei ferri per i cavalli e per i buoi.<br />

Si possono riconoscere Silvino De Carli, papà di Gemma e zio di Franco, che sostiene una<br />

ruota di carro; il mitico “Tòni Ferèr” che impugna una tenaglia da maniscalco; Liduino<br />

de Carli, papà di Franco. L’ultima persona a destra, che tiene alzati la zampa e lo zoccolo<br />

del cavallo, non è stata riconosciuta. I ferri roventi, prima di essere fissati agli zoccoli con<br />

chiodi particolari, anch’essi fatti a mano, venivano “misurati” sullo zoccolo per imprimere<br />

l’impronta dopo aver tagliato e levigato con particolari attrezzi la parte eccedente. Tale<br />

operazione era particolarmente delicata ed emanava un forte odore di bruciato. Durante<br />

queste operazioni gli animali venivano imbragati e tenuti fermi nel travaglio (“travài”).<br />

era impregnato dal fumo della forgia,<br />

alimentata con carbone coke e<br />

da un odore acre che ti penetrava in<br />

gola. Tutto era annerito dal fumo:<br />

dal pavimento in terra battuta, alle<br />

travi sovrastanti che sostenevano<br />

un fatiscente ballatoio, ai muri<br />

perimetrali semi diroccati. L’accesso<br />

principale era costituito da<br />

un’entrata su via 25 Aprile e da<br />

un’altra più piccola, che comunicava<br />

con il cortile interno dove era<br />

collocato il “travài”.<br />

Per noi ragazzi si trattava di un<br />

ambiente magico, perché ci dava<br />

l’opportunità di costruire gli strumenti<br />

per il gioco e il tempo libero:<br />

i ferri battuti e ripiegati da appli-<br />

Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />

care sotto gli slittini, gli archi e le<br />

frecce ricavate dagli ombrelli, le<br />

fionde, le tagliole per gli uccellini<br />

(da collocare nella neve dove veniva<br />

nascosto un pezzettino di pane<br />

come esca), i cerchi fatti con i “sercioni”<br />

delle biciclette, ecc.<br />

Il “Tòni” ci osservava mentre noi<br />

ci muovevamo con circospezione e<br />

con un certo imbarazzo adoperando<br />

i suoi arnesi.<br />

In quei momenti il “Tòni”, da<br />

uomo burbero e bestemmiatore<br />

quale era, tale da non avere uguali<br />

in tutta la Vallagarina, si trasformava<br />

in maestro di vita e di lavoro nel<br />

raccontarci le sue “avventure”, che<br />

io, per la verità, non comprendevo<br />

appieno, mentre mio fratello maggiore<br />

sembrava più consapevole<br />

delle parole e del significato dei<br />

suoi ragionamenti e, forse anche<br />

per questo motivo, prima di morire,<br />

il “Tòni”, prendendo in disparte<br />

Giorgio, gli consegnò una radio<br />

ricetrasmittente, utilizzata in gran<br />

segreto durante la dittatura fascista<br />

per comunicare con gli alleati e<br />

scambiare informazioni utili con le<br />

formazioni partigiane per l’attività<br />

clandestina.<br />

Si dice che “el Tòni”, proprio per<br />

la sua attività antiregime venne<br />

“fermato” in una retata, probabilmente<br />

quella del 1937, assieme a<br />

tanti altri antifascisti della Vallagarina,<br />

tra cui Silvio Baldessarini<br />

detto “Silvio Strazzèr” èr”r”(cenciaio- lo), Giovanni Rossaro e Mario<br />

Springa di Nomi ucciso in carcere<br />

a Trento. Giovanni subì un processo<br />

farsa e condotto al confino, (a<br />

Ponza, Ventotene e Tremiti)<br />

Il “Tòni ferèr” venne rilasciato<br />

ma tenuto sempre sotto stretto<br />

controllo da parte delle autorità<br />

del regime. Su questo vicenda<br />

però non è stato possibile ottenere<br />

informazioni più approfondite e<br />

conferme sufficientemente circostanziate.<br />

È molto probabile, in base alle<br />

informazioni avute da fonti attendibili,<br />

che sia stato proprio il<br />

“Tòni” nel 1945 a raccogliere da<br />

terra Giovanni Rossaro, che tutti<br />

ormai davano per morto nei campi

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