Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf

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“Tanto in Khartoum che in El-Obeid non ho ancora aperte le pubbliche scuole maschili, né ho finora creduto prudente di cedere alle istanze di molti anche fra gli acattolici, per mancanza di sufficiente personale docente. La scuola femminile a Khartoum è aperta; ma dovetti limitare l’accettazione delle alunne, per non aver ancor pronti i locali. Ad El-Obeid si è pure aperta una piccola scuola pubblica dalle Suore: ma ho ordinato di procedere con lentezza anche in questo caso, per essere ancora scarso il numero delle Suore ed istitutrici negre, che bramo ora meglio occupare nello insegnare il catechismo alle 17 catecumene che ora colà vi sono.” (Daniele Comboni Scritti, n° 3614) L’interesse mostrato nell’educare le donne fa di Comboni un vero pioniere ed innovatore nel campo dell’istruzione femminile. Riportiamo la testimonianza di Licurgo Santoni, un ufficiale postale italiano al servizio degli egiziani che nel corso di una ispezione in Sudan nel 1877-1878, visitò la missione di Khartoum. Egli scrisse: “Quando io arrivai a Khartoum nel gennaio del 1878 i missionari erano impegnati nell’educare molti ragazzi Africani … le scienze domestiche venivano insegnate alle ragazze Se considerate che in questi paesi le donne sono ritenute oggetti senza valore, utili solo per fare figli, è facile immaginare come fossero felici i genitori quando vedevano le loro figlie imparare a cucinare, ricamare, cucire. I ragazzi venivano addestrati, secondo le loro attitudini, per diventare falegnami, fabbri, sarti, calzolai, da persone esperte arrivati in prevalenza dall’Italia ….. 200 ragazze e quasi 300 ragazzi frequentano giornalmente la scuola. Oltre a ciò, circa 80 ragazze e 100 ragazzi Neri venivano nutriti, vestiti, educati sino alla maggiore età interamente a spese della missione … Il sovrintendente dell’arsenale governativo, un ingegnare, Lorenzo Spada, insegnò meccanica a coloro che avevano abilità, ed alla fine poterono trovare impiego nel cantiere navale governativo.” (vedi Hill, page 23 e il rapporto di Comboni a Propaganda del 15 Aprile 1876 in Scritti, n° 4077-4153) Inculturazione Quello che fece presso la Missione della Santa Croce, Comboni fece anche come Vicario, confermò la necessità di imparare le lingue locali ed insisté sulla conoscenza dell’arabo. Per favorire queste sue convinzioni egli dovette confrontarsi con difficoltà e resistenze simili al caso di Suor Virginia Mansur. La conoscenza della lingua era l’unico modo di aprire le porte alla vera inculturazione. Nella sua relazione a Propaganda (2 giugno 1874) egli stesso scrisse che aveva iniziato a raccogliere tante parole nella lingua dei Nuba per compilare un dizionario ed una grammatica. Siamo anche a conoscenza dei suoi interessi, assieme a tutti i pionieri del Vicariato della descrizione e studio comparato delle tradizioni ed usi locali. La sua disponibilità al dialogo, come abbiamo avuto modo di vedere nel caso del Capo dei Nuba Cogiur Cacum, il quale stette con lui per quattro giorno aprì la mente di Comboni a differenti tipi di inculturazione anche se l’uso del latino, per esempio, durante la Messa e per l’amministrazione dei Sacramenti fosse ancora obbligatorio. Le fondazioni che si trovavano al Cairo furono un modo di introdurre i suoi missionari alla scoperta di altre culture, una specie di noviziato per aiutarli a capirle e conoscerle. La frase di Comboni “Salvare l’Africa con gli africani” è un segno del suo desiderio di vedere il Vangelo praticato dagli africani nel modo più rispondente alla loro cultura. I PADRI DI SAN CAMILLO Introduzione Ai Camilliani spetta una menzione particolare dato il loro ruolo nella Vita di Comboni. “Camilliani” è il nome che viene dato all’Ordine di San Camillo il titolo ufficiale dell’Ordine è “Ordine di Clerici Regolari, Servi dei Malati”. L’ordine fu fondato a Roma nel 1582 da San Camillo di Lellis (1550-1614) un Italiano proveniente dall’Abruzzo, Italia Centrale. Ai soliti tre voti che fanno i religiosi ne viene aggiunto un altro, quello di soccorrere i malati, in modo particolare in tempi di epidemie. Solitamente sono proprietari ed amministratori dei loro stessi ospedali, cliniche, e case di cura, ma sono anche cappellani di altri ospedali e istituzioni caritatevoli. Nel 1964 erano 1350. Adesso sono 1035, di quali 640 sono sacerdoti. Vediamo adesso di riassumere la relazione fra Comboni ed i Camilliani. 48

I Camilliani e Comboni Quando notizia della fondazione del Seminario Comboniano per l’Africa Centrale si sparse per Verona, quattro Sacerdoti Camilliani chiesero di farne parte. Padri Stanislao Carcereri, Giovan Battista Zanoni, Luigi Tezza e Giuseppe Franceschini. Furono aggregati al seminario per cinque anni grazie al supporto dato dal Cardinale di Canossa, e al Decreto di Papa Pio IX. Difatti, il loro Superiore Generale non aveva dato la sua approvazione, ed avevano anche ritenuta la scelta dei sacerdoti una specie di apostasia dall’Ordine. Comboni, comunque mediò e tutti accettarono la seguente soluzione: come religiosi avrebbero continuato ad appartenere all’Ordine do San Camillo, ma avrebbero dovuto rispondere al Vescovo di Verona e a Comboni come Superiore degli istituto del Cairo. Benché fossero preti zelanti, sembrerebbe che il loro motivo per unirsi a Comboni era quello di preparasi un futuro in vista della soppressione dell’Ordine da parte del nuovo Governo italiano. Al Cairo. Nell’ottobre del 1867 tre di loro (tutti eccetto P. Tezza) seguirono Comboni assieme a 16 ragazze africane e tre suore di San Giuseppe dell’Apparizione. Le suore ed i Padri si occuparono degli Istituto del Cairo, e per un anno la loro amministrazione non incontrò problemi. Ma nel mese di giugno 1868. Padre Zanoni, il più anziano di loro, commise un grosso errore durante una visita medica nell’Istituto delle ragazze. Sentendosi umiliato, il sacerdote lasciò il Cairo e per giustificare la sua partenza, cercò di incolpare l’amministrazione degli Istituti, inventando un’accusa di promiscuità preesistente fra ragazzi e ragazze. Ci volle un anno e mezzo per chiarire l’equivoco con il Cardinale Barnabò a Roma (vedere Gilli, P. 47 e Grancelli, mons. Daniele Comboni P. 145). Nelle missioni Una volta nominato un nuovo direttore degli Istituti al Cairo, P. Pasquale Fiore, i Padri Carcereri e Franceschini con due fratelli furono autorizzati dal Comboni ad esplorare il Kordofan, con l’intenzione di aprirvi una missione. Questo fu fatto nel gennaio del 1872, dagli stesi due sacerdoti con due fratelli, Polinari e Bertoli (quest’ultimo fu il primo missionario Comboniano a morire a El Obeid il 26 dicembre 1872). Padre Stanislao Carcereri Dal Cairo Comboni chiese a padre Carcereri di lasciare la missione di El Obeid e lo nominò Vicario Generale e Superiore della Missione di Khartoum (10 febbraio 1873). Alla fine di quell’anno Comboni lo mandò in Europa per promuovere ed animare la missione, per visitare l’Istituto delle Suore e controllarne il progresso e curare l’approvazione delle regole, come abbiamo già visto. Carcereri si fece carico di portare avanti un altro compito, quello di promuovere Comboni alla dignità vescovile. Pensava che questo avrebbe portato lustro alla missione, avrebbe attratto più vocazioni e dato coraggio ai missionari. IL suo approccio, però fu troppo aggressivo. Propaganda era propensa a promuovere Comboni, ma voleva aspettare un pò più di tempo per vedere se fossero nati dei frutti sia dal suo impegno che da quello dei suoi missionari. Carcereri decise che era ormai tempo di divulgare le notizie della promozione come fatto compiuto e recò più danni che altro alla causa del Vicariato. Padre Carcereri, riuscì a convincere l’Ordine di san Camillo ad acconsentire ufficialmente a un impegno nel Vicariato. Riuscì poi a reclutare dei Camilliani assicurandoli che avrebbero ricevuto da Comboni una residenza confortevole a Berber. Un accordo fu firmato il 2 agosto 1874 fra il Cardinale di Canossa e il Superiore Generale dei Camilliani, Padre C. Guardi, che determinava reciproci debiti e crediti per il personale e le finanze. (vedere “Le lettere di Comboni” P. 1092). La controversia Camilliana Durante il suo viaggio di ritorno nel Sudan, all’inizio del 1875 Padre Carcereri seguì un nuovo itinerario e giunti ad una cataratta una delle barche affondò. Il viaggio durò 103 giorni invece dei soliti 90. Molti suppellettili furono rovinati, arrecando un danno che ammontava ad una grossa somma di danaro. Quando Comboni esternò la sua costernazione a P. Carcereri, quest’ultimo la prese così male che inasprì la sua opposizione a Comboni e persuase altri a fare altrettanto. 49

“Tanto in Khartoum che in El-Obeid non ho ancora aperte le pubbliche scuole maschili, né<br />

ho <strong>fino</strong>ra creduto prudente di cedere alle istanze di molti anche fra gli acattolici, per<br />

mancanza di sufficiente personale docente. La scuola femminile a Khartoum è aperta; ma<br />

dovetti limitare l’accettazione delle alunne, per non aver ancor pronti i locali. Ad El-Obeid<br />

si è pure aperta una piccola scuola pubblica dalle Suore: ma ho ordinato di procedere con<br />

lentezza anche in questo caso, per essere ancora scarso il numero delle Suore ed istitutrici<br />

negre, che bramo ora meglio occupare nello insegnare il catechismo alle 17 catecumene<br />

che ora colà vi sono.” (Daniele Comboni Scritti, n° 3614)<br />

L’interesse mostrato nell’educare le donne fa di Comboni un vero pioniere ed innovatore nel<br />

campo dell’istruzione femminile.<br />

Riportiamo la testimonianza di Licurgo Santoni, un ufficiale postale italiano al servizio degli<br />

egiziani che nel corso di una ispezione in Sudan nel 1877-1878, visitò la missione di Khartoum.<br />

Egli scrisse:<br />

“Quando io arrivai a Khartoum nel gennaio del 1878 i missionari erano impegnati<br />

nell’educare molti ragazzi Africani … le scienze domestiche venivano insegnate alle ragazze<br />

Se considerate che in questi paesi le donne sono ritenute oggetti senza valore, utili solo<br />

per fare figli, è facile immaginare come fossero felici i genitori quando vedevano le loro<br />

figlie imparare a cucinare, ricamare, cucire. I ragazzi venivano addestrati, secondo le loro<br />

attitudini, per diventare falegnami, fabbri, sarti, calzolai, da persone esperte arrivati in<br />

prevalenza dall’Italia ….. 200 ragazze e quasi 300 ragazzi frequentano giornalmente la<br />

scuola. Oltre a ciò, circa 80 ragazze e 100 ragazzi Neri venivano nutriti, vestiti, educati<br />

sino alla maggiore età interamente a spese della missione … Il sovrintendente<br />

dell’arsenale governativo, un ingegnare, Lorenzo Spada, insegnò meccanica a coloro che<br />

avevano abilità, ed alla fine poterono trovare impiego nel cantiere navale governativo.”<br />

(vedi Hill, page 23 e il rapporto di Comboni a Propaganda del 15 Aprile 1876 in Scritti, n°<br />

4077-4153)<br />

Inculturazione<br />

Quello che fece presso la Missione della Santa Croce, Comboni fece anche come Vicario,<br />

confermò la necessità di imparare le lingue locali ed insisté sulla conoscenza dell’arabo. Per<br />

favorire queste sue convinzioni egli dovette confrontarsi con difficoltà e resistenze simili al caso<br />

di Suor Virginia Mansur. La conoscenza della lingua era l’unico modo di aprire le porte alla vera<br />

inculturazione. Nella sua relazione a Propaganda (2 giugno 1874) egli stesso scrisse che aveva<br />

iniziato a raccogliere tante parole nella lingua dei Nuba per compilare un dizionario ed una<br />

grammatica. Siamo anche a conoscenza dei suoi interessi, assieme a tutti i pionieri del<br />

Vicariato della descrizione e studio comparato delle tradizioni ed usi locali.<br />

La sua disponibilità al dialogo, come abbiamo avuto modo di vedere nel caso del Capo dei<br />

Nuba Cogiur Cacum, il quale stette con lui per quattro giorno aprì la mente di Comboni a<br />

differenti tipi di inculturazione anche se l’uso del latino, per esempio, durante la Messa e per<br />

l’amministrazione dei Sacramenti fosse ancora obbligatorio.<br />

Le fondazioni che si trovavano al Cairo furono un modo di introdurre i suoi missionari alla<br />

scoperta di altre culture, una specie di noviziato per aiutarli a capirle e conoscerle.<br />

La frase di Comboni “Salvare l’Africa con gli africani” è un segno del suo desiderio di vedere il<br />

Vangelo praticato dagli africani nel modo più rispondente alla loro cultura.<br />

I PADRI DI SAN CAMILLO<br />

Introduzione<br />

Ai Camilliani spetta una menzione particolare dato il loro ruolo nella Vita di Comboni.<br />

“Camilliani” è il nome che viene dato all’Ordine di San Camillo il titolo ufficiale dell’Ordine è<br />

“Ordine di Clerici Regolari, Servi dei Malati”. L’ordine fu fondato a Roma nel 1582 da San<br />

Camillo di Lellis (1550-1614) un Italiano proveniente dall’Abruzzo, Italia Centrale. Ai soliti tre<br />

voti che fanno i religiosi ne viene aggiunto un altro, quello di soccorrere i malati, in modo<br />

particolare in tempi di epidemie. Solitamente sono proprietari ed amministratori dei loro stessi<br />

ospedali, cliniche, e case di cura, ma sono anche cappellani di altri ospedali e istituzioni<br />

caritatevoli. Nel 1964 erano 1350. Adesso sono 1035, di quali 640 sono sacerdoti.<br />

Vediamo adesso di riassumere la relazione fra Comboni ed i Camilliani.<br />

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