Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf
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1975 – 1979 N.M. V.T. V.P. Totale 1975 39 9 12 21 1976 38 4 13 17 1977 36 7 17 24 1978 33 8 9 17 1979 29 8 14 22 Totale 175 36 65 101 Nel decennio 1970- 1979 avemmo una differenza positiva di 65 nuovi membri mentre 99 membri ci avevano lasciato per raggiungere la provincia eterna. Diminuimmo di 34 unità che corrisponde a meno del 2.5%. La percentuale è confrontata solo con i nuovi professi e non tutti i professi da anni. La risposta alla crisi nel nostro Istituto Una risposta immediata prima del Capitolo Generale fu difficile da trovare perché la Direzione Generale sola non poteva trovare una soluzione globale; era anche difficile identificarne i contenuti. Era chiaro che la crisi aveva radici profonde, non facilmente identificabili da alcuni dei Superiori e formatori. Furono inoltre commessi molti abusi nel nome del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, abusi che impedirono l’applicazione pratica dei cambiamenti introdotti dallo stesso. Il Superiore Generale ed il suo Consiglio rimandarono al Capitolo del 1969 la ricerca di una soluzione globale. Alcune lettere di confratelli spingevano per il ritorno alle sane tradizioni della Congregazione: non erano ben accetti i cambiamenti riguardanti l’osservanza del silenzio, la veste, le letture nel refettorio, l’andare al cinema, l’uso della televisione ed altro ancora. “ Se il Capitolo Generale vorrà rimuovere queste regole, va bene”(Lettera di p. Briani, nov. 1966 Boll. N. 80.) Fu fatto ogni sforzo, in un certo senso furono messe delle pezze, specialmente nel campo della formazione dove, a causa di mutamenti nel personale che era alla ricerca di un salvatore, i Noviziati e gli Scolasticati soffrirono gravi perdite. Una risposta a lungo termine: il Capitolo Due anni prima del Capitolo, il 10 aprile 1967 (boll.n.8) il Padre Generale distribuì una questionario di 235 quesiti che era stato preparato da un gruppo di Padri che seguivano un corso di aggiornamento. La direzione del gruppo fu affidata a p. Venanzio Milani, allora ventinovenne. In ogni regione doveva essere formata una commissione per studiare e dare le risposte al questionario coinvolgendo tutti i confratelli. Doveva anche essere formata una commissione centrale. Il Capitolo Generale fu indetto il 27 ottobre 1968, da tenersi nel 1969. Questo Capitolo generale ebbe due funzioni: La funzione di un Capitolo ordinario, il decimo della serie. La Funzione di un Capitolo straordinario per il rinnovamento. Il capitolo durò dal 16 maggio al 6 dicembre del 1969 con due pause di riposo (ad agosto) ed una per motivi tecnici, cioè per la preparazione del testo finale di quelli che saranno chiamati “ Documenti Capitolari”. 222
CAPITOLO TREDICESIMO Gli sviluppi nella Chiesa che influirono maggiormente sul nostro Istituto e le sue attività missionarie (1959-1975) Il Concilio Vaticano Secondo Abbiamo già parlato della crisi, risultato di cattiva interpretazione del Concilio; ciò nonostante i cambiamenti che portò furono positivamente significativi. Nelle nostre missioni il Concilio ci aprì all’Ecumenismo e al Dialogo con altre Religioni e con il mondo in generale, alla Inculturazione ed alla nuova Liturgia. Le attività Liturgiche furono le prime ad essere interessate da quest’apertura: le lingue locali furono introdotte in tutte le cerimonie liturgiche e gli strumenti africani cominciarono a risuonare in tutte le Chiese e cappelle. I nostri missionari furono fra i primi ad intraprendere il paziente lavoro di traduzione, senza aspettare che altri lo facessero e ad introdurre l’eccitante musica locale nella Liturgia con l’aiuto della gente locale e i sacerdoti della Diocesi. Nessuno dei nostri musicisti ebbe però la competenza di P. Giorgetti nella musica, gli strumenti e canti africani. I nostri confratelli ebbero il difficile compito di tradurre i testi liturgici in molte lingue locali. Nell’Uganda, in Mozambico, in Sud Africa e in ogni nazione c’erano almeno 6 lingue fra le più importanti da tradurre. Nel Sudan ce ne sarebbero state molte altre Le differenze negli aspetti teologici e biblici che caratterizzarono l’era post-Conciliare e che adesso vengono proposte in diverse istituzioni teologiche frequentate dai nostri scolastici, hanno influenzato la metodologia apostolica nelle missioni vis-à-vis gli agenti pastorali locali e i missionari di altri Istituti. Non si stava cercando l’uniformità, serviva però armonia per evitare di confondere e turbare i fedeli i quali tengono in alta considerazione l’immagine esteriore della Chiesa, dei suoi agenti pastorali e le sue istituzioni. Spesso i fedeli dovevano, e devono ancora, affrontare sviluppi nella dottrina e nella liturgia senza nessuna previa spiegazione o catechesi. Troppe cose furono fatte presupponendo che fossero facilmente comprese: un normale Cristiano sa veramente poco della dottrina Cristiana; inoltre, specialmente gli abitanti del mondo preindustriale tendono a pensare che qualsiasi cambiamento esterno sia in effetti indice di un cambiamento fondamentale: la distinzione non è sempre facile da afferrare. L’enfasi sulla Chiesa identificata con “Il Popolo di Dio” nell’unità del Padre del Figlio e dello Spirito Santo (Concilio Vaticano, La Chiesa n. 4) ebbe notevoli conseguenze. Il concetto a piramide della Chiesa, normalmente identificato con la Gerarchia e soltanto nei suoi aspetti istituzionali, diventò una Chiesa “sacramento – segno e strumento – di comunione con Dio e di unità fra gli uomini” (Ib.n. 1) La collegialità del Vescovi trovò la sua espressione principale nei Sinodi Ordinari, Speciali e Straordinari, e in altre consultazioni con i diversi dipartimenti della Santa Sede. A livello diocesano o parrocchiale, i relativi consigli acquisirono status giuridico. L’Apostolato Laico non è più la cooperazione dei laici nella missione della Gerarchia, ma l’adempimento delle responsabilità di tutti i battezzati di proclamare e testimoniare Cristo ovunque: essi hanno un diretto mandato da Cristo per adempiere a tale apostolato il battesimo fa sì che un Cristiano condivida il Sacerdozio di Cristo, I di Pietro 2:9. E’ vero che non tutti i sacerdoti o laici hanno assunto questa mentalità, ma il seme è stato piantato. La profezia di Mosé si sta avverando: “Fossero tutti i profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il Suo Spirito” (Num.. 11: 29:30) Nel concetto piramidale della Chiesa i sacerdoti, inconsciamente negavano la libertà dello Spirito Santo. Oggi, lo Spirito ha acquisito la sua piena libertà e fa miracoli in tutta la Chiesa: movimenti laici, volontari laici, povertà radicale, piccole comunità Cristiane ecc. stanno sorgendo ovunque. Per il successo, la nuova era della Chiesa necessita di nuovi Santi come fu per il periodo dopo il Concilio di Trento. 223
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CAPITOLO TREDICESIMO<br />
Gli sviluppi nella Chiesa che influirono maggiormente sul nostro Istituto<br />
e le sue attività missionarie (1959-1975)<br />
Il Concilio Vaticano Secondo<br />
Abbiamo già parlato della crisi, risultato di cattiva interpretazione del Concilio; ciò nonostante i<br />
cambiamenti che portò furono positivamente significativi.<br />
Nelle nostre missioni il Concilio ci aprì all’Ecumenismo e al Dialogo con altre Religioni e con il<br />
mondo in generale, alla Inculturazione ed alla nuova Liturgia. Le attività Liturgiche furono le<br />
prime ad essere interessate da quest’apertura: le lingue locali furono introdotte in tutte le<br />
cerimonie liturgiche e gli strumenti africani cominciarono a risuonare in tutte le Chiese e<br />
cappelle. I nostri missionari furono fra i primi ad intraprendere il paziente lavoro di traduzione,<br />
senza aspettare che altri lo facessero e ad introdurre l’eccitante musica locale nella Liturgia con<br />
l’aiuto della gente locale e i sacerdoti della Diocesi. Nessuno dei nostri musicisti ebbe però la<br />
competenza di P. Giorgetti nella musica, gli strumenti e canti africani. I nostri confratelli<br />
ebbero il difficile compito di tradurre i testi liturgici in molte lingue locali. Nell’Uganda, in<br />
Mozambico, in Sud Africa e in ogni nazione c’erano almeno 6 lingue fra le più importanti da<br />
tradurre. Nel Sudan ce ne sarebbero state molte altre<br />
Le differenze negli aspetti teologici e biblici che caratterizzarono l’era post-Conciliare e che<br />
adesso vengono proposte in diverse istituzioni teologiche frequentate dai nostri scolastici,<br />
hanno influenzato la metodologia apostolica nelle missioni vis-à-vis gli agenti pastorali locali e i<br />
missionari di altri Istituti. Non si stava cercando l’uniformità, serviva però armonia per evitare<br />
di confondere e turbare i fedeli i quali tengono in alta considerazione l’immagine esteriore della<br />
Chiesa, dei suoi agenti pastorali e le sue istituzioni. Spesso i fedeli dovevano, e devono ancora,<br />
affrontare sviluppi nella dottrina e nella liturgia senza nessuna previa spiegazione o catechesi.<br />
Troppe cose furono fatte presupponendo che fossero facilmente comprese: un normale<br />
Cristiano sa veramente poco della dottrina Cristiana; inoltre, specialmente gli abitanti del<br />
mondo preindustriale tendono a pensare che qualsiasi cambiamento esterno sia in effetti indice<br />
di un cambiamento fondamentale: la distinzione non è sempre facile da afferrare.<br />
L’enfasi sulla Chiesa identificata con “Il Popolo di Dio” nell’unità del Padre del Figlio e dello<br />
Spirito Santo (Concilio Vaticano, La Chiesa n. 4) ebbe notevoli conseguenze. Il concetto a<br />
piramide della Chiesa, normalmente identificato con la Gerarchia e soltanto nei suoi aspetti<br />
istituzionali, diventò una Chiesa “sacramento – segno e strumento – di comunione con Dio e di<br />
unità fra gli uomini” (Ib.n. 1)<br />
La collegialità del Vescovi trovò la sua espressione principale nei Sinodi Ordinari, Speciali e<br />
Straordinari, e in altre consultazioni con i diversi dipartimenti della Santa Sede. A livello diocesano<br />
o parrocchiale, i relativi consigli acquisirono status giuridico. L’Apostolato Laico non è più la<br />
cooperazione dei laici nella missione della Gerarchia, ma l’adempimento delle responsabilità di tutti<br />
i battezzati di proclamare e testimoniare Cristo ovunque: essi hanno un diretto mandato da Cristo<br />
per adempiere a tale apostolato il battesimo fa sì che un Cristiano condivida il Sacerdozio di Cristo,<br />
I di Pietro 2:9. E’ vero che non tutti i sacerdoti o laici hanno assunto questa mentalità, ma il seme<br />
è stato piantato. La profezia di Mosé si sta avverando: “Fossero tutti i profeti nel popolo del<br />
Signore e volesse il Signore dare loro il Suo Spirito” (Num.. 11: 29:30)<br />
Nel concetto piramidale della Chiesa i sacerdoti, inconsciamente negavano la libertà dello<br />
Spirito Santo.<br />
Oggi, lo Spirito ha acquisito la sua piena libertà e fa miracoli in tutta la Chiesa: movimenti laici,<br />
volontari laici, povertà radicale, piccole comunità Cristiane ecc. stanno sorgendo ovunque. Per<br />
il successo, la nuova era della Chiesa necessita di nuovi Santi come fu per il periodo dopo il<br />
Concilio di Trento.<br />
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