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Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf

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erano ultra-protettive, piuttosto legaliste e formali. Inoltre, alcuni valori spirituali non venivano<br />

vissuti “spiritualmente”: un po’ di insincerità nelle relazioni all’interno della comunità, superiori<br />

autoritari, la carità troppo debole, la semplice innocente amicizia mal interpretata: più il senso<br />

di frustrazione perché le proprie qualità umane non venivano utilizzate e sviluppate. Molti<br />

Istituti e molte comunità non percepirono “i segni dei tempi”, anche quelli autentici non si<br />

aprirono in tempo alle nuove tendenze. Fintanto che il vecchio sistema non dava alternative, i<br />

membri di dette comunità sopportarono con pazienza e sofferenza. Ma quando la società e<br />

l’ambiente cambiarono, la situazione non poté più essere accettata. Allora cominciarono ad<br />

andarsene. Alcuni sacerdoti religiosi, principalmente nei territori di missione lasciarono la<br />

comunità per unirsi alle diocesi negli stessi territori.<br />

Anche la scelta delle vocazioni era stata lacunosa. La teologia pre-conciliare insegnava che i<br />

segni di una vocazione genuina erano due: primo, le necessarie qualità soprannaturali e<br />

naturali; secondo, il giudizio dei superiori. La crisi ha invece provato oltre ogni ragionevole<br />

dubbio che il segno della vocazione è la personale e libera decisione della persona; presa con<br />

rettitudine di intenzione, è una decisione ben motivata ed illuminata dalle esigenze della<br />

vocazione e del suo sviluppo. Spesso candidati in possesso di tutte le qualità ma senza<br />

coscenziosa rettitudine, motivazione e consapevolezza, venivano incoraggiati a proseguire<br />

proprio a causa delle loro buone qualità; erano i direttori spirituali o i superiori che si<br />

prendevano la responsabilità della decisione. Molto spesso, per molti sacerdoti e religiosi/e che<br />

se ne andarono, il problema non era e non è il perché se ne vanno, ma prima di tutto perché<br />

erano diventati sacerdoti o religiosi in quel particolare Istituto.<br />

La mancanza di preparazione dei formatori: pochi erano coloro che avevano una preparazione<br />

specifica a compiere il compito loro assegnato, così i cambiamenti li trovarono privi di risorse<br />

ed impreparati, essi continuavano a formare nello stesso modo in cui essi stessi erano stati<br />

formati senza nulla cambiare, oppure lasciavano che i candidati decidessero sul come educarsi.<br />

Gli Istituti missionari<br />

Alcuni degli aspetti della crisi sopra descritta non influirono sui membri di alcuni Istituti<br />

Missionari, per esempio la crisi d’identità. Tuttavia anche questa venne messa in discussione<br />

con le seguenti motivazioni:<br />

La tendenza alla “svalutazione” delle realtà sovrannaturali influirono sullo scopo delle attività<br />

missionarie. Per molti missionari l’unico scopo del loro lavoro divenne la promozione umana e<br />

l’attività socio-politica. L’evangelizzazione come promozione integrale fu tralasciata: alcuni<br />

Capitoli Generali di Istituti missionari che si occupano della promozione umana o della<br />

liberazione si dimenticarono della parola “ integrale” o “totale”.<br />

Enfasi sull’ecumenismo, sul dialogo con altre religioni, con l’idea che seguendo la propria religione<br />

la salvezza è assicurata. Il compito di annunciare il Vangelo fu minimizzato anche dove era<br />

possibile annunciarlo. Questa tendenza portò ad una crisi d’identità per alcuni missionari: la<br />

tendenza alla “svalutazione” del messaggio Cristiano ed i suoi contenuti sovrannaturali ne fu in<br />

parte colpevole. Naturalmente la salvezza finale dipende, alla fine, solo da Dio, che può servirsi di<br />

tutte le religioni, ciò nonostante, il compito di annunciare Gesù Cristo è stato dato a noi “ Andate<br />

per il mondo e predicate il Vangelo a tutta l’umanità” (Marco. 16: 15)<br />

La “fine “ degli Istituti missionari: l’enfasi sulle Chiese locali ed il loro impegno missionario, di per<br />

sé una cosa giusta, portò alcune persone a proclamare la fine degli Istituti Missionari. Le Chiese<br />

locali avrebbero preso il posto o il ruolo degli Istituti missionari. Questa tendenza rimase solo una<br />

proposta a dispetto di alcuni lodevoli sforzi di un buon numero di diocesi. E’, comunque, ancora<br />

necessario che gli istituti missionari siano la spina dorsale dell’ impegno missionario.<br />

Non possiamo comunque escludere che alcuni missionari della stessa nazionalità dei<br />

colonizzatori fossero influenzati dalla fine delle colonie; forse pensavano che la Chiesa in quei<br />

paesi non avesse più bisogno dei missionari.<br />

Alcune persone proposero una “Moratoria” cioè, che i missionari lasciassero le chiese locali per<br />

un po’ di tempo e non mandassero altro personale né aiuto materiale alle missioni per forzare<br />

le Chiese locali a diventare autosufficienti. Tale ideologia non è comunque realistica, la<br />

questione è se restare o andarsene per sempre. Se i missionari restano, però, devono<br />

riconsiderare il loro nuovo ruolo all’interno delle Chiese locali.<br />

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