Quaderno Borgoantico n° 13 - associazione Borgoantico

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06.06.2013 Views

102 Quaderni del Borgoantico 13 1902: morte annunciata di un’istituzione secolare 110 anni fa i Comuni di Villa, Nogaredo-Brancolino, Pederzano, Sasso-Noarna decisero la chiusura del “Santo Mónt” (banco dei pegni) in vita da tre secoli e mezzo Non fu una fine improvvisa quella del “Santo Mónt”, decretata il 7 luglio 1902 (e messa in atto nel 1903) dai Comuni che lo avevano fondato, con i Lodron, poco dopo il 1550: l’antica istituzione era in agonia ormai da anni, almeno per quanto riguardava la sua attività peculiare, quella cioè di banco dei pegni. Più volte e da più parti (anche dalla luogotenenza di Innsbruck) in precedenza s’era ventilata l’ipotesi della sua chiusura, che comportava anche un impiego diverso del capitale. Questo capitale, accantonato fin dagli inizi e accresciuto nel tempo, era “intoccabile” per una precisa e inflessibile norma, da nessuno derogabile, stabilita dai fondatori a metà del Cinquecento, oltre che per la natura stessa della “fondazione”. Antonio Passerini Comunicazione a Innsbruck dell’avvenuta decisione di chiusura del Monte Il fatto era che ormai “le rendite provenienti dai pegni” erano “meschinissime, affatto insufficienti a coprire le spese d’amministrazione”, alle quali si aggiungevano “steore e sovraimposte” molto alte (in quanto “attività industriale”). Per pagare tutte le spese bisognava utilizzare gli interessi sui capitali del Monte: ciò significava di fatto togliere i soldi ai poveri e quindi fallire nello scopo “fondante” dell’istituzione; significava anche tenere in piedi un’attività in perdita per la cassa del Monte ma in profitto per le casse dello Stato (steore/imposte) e per quelle comunali (sovraimposte). Poco più di dieci anni prima era stata avanzata una richiesta e avviata una vertenza dal Comune di Villa, con l’appoggio degli altri comuni, per poter disporre, per precisi scopi sociali, di una parte consistente del capitale del Santo Monte. In quell’occasione vennero allegati alla richiesta sia i “capitoli” (cioè i “patti”, il regolamento) del 1578, sia lo statuto del 1848. Di seguito proponiamo: I “capitoli” del 1578 Lo statuto del 1848 Le vicende del 1888-1893 La documentazione del 1902-1903 e cenni riferiti ai decenni posteriori. Bibliografia minima e fonti Virginia Crespi Tranquillini - Giovanni Cristoforetti - Antonio Passerini, La nobile pieve di Villa Lagarina, Cassa Rurale di Rovereto-Stampalith, Trento, 1994, capitolo Il Monte di Pietà, pagg. 74-82. Robero Adami, Le due sedi del Monte d Pietà, in “Quaderni del Borgoantico” n. 1, 2000. Capitoli del 1578, statuto del 1848 e altra documentazione sono depositati nell’Archivio di Stato di Trento, secondo la segnatura: “Capitanato distrettuale di Rovereto, Serie speciale, busta 41 Fondazioni (teca interna 117)”. Una “minuta” de 1557 dei capitoli del Monte e varia altra documentazione sono depositate nell’Archivio storico del Comune di Villa Lagarina, secondo la segnatura “Santo Monte di Pietà”, N. 973- 977 (anni 1578-1931); N. 978- 1035 (anni 1849-1933).

Quaderni del Borgoantico 13 103 Parte finale della comunicazione con la firma di Silvio Marzani per il Capocomune Francesco Moll, assente Timbro del Monte di Pietà in uso dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Trenta del Novecento L’IDEALITÀ DEGLI INIZI: GRATIS SIA IL SERVIZIO DEGLI ADDETTI SIA I PRESTITI (DI SEI MESI) SU PEGNO Regolamento del 1578 del Monte di pietà di Villa Lagarina (ma la fondazione è avvenuta circa 25 anni prima) Proponiamo per intero una trascrizione del 1888 di una copia del regolamento del primo Monte di pietà di Villa redatta nel 1578 (il Monte era stato fondato verso il 1554, come appare dall’iscrizione che vediamo riprodotta in queste pagine a corredo del testo). La trascrizione, nella quale si rileva qualche adattamento linguistico, è depositata insieme ad altra documentazione presso l’Archivio di Stato di Trento. C’è però un’antica copia del regolamento anche nell’Archivio storico del Comune di Villa: si tratta di una “minuta dei capitoli del Monte di pietà di Villa fatta nell’anno 1557”, e, più precisamente, di una copia del regola- mento del Monte di pietà di Rovereto, sulla quale sono sovrascritte delle modifiche. L’antico regolamento è molto dettagliato ed evidenzia la complessità della “macchina” del Monte di pietà. Per esempio almeno quattro addetti sono sempre presenti nel Monte in orario di apertura (una volta alla settimana, ogni martedì anche festivo, due-tre ore prima di pranzo). Alcuni punti chiave Mettiamo ora in risalto alcuni aspetti che riteniamo punti chiave dell’istituzione. 1. Uno speciale “diritto” riservato ai poveri. Il Monte di pietà nasce esclusivamente a favore dei poveri e il suo uso diventa una sorta di loro “diritto”. Danneggiare il Monte significa danneggiare i poveri e quindi (essendo i poveri i prediletti di Dio, secondo l’affermazione del Vangelo “quello che avrete fatto ai piccoli-poveri, l’avrete fatto a me”) recare un’offesa a Dio stesso particolarmente deplorevole. 2. La gratuità del prestito. È legata al concetto espresso sopra: non bisogna ricavare profitto, mediante interessi, dalle necessità dei poveri. (Ma il realismo e l’efficienza porteranno in seguito ad introdurre gli interessi, se pur sempre in percentuali moderate). 3. La gratuità del servizio. Anche questa è legata al concetto di fondo: se fai un servizio al povero non devi pretendere compenso. Di fatto, chi viene designato a svolgere un servizio per il Monte deve “sopportare” (“per amor di Dio”) due condizioni impegnative: non può rifiutare l’incarico; deve svolgere l’incarico gratuitamente. (Ma la totale gratuità, anche a fronte delle notevoli responsabilità degli addetti, andrà presto in crisi). 4. Il mantenimento del capitale. Deriva sempre dall’idea di base: diminuire il capitale significa diminuire i diritti dei poveri. Quindi nessuna autorità, nessuna istituzione e neppure i fondatori, cioè i sei Comuni citati nel testo e i giurisdicenti (titolari delle giurisdizioni) Lodron, potranno intaccare il capitale. Piuttosto si cercherà in vari modi di aumentare sempre più il capitale in modo da rendere più efficace ed esteso il servizio-diritto dei poveri. 5. Il sistema di controllo. Si mette in piedi un complesso sistema di “controlli incrociati” (presenza contemporanea di più addetti, doppia scrittura di entrate e uscite, rigidità nelle autorizzazioni, premi a chi denuncia abusi…) in modo da contrastare efficacemente profittatori e imbroglioni (erano già successi in vari luoghi scandali clamorosi, e anche a Villa ben presto emergono sotterfugi e raggiri). In seguito si semplificheranno le cose, affidandosi di più alla professionalità e all’onestà degli addetti. Infine un rilievo: gli Ebrei non possono né comprare né far comprare pegni messi all’incanto. La “questione Ebrei” è particolarmente “pesante” e complessa in quei secoli (ma non solo in quelli), a livello europeo, in parte proprio a proposito dei “banchi dei pegni” (versione profana dei “monti di pietà” che implicano anche una valenza religiosa). Nelle giurisdizioni Lodron le loro attività sono bandite, mentre in destra Adige sono ammesse sia a Isera sia a Nomi (dove esisteva il “ghetto”, angolo di paese ancor oggi chiamato così).

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Quaderni del <strong>Borgoantico</strong> <strong>13</strong><br />

1902: morte annunciata di un’istituzione secolare<br />

110 anni fa i Comuni di Villa, Nogaredo-Brancolino, Pederzano, Sasso-Noarna<br />

decisero la chiusura del “Santo Mónt” (banco dei pegni) in vita da tre secoli e mezzo<br />

Non fu una fine improvvisa quella<br />

del “Santo Mónt”, decretata il<br />

7 luglio 1902 (e messa in atto nel<br />

1903) dai Comuni che lo avevano<br />

fondato, con i Lodron, poco dopo<br />

il 1550: l’antica istituzione era in<br />

agonia ormai da anni, almeno per<br />

quanto riguardava la sua attività<br />

peculiare, quella cioè di banco dei<br />

pegni. Più volte e da più parti (anche<br />

dalla luogotenenza di Innsbruck) in<br />

precedenza s’era ventilata l’ipotesi<br />

della sua chiusura, che comportava<br />

anche un impiego diverso del<br />

capitale. Questo capitale, accantonato<br />

fin dagli inizi e accresciuto<br />

nel tempo, era “intoccabile” per<br />

una precisa e inflessibile norma,<br />

da nessuno derogabile, stabilita dai<br />

fondatori a metà del Cinquecento,<br />

oltre che per la natura stessa della<br />

“fondazione”.<br />

Antonio Passerini<br />

Comunicazione a Innsbruck dell’avvenuta decisione di chiusura del Monte<br />

Il fatto era che ormai “le rendite<br />

provenienti dai pegni” erano<br />

“meschinissime, affatto insufficienti<br />

a coprire le spese d’amministrazione”,<br />

alle quali si aggiungevano<br />

“steore e sovraimposte”<br />

molto alte (in quanto “attività industriale”).<br />

Per pagare tutte le spese<br />

bisognava utilizzare gli interessi<br />

sui capitali del Monte: ciò significava<br />

di fatto togliere i soldi ai<br />

poveri e quindi fallire nello scopo<br />

“fondante” dell’istituzione; significava<br />

anche tenere in piedi un’attività<br />

in perdita per la cassa del<br />

Monte ma in profitto per le casse<br />

dello Stato (steore/imposte) e per<br />

quelle comunali (sovraimposte).<br />

Poco più di dieci anni prima era<br />

stata avanzata una richiesta e<br />

avviata una vertenza dal Comune<br />

di Villa, con l’appoggio degli altri<br />

comuni, per poter disporre, per<br />

precisi scopi sociali, di una parte<br />

consistente del capitale del Santo<br />

Monte. In quell’occasione vennero<br />

allegati alla richiesta sia i “capitoli”<br />

(cioè i “patti”, il regolamento)<br />

del 1578, sia lo statuto del 1848.<br />

Di seguito proponiamo:<br />

I “capitoli” del 1578<br />

Lo statuto del 1848<br />

Le vicende del 1888-1893<br />

La documentazione del 1902-1903<br />

e cenni riferiti ai decenni posteriori.<br />

Bibliografia minima e fonti<br />

Virginia Crespi Tranquillini - Giovanni<br />

Cristoforetti - Antonio Passerini,<br />

La nobile pieve di Villa<br />

Lagarina, Cassa Rurale di Rovereto-Stampalith,<br />

Trento, 1994, capitolo<br />

Il Monte di Pietà, pagg. 74-82.<br />

Robero Adami, Le due sedi del<br />

Monte d Pietà, in “Quaderni del<br />

<strong>Borgoantico</strong>” n. 1, 2000.<br />

Capitoli del 1578, statuto del<br />

1848 e altra documentazione sono<br />

depositati nell’Archivio di Stato<br />

di Trento, secondo la segnatura:<br />

“Capitanato distrettuale di Rovereto,<br />

Serie speciale, busta 41 Fondazioni<br />

(teca interna 117)”.<br />

Una “minuta” de 1557 dei capitoli<br />

del Monte e varia altra documentazione<br />

sono depositate nell’Archivio<br />

storico del Comune di Villa<br />

Lagarina, secondo la segnatura<br />

“Santo Monte di Pietà”, N. 973-<br />

977 (anni 1578-1931); N. 978-<br />

1035 (anni 1849-1933).

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