Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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128 Ricevuta di soldi da parte della proprietaria per un pegno venduto all’incanto Anche l’Autorità di sorveglianza per le Fondazioni della sezione di Luogotenenza di Trento esprime dubbi nella sua risposta del 20 ottobre 1891, che ha l’ufficialità di un decreto: non si capisce perché si vogliono questi soldi, visto ci sono tante congregazioni di carità e che i Comuni, ad eccezione di Sasso e Noarna, “sono esuberantemente forniti di fondi per i poveri, e specialmente Villa Lagarina…” (Su questo argomento è opportuno rimandare ancora una volta il lettore al saggio di Giovanni Bezzi contenuto in questo quaderno. Si può anche ipotizzare che la crisi dell’attività di banco dei pegni del Monte sia dovuta in parte al sollievo offerto dalle fondazioni di Gio Batta Riolfatti). Comunque, dice Trento, per vari motivi non si prelevino soldi, né 12.000 fiorini e neppure 8.000, anche su parere della Congregazione di Carità di Rovereto. Semmai potete dividere gli interessi che si ricavano dal prestito dei capitali e ciò lo potete fare a partire dal 1888. Con l’arrivo di Francesco Moll le acque tornano calme Si direbbe che quella retrodatazione al 1888 sia un contentino dato ai Comuni, e quindi anche agli Ambrosi, che però ormai sono fuori dalla scena (o forse proprio per questo). Infatti nel corso del 1891 a Fede- rico Ambrosi è subentrato come capocomune di Villa Francesco Moll, personaggio dai molti agganci (anche a Vienna) e dai molti titoli (barone, gran ciambellano…), intraprendente (è anche presidente della Delegazione del ponte formata dai comuni della Destra Adige, e del Distretto scolastico), esponente della vecchia linea moderata. Ci vuole però tutto il 1892 perché le acque si calmino (non c’è notizia di altri ostacoli), tant’è che solo il 23 gennaio 1893 in seduta congiunta i Comuni assumono la decisione, che fa seguito al decreto della sezione di Luogotenenza di Trento del 20 ottobre 1891, di ridurre il tasso di interesse dal 5 al 4% e di suddividere gli utili tra i Comuni secondo le consuete quote, a partire dal 1° gennaio 1889. Negli anni ‘90 revisore dei conti del Monte è, dapprima, il maestro Quinto Baldessarini, poi (dal 1899, Alessio Scrinzi fu Isidoro, di Nogaredo. Amministratore è Gio Firme dell’amministratore Marzani e del capocomune Moll Quaderni del Borgoantico 13 Batta Marzani, e lo sarà fino alla sua morte avvenuta nel 1908. In quegli anni gli affari del banco dei pegni vanno sempre peggio. Nel 1898, per esempio, si registra una perdita di 175,88 corone (la corona è entrata in vigore da poco, col valore di metà fiorino). I conti continuano ad essere in rosso anche all’inizio del Novecento e per chiudere i buchi di bilancio bisogna fare ricorso agli interessi maturati sui capitali; così si arriva alla decisione dei Comuni di chiudere il banco dei pegni, assunta il 7 luglio 1902, come abbiamo già scritto all’inizio di questa “storia”. In quella delibera si fa cenno all’esorbitanza di imposte (statali) e sovraimposte (comunali). In effetti proprio con il 1901 anche i Monti di pietà tornano a pagare le imposte di “attività d’industria” (attività lavorativa che produce reddito) e di “casatico” (possesso di casa). Ne erano rimasti esenti dal 1890 al 1900, in quanto considerati attività di sola beneficenza. In precedenza le pagavano, tant’è che tra i documenti ci sono pure alcune “diffide di pagamento” delle imposte. Nel 1911 poi verrà accolta l’istanza di esenzione. Progressivo declino (anche) dell’attività finanziaria nei primi tre decenni del Novecento La decisione del 7 luglio 1902 ha definitiva esecuzione nell’agosto del 1903 allorché si vendono i pegni non riscattati (161) e i mobili

Quaderni del Borgoantico 13 129 (soprattutto armadi). La casa viene acquistata dal farmacista Guido de Eccher, il quale vi trasferisce (peraltro la vicenda si trascina per alcuni anni) il diritto di farmacia, già radicato nell’edificio Marzani che sta di fronte al Monte (oggi lavanderia). Il Monte di pietà rimane in vita come “banca”, vale a dire prestando capitali (si vedano le analogie con la Congregazione di carità, leggendo il saggio di Giovanni Bezzi). Gli utili, come in precedenza, vengono suddivisi tra i Comuni per attività a favore dei poveri. (In verità sia nella delibera del 7 luglio 1902 sia in un’istanza del 28 luglio 1903, si era fatta richiesta alla Luogotenenza di Innsbruck di poter eliminare del tutto il Monte, suddividendo tra i Comuni i capitali, ma nel novembre 1903 la Luogotenenza aveva risposto che il Monte di pietà non era da considerarsi una vera fondazione e che allora la questione, essendo il Monte un’istituzione comunale, non era di competenza sua, bensì della Giunta provinciale di Innsbruck. Probabilmente però la cosa si era arenata lì). Da subito si trae beneficio all’essersi liberati dalla palla al piede costituita dal banco dei pegni. Nel 1908 a Gio Batta Marzani, morto come il suo predecessore Quirino Fedrigolli “sul campo”, succede nella mansione di amministratore Pietro Galvagnini, poliedrico personaggio di cui abbiamo ampiamente parlato nel Quaderno 10, il quale rimarrà in sella almeno fino al 1933. Però con il passare degli anni, e soprattutto nel primo dopoguer- Firme dei sindaci in calce alla richiesta del 1923 di soppressione del Monte ra (sia perché si recuperano solo in minima parte le somme uscite come prestiti di guerra al Governo austriaco, sia perché nel cambio di moneta che avviene nel 1919 la corona perde notevolmente valore rispetto alla lira), l’attività finanziaria del Monte subisce un progressivo declino, tanto che gli utili sono così ridotti (poche decine di lire) che vengono suddivisi ogni due anni. Ciò comunque non impedisce che si decida di ricostituire la vecchia usanza di erigere l’altare del Corpus Domini in Pazza Vittorio Emanuele (oggi piazza Santa Maria Assunta, o piazza della chiesa), stanziando 10 lire annue per chi erige l’altare. Passaggio della gestione alle Congregazioni di carità (1923) Così nel 1923, nella seduta del 1° luglio (sindaco di Villa è Giovanni Berti, succeduto a Silvio Todeschi, il quale a sa volta è venuto dopo il maestro Luigi Coser; sindaco di Nogaredo e Brancolino è Giuseppe Baldessarini, di Pedersano Cristoforo Cont, di Noarna Lino Cominolli, di Sasso Dome- nico Galvagni - si noti che Sasso e Noarna sono ora comuni autonomi) si chiede alla Sottoprefettura di Rovereto la soppressione totale e definitiva del Monte e la distribuzione dei suoi capitali tra le Congregazioni di carità dei singoli paesi, secondo le consuete quote. La richiesta viene accolta dal Sottoprefetto di Rovereto Aris Bevilacqua secondo i termini di una legge del 1890 che per istituzioni pubbliche di beneficenza situate in comuni che, insieme, non superano i 10.000 abitanti, si debba “concentrare” l’istituzione stessa nelle Congregazioni di carità. Dunque il Monte resta in vita ma non fa più riferimento alle amministrazioni dei Comuni fondatori, bensì alle loro Congregazioni di carità e, specificatamente, ai loro presidenti (per Villa è il medico condotto Enrico Scrinzi, per Nogaredo e Brancolino Quinto Andreotti, per Pedersano Francesco Giordani, per Noarna Pietro Fiorini, poi Daniele Rossi, per Sasso Giuseppe Galvagni). Nel 1937 le Congregazioni di carità vengono soppresse per fare posto agli Enti comunali di assistenza.

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Ricevuta di soldi da parte della proprietaria per un pegno venduto all’incanto<br />

Anche l’Autorità di sorveglianza<br />

per le Fondazioni della sezione di<br />

Luogotenenza di Trento esprime<br />

dubbi nella sua risposta del 20 ottobre<br />

1891, che ha l’ufficialità di un<br />

decreto:<br />

non si capisce perché si vogliono<br />

questi soldi, visto ci sono tante congregazioni<br />

di carità e che i Comuni,<br />

ad eccezione di Sasso e Noarna,<br />

“sono esuberantemente forniti di<br />

fondi per i poveri, e specialmente<br />

Villa Lagarina…” (Su questo argomento<br />

è opportuno rimandare ancora<br />

una volta il lettore al saggio di<br />

Giovanni Bezzi contenuto in questo<br />

quaderno. Si può anche ipotizzare<br />

che la crisi dell’attività di banco dei<br />

pegni del Monte sia dovuta in parte<br />

al sollievo offerto dalle fondazioni<br />

di Gio Batta Riolfatti).<br />

Comunque, dice Trento, per vari<br />

motivi non si prelevino soldi, né<br />

12.000 fiorini e neppure 8.000,<br />

anche su parere della Congregazione<br />

di Carità di Rovereto. Semmai<br />

potete dividere gli interessi che si<br />

ricavano dal prestito dei capitali e<br />

ciò lo potete fare a partire dal 1888.<br />

Con l’arrivo di Francesco Moll<br />

le acque tornano calme<br />

Si direbbe che quella retrodatazione<br />

al 1888 sia un contentino<br />

dato ai Comuni, e quindi anche<br />

agli Ambrosi, che però ormai sono<br />

fuori dalla scena (o forse proprio<br />

per questo).<br />

Infatti nel corso del 1891 a Fede-<br />

rico Ambrosi è subentrato come<br />

capocomune di Villa Francesco<br />

Moll, personaggio dai molti agganci<br />

(anche a Vienna) e dai molti titoli<br />

(barone, gran ciambellano…),<br />

intraprendente (è anche presidente<br />

della Delegazione del ponte formata<br />

dai comuni della Destra Adige, e<br />

del Distretto scolastico), esponente<br />

della vecchia linea moderata. Ci<br />

vuole però tutto il 1892 perché le<br />

acque si calmino (non c’è notizia di<br />

altri ostacoli), tant’è che solo il 23<br />

gennaio 1893 in seduta congiunta<br />

i Comuni assumono la decisione,<br />

che fa seguito al decreto della<br />

sezione di Luogotenenza di Trento<br />

del 20 ottobre 1891, di ridurre<br />

il tasso di interesse dal 5 al 4% e<br />

di suddividere gli utili tra i Comuni<br />

secondo le consuete quote, a partire<br />

dal 1° gennaio 1889.<br />

Negli anni ‘90 revisore dei conti<br />

del Monte è, dapprima, il maestro<br />

Quinto Baldessarini, poi (dal<br />

1899, Alessio Scrinzi fu Isidoro, di<br />

Nogaredo. Amministratore è Gio<br />

Firme dell’amministratore Marzani e del capocomune Moll<br />

Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />

Batta Marzani, e lo sarà fino alla<br />

sua morte avvenuta nel 1908. In<br />

quegli anni gli affari del banco dei<br />

pegni vanno sempre peggio. Nel<br />

1898, per esempio, si registra una<br />

perdita di 175,88 corone (la corona<br />

è entrata in vigore da poco, col<br />

valore di metà fiorino).<br />

I conti continuano ad essere in<br />

rosso anche all’inizio del Novecento<br />

e per chiudere i buchi di bilancio<br />

bisogna fare ricorso agli interessi<br />

maturati sui capitali; così si arriva<br />

alla decisione dei Comuni di chiudere<br />

il banco dei pegni, assunta il<br />

7 luglio 1902, come abbiamo già<br />

scritto all’inizio di questa “storia”.<br />

In quella delibera si fa cenno all’esorbitanza<br />

di imposte (statali) e<br />

sovraimposte (comunali). In effetti<br />

proprio con il 1901 anche i Monti<br />

di pietà tornano a pagare le imposte<br />

di “attività d’industria” (attività<br />

lavorativa che produce reddito) e<br />

di “casatico” (possesso di casa).<br />

Ne erano rimasti esenti dal 1890 al<br />

1900, in quanto considerati attività<br />

di sola beneficenza. In precedenza<br />

le pagavano, tant’è che tra i documenti<br />

ci sono pure alcune “diffide<br />

di pagamento” delle imposte. Nel<br />

1911 poi verrà accolta l’istanza di<br />

esenzione.<br />

Progressivo declino (anche)<br />

dell’attività finanziaria nei<br />

primi tre decenni del Novecento<br />

La decisione del 7 luglio 1902 ha<br />

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