Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf
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Come tutti i santi, Comboni era molto umano. Questa sua dote la manifestò altamente nella lotta per i diritti degli Africani, specialmente in relazione alla schiavitù. Però la manifestò pure nell’amicizia verso persone con le quali fu in contatto sia per la sua missione come per i suoi problemi personali. Il sacerdote Giovanni Crisostomo Mitteruzner era membro dell’Ordine dei Canonici Regolari di S. Agostino dell’abbazia di Nova Celle nella Diocesi di Bressanone. Insigne orientalista, pubblicò nel 1866 la grammatica e il vocabolario dei Bari, onde fu nominato Presidente onorario dell’Institute d’Afrique di Parigi. Fu anche molto competente in teologia e con il permesso di Pio IX fu segretario personale di Mons. Fessler, segretario generale del Concilio Vaticano. Si interessò della Missione e, quando il Knoblecher fondò la “Marien Verein”, ne fu tra i membri più attivi. È tutto suo il merito di aver persuaso il card. Barnabò a mutar consiglio, che nel settembre ’58, preoccupato delle troppe vittime dell’Africa centrale, aveva già pronto il decreto per sopprimere la Missione: a lui venne offerta la carica di Provicario, successore di Knoblecher, ricusata per obbedienza al suo vescovo Mons. Gasser. Conobbe a Verona il Comboni, quando condusse alcuni moretti al Collegio Mazza, e da allora gli fu sempre amico, non a parole, ma a fatti; gli prestò valido aiuto per il Postulatum ai Padri del Concilio, lo soccorse di denaro, gliene procurò da altri e tenne con lui assidua corrispondenza. E il Comboni, che mai gli si rivolse invano, (chiedesse denari o … poesie in lingua barica e denka) lo chiama con tutta ragione “Il più strenuo collaboratore dell’apostolato dei negri, la più ferma colonna dell’Africa Centrale” e nelle sue lettere (da quella del 23 settembre ’67 in poi), ben 14 volte, lo dice “Dulcissime rerum”, è un modo di dire per esprimere quanto gradevole fosse trattare con lui. Un particolare interessante si trova nella lettera del 4-6-1881 al Mitteruzner stesso. In questa lettera Comboni gli confida che intende riaprire le missioni sul Nilo Bianco in posti migliori di S. Croce o Gondokoro, così avrebbe potuto usare anche i suoi libri sulla lingua Denka e Barica: “Così con le tre nuove lingue Nubana, Denka e Barica possiamo bene stendere la nostra azione apostolica molto lontano” (Lett. N. 1083, Daniele Comboni, gli Scritti, EMI 1991). Il Comboni poi raccomanda al suo amico di non pubblicare queste notizie (cfr. Grancelli Msg. D. Comboni pag. 442, Istituto Miss. Africane - Verona). N.B. I Canonici Regolari che vivono secondo la cosiddetta regola di S. Agostino hanno vita comune, con l’obbligo della recita corale dell’Ufficio delle Ore. Don Francesco Professor Bricolo. “Mio carissimo don Francesco, non mi può rimproverare di silenzio, perché siamo pari: nemmeno di mancanza di affetto”. “Quando penso a don Bricolo, vado in giuggiole” così scrive il Comboni in data 9-7-1876 (Scritti n. 659). (L’espressione completa è “andare in brodo di giuggiole”; è famigliare e vuol dire gongolarsi, bearsi: si dice anche “mandare in brodo di giuggiole”.) “Don Bricolo, eccellente pedagogista, per molti anni fu Rettore nel Collegio Mazza, finché per una serie di dolorose vicende e uno scambio di lettere fra il Superiore e lui, dovette lasciare l’ufficio nel 1865, recandosi a Vicenza, ove assunse la direzione del Collegio Cordellina. Come qui, profuse anche tra quei giovani per educarli al bene, tesori di mente e di cuore; e, dopo un ventennio, tornò a meritato riposo a Verona, ove morì d’anni 82 il 7 marzo 1905. Bisogna ricordare che egli fu rettore dell’Istituto Mazza negli anni più difficili per il Comboni e della parte che ebbe nello spianargli la via dagli ostacoli. Più di una volta, don Bricolo era il solo che comprendesse gli slanci arditi del giovane missionario, il solo che lo difendesse; e forse, senza questa vigile sentinella, il nostro sarebbe dovuto cedere, tanto era il vento che gli soffiava contrario. Il Comboni non si dimenticò mai del suo fedele protettore e gli fu avvinto da schietta e indissolubile amicizia, anche quando il Bricolo passò da Verona a Vivenza; egli ne parlava sempre, commosso della più viva riconoscenza” (Mons. Granelli pag. 432-433). Come si vede da questa lettera del 1976, Comboni conservò sempre la sua amicizia e ambedue continuarono ad essere in contatto, anzi, nella stessa lettera (n. 4300) scrive: “Ma io voglio che mi diate vostre notizie, almeno in un foglio intero”. 28
Dal 1831 al 1859 PARTE SECONDA Gli eventi più significativi della vita di Comboni. CAPITOLO PRIMO Comboni dal 1831 al 1872. Daniele Comboni nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, Italia settentrionale. Il giorno seguente fu battezzato con il nome Antonio Daniele, ma preferiva essere chiamato Daniele soltanto. Suo padre, Luigi e sua madre Domenica ebbero otto figli; solo Daniele visse tanto a lungo da arrivare alla età di 50 anni. Il 20 febbraio 1843 fu ricevuto a Verona dal servo di Dio P. Nicola Mazza il quale avviò Daniele al sacerdozio e alla vita missionaria nel suo stesso Istituto. All’età di 17 anni, benché sicuro della sua vocazione al sacerdozio, desiderava ardentemente dedicarsi alle missioni nell’Africa Centrale. Il suo primo contatto con il lavoro missionario della Chiesa fu la lettura della vita dei martiri giapponesi scritta da S. Alfonso Liguori. Egli stesso raccontò questo fatto l’anno successivo: “Fu nel gennaio 1849 che studente in filosofia, nell’età di 17 anni io giurai ai piedi del mio venerato Superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all’apostolato dell’Africa Centrale, né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto; e da quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa” (Daniele Comboni, Scritti n. 4083) Di conseguenza si orientò verso il suo futuro apostolato. Fra le altre cose studiò l’arabo, l’ebraico, lo spagnolo, il francese e l’inglese. Fu ordinato sacerdote il 31 novembre 1854 e si dedicò alla cura di coloro che erano malati di colera, ottenendo per questo, pubblico encomio dalle autorità civili. L’anno decisivo per la sua vita missionaria fu il 1857, tre anni dopo la sua ordinazione. Al termine di un ritiro (9 agosto) P. Giovanni Marani degli Stimmatini lo rassicurò dicendogli che aveva certamente una vocazione missionaria per l’Africa. Con apostolico coraggio si accinse alla dolorosa separazione dai suoi genitori i quali sarebbero rimasti a casa, poveri e soli. Partì per l’Africa il 6 settembre come membro della spedizione dell’Istituto Mazza. La spedizione si fermò per lungo tempo in Egitto e Comboni ne approfittò per fare un pellegrinaggio in Terra Santa (29 settembre – 16 ottobre) dove visitò i luoghi dove Cristo era vissuto e morto. Fu questo contatto con l’umanità di Cristo che ingrandì e rivelò il Suo amore umano e lo rese ulteriormente consapevole delle necessità umane dei popoli dell’Africa Centrale. La spedizione partì dal Cairo agli inizi del 1858. Incontrarono Mons. Knoblecher ad Assouan che disse a P. Beltrame: “Vi raccomando la Missione veronese, della quale sei responsabile. Vi sono già state date le vostre destinazioni, Voi e i vostri compagni sarete i ben venuti alla Santa Croce. Rimarrete là per un po’ di tempo per esplorare il territorio, prendere nota delle usanze e degli abitanti, e studierete la loro lingua. Sceglierete quindi un luogo idoneo alla fondazione della Vostra missione … non so se ci rivedremo mai più. Sono sfinito. Sento che morirò presto.” (mons. M. Grancelli, D. Comboni, pagine 31-32) Il suo presentimento si avverò. Stremato ed ammalato Knoblecher morì a Napoli il 13 aprile 1858, aveva solo 38 anni. Come abbiamo già visto, dopo un interminabile viaggio lungo il Nilo, Comboni raggiunse la Missione di Santa Croce nel cuore dell’Africa il 14 febbraio. In questo luogo, con tutta l’intensità del suo fervore apostolico ebbe il primo incontro con il mondo africano. 29
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Dal 1831 al 1859<br />
PARTE SECONDA<br />
Gli eventi più significativi della vita di Comboni.<br />
CAPITOLO PRIMO<br />
Comboni dal 1831 al 1872.<br />
Daniele Comboni nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda, Italia settentrionale. Il giorno<br />
seguente fu battezzato con il nome Antonio Daniele, ma preferiva essere chiamato Daniele<br />
soltanto. Suo padre, Luigi e sua madre Domenica ebbero otto figli; solo Daniele visse tanto a lungo<br />
da arrivare alla età di 50 anni. Il 20 febbraio 1843 fu ricevuto a Verona dal servo di Dio P. Nicola<br />
Mazza il quale avviò Daniele al sacerdozio e alla vita missionaria nel suo stesso Istituto.<br />
All’età di 17 anni, benché sicuro della sua vocazione al sacerdozio, desiderava ardentemente<br />
dedicarsi alle missioni nell’Africa Centrale. Il suo primo contatto con il lavoro missionario della<br />
Chiesa fu la lettura della vita dei martiri giapponesi scritta da S. Alfonso Liguori. Egli stesso<br />
raccontò questo fatto l’anno successivo:<br />
“Fu nel gennaio 1849 che studente in filosofia, nell’età di 17 anni io giurai ai piedi del mio<br />
venerato Superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all’apostolato dell’Africa<br />
Centrale, né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto; e da<br />
quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa”<br />
(Daniele Comboni, Scritti n. 4083)<br />
Di conseguenza si orientò verso il suo futuro apostolato. Fra le altre cose studiò l’arabo, l’ebraico,<br />
lo spagnolo, il francese e l’inglese.<br />
Fu ordinato sacerdote il 31 novembre 1854 e si dedicò alla cura di coloro che erano malati di<br />
colera, ottenendo per questo, pubblico encomio dalle autorità civili.<br />
L’anno decisivo per la sua vita missionaria fu il 1857, tre anni dopo la sua ordinazione. Al<br />
termine di un ritiro (9 agosto) P. Giovanni Marani degli Stimmatini lo rassicurò dicendogli che<br />
aveva certamente una vocazione missionaria per l’Africa.<br />
Con apostolico coraggio si accinse alla dolorosa separazione dai suoi genitori i quali sarebbero<br />
rimasti a casa, poveri e soli. Partì per l’Africa il 6 settembre come membro della spedizione<br />
dell’Istituto Mazza.<br />
La spedizione si fermò per lungo tempo in Egitto e Comboni ne approfittò per fare un<br />
pellegrinaggio in Terra Santa (29 settembre – 16 ottobre) dove visitò i luoghi dove Cristo era<br />
vissuto e morto. Fu questo contatto con l’umanità di Cristo che ingrandì e rivelò il Suo amore<br />
umano e lo rese ulteriormente consapevole delle necessità umane dei popoli dell’Africa Centrale.<br />
La spedizione partì dal Cairo agli inizi del 1858. Incontrarono Mons. Knoblecher ad Assouan che<br />
disse a P. Beltrame:<br />
“Vi raccomando la Missione veronese, della quale sei responsabile. Vi sono già state date<br />
le vostre destinazioni, Voi e i vostri compagni sarete i ben venuti alla Santa Croce.<br />
Rimarrete là per un po’ di tempo per esplorare il territorio, prendere nota delle usanze e<br />
degli abitanti, e studierete la loro lingua. Sceglierete quindi un luogo idoneo alla<br />
fondazione della Vostra missione … non so se ci rivedremo mai più. Sono sfinito. Sento<br />
che morirò presto.” (mons. M. Grancelli, D. Comboni, pagine 31-32)<br />
Il suo presentimento si avverò. Stremato ed ammalato Knoblecher morì a Napoli il 13 aprile<br />
1858, aveva solo 38 anni.<br />
Come abbiamo già visto, dopo un interminabile viaggio lungo il Nilo, Comboni raggiunse la<br />
Missione di Santa Croce nel cuore dell’Africa il 14 febbraio. In questo luogo, con tutta<br />
l’intensità del suo fervore apostolico ebbe il primo incontro con il mondo africano.<br />
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