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Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf

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Nell’occasione della morte di sua madre egli scrive a suo cugino Eustacchio:<br />

“Eustacchio mio! Sono senza madre!… Una volta l’aveva; ma ora non l’ho più … Benedetto<br />

sia il Dio delle misericordie a cui piacque di ricordarsi di me!…<br />

Quantunque con piè risoluto io abbia volte le spalle al mondo affine di assicurare la<br />

salvezza dell’anima mia consacrandomi ad uno stato di vita affatto simile a quella di Cristo<br />

e degli Apostoli, quantunque colla grazia divina abbia vinto la natura separandomi da<br />

quanto avea di più caro al mondo per servire più liberamente al Signore, nulladimeno<br />

sentii vivamente i latrati della fragile natura, e piansi amaramente la gran perdita.<br />

Ma sia benedetto in eterno il Signore! Egli ha voluto così: io adoro umilmente i suoi divini<br />

decreti. A lui piacque di chiamare a sé la mia povera genitrice, della quale ricordo l’affetto<br />

che mi portò, e le pene e i sacrifici che, poveretta, ha fatto per me: a lui piacque di<br />

lasciare in un doloroso isolamento il mio caro Padre, il quale benché rassegnato al divin<br />

beneplacito pure la sua grande sensibilità lo porta e trascina in profonda malinconia. Ma<br />

Dio vuole cosi; sia benedetto: questo mi conturba assai: la perdita della madre,<br />

l’isolamento del padre. Ma, scuotiti anima mia dal tuo letargo: solleva in alto lo sguardo<br />

ché l’uomo non è fatto per questa terra. Oh! Questo dolce pensiero, Eustacchio mio<br />

carissimo, è quello che non solamente dilegua dal mio spirito ogni nebbia di turbamento;<br />

ma vi colma l’anima mia d’ineffabile letizia.” (Daniele Comboni Messaggi, n° 35)<br />

Dalle realtà che gli stanno a cuore per l’amore dell’Africa<br />

“Il primo amore della mia giovinezza fu per l’infelice Nigrizia, e, lasciando quanto per me<br />

v’era di più caro al mondo, venni, or sono sedici anni, in queste contrade per offrire al<br />

sollievo delle sue secolari sventure l’opera mia. Appresso, l’obbedienza mi ritornava in<br />

patria, data la cagionevole salute … Partii per obbedire: ma tra voi lasciai il mio cuore.”<br />

(Daniele Comboni Messaggi, n° 18)<br />

Dalla missione se richiesto dall’obbedienza<br />

Scrisse al Cardinale Simeoni:<br />

“Ho ricevuto il venerato suo Foglio del 3 corrente, del quale avendo bene compreso tutta<br />

la portata ed il significato, mi sono concentrato a ponderare seriamente se, attesa la mia<br />

nullità e debolezza, io possa essere ancora utile all’apostolato africano, che è senza dubbio<br />

il più arduo e spinoso della terra, o se invece gli torni dannoso; tanto più adesso, a causa<br />

di tante fatiche, privazioni, malattie, febbri, crepacuore, lotte e contraddizioni sostenute<br />

per molti anni, specialmente nell’ultimo terribile periodo della carestia e pestilenza.<br />

(Daniele Comboni Messaggi, n° 241)<br />

Dalle insicurezze ed incertezze, la croce del salto nel buio<br />

Le prime lettere di Daniele Comboni alla sua famiglia rivelano un altro fatto che rese la sua<br />

separazione dalla sua patria e i suoi cari ancora più dura; le naturali incertezze che aveva al<br />

pensiero che stava per entrare in un mondo sconosciuto e pieno di sorprese – il mondo della<br />

popolazione nera dell’Africa. Rimase sconcertato nel vederli andare in giro nudi, armati di<br />

lance, archi e frecce, sembravano abbastanza feroci da eliminarlo con un singolo affondo della<br />

loro lancia. (Lozano, p. 81).<br />

La croce dei fraintesi<br />

Con i suoi superiori<br />

Per esempio, Don Mazza. Quando Comboni ebbe sentore delle dicerie che sarebbe stato<br />

espulso dall’Istituto egli scrisse:<br />

“Confesso che non ne capisco nulla: la tranquillità della mia conoscenza, e Dio che compie<br />

sull’uomo i disegni della sua misericordia, mi danno una forza da benedire la Provvidenza<br />

di tutto cuore per quest’avvenimento. Benché la mia mente non possa nulla penetrare nel<br />

buio dell’avvenire, tuttavia mi cimento con serena fronte e sicurezza, senza far calcolo<br />

delle illazioni che il mondo potrà dedurne; ringrazio con tutta l’anima i Sacri Cuori di Gesù<br />

e di Maria che mi hanno sollevato all’onore e fortuna di essere ammesso a bere un amaro<br />

calice, fermo nella speranza che gioverà alla mia salute; benedico mille volte coloro che<br />

avessero contribuito a farmi portare queste tribolazione, e sempre pregherò per loro;<br />

venero e rispetto quel santo vecchio, che mi ha fatto tanto bene per lo spazio di 23 anni, e<br />

lo amerò <strong>fino</strong> alla morte.” (Daniele Comboni Messaggi, n° 221; Scritti, n° 1049)<br />

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