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Agostoni 1 - Storia dell'Istituto fino 1979.pdf

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Era il quarto di sette figli di una famiglia proveniente dal nord industriale della famosa città<br />

polacca di Katowice. Sua madre creò un’atmosfera serena a casa perché insegnava ai suoi figli<br />

la religione e i Dieci Comandamenti. Era una buona protestante e voleva che i suoi figli<br />

crescessero amando Dio e i loro vicini.<br />

Dopo la morte del padre all’età di 40 anni, egli imparò il mestiere del sarto per aiutare la<br />

famiglia economicamente. Venne a sapere che l’istituto delle suore aveva bisogno di un sarto e<br />

quando si presentò fu ben accolto.<br />

A seguito di un incontro provvidenziale con p. F.X: Geyer (in seguito Vicario Apostolico di<br />

Khartoum) egli si rese conto del progetto che Gesù aveva per lui. Mandò, quindi una lettera di<br />

richiesta di ammissione a Verona che fu accettata.<br />

Si sentì male durante il viaggio ma si rimise abbastanza velocemente tanto da avere abbastanza<br />

energia per arrivare a Verona dove lo aspettava un Padre che lo portò alla Casa Madre.<br />

D’allora non vide più la sua famiglia, ma non per questo la dimenticò. Non ne parlava, evitando<br />

così di rinnovare il dolore della separazione. Dopo la sua professione egli avrebbe voluto<br />

recarsi in Africa ma la sua salute cagionevole non lo permise. Soleva descrivere la sua vita con<br />

la semplicità di una colomba:<br />

“Colombella, colombella, sii felice di restare nella tua gabbia. Dopo la morte potrai sorvolare<br />

tutte le missioni.”<br />

La sua gabbia era la sartoria delle nostre case di Verona e Roma. A quei tempi i nostri Fratelli<br />

sarti erano occupati a cucire le tonache bianche e nere per i missionari che indossavano sin dal<br />

loro noviziato.<br />

La sartoria era come un pulpito in una specie di santuario, pieno di serenità, umiltà, bontà e<br />

pace. Per tutti egli era nascosto ma irradiava santità. Avevamo l’impressione che le qualità<br />

naturali di Fr. Guglielmo fossero la sorgente dalle quali esso traeva quella semplicità spirituale<br />

e sensitività che lo rendevano capace di cogliere il senso del divino nelle cose più semplici ed<br />

umili e lo mostrava con una semplicità quasi fanciullesca. Quello che è vero è che egli poté<br />

sopportare le sue croci con l’amore che viene dalla preghiere e l’amore per il volto di Gesù.<br />

L’ attrattiva che egli aveva per la semplicità, la bontà, la gentilezza e la sua inclinazione a vedere la<br />

bontà, la sincerità, l’onestà; il piacere che traeva da tutto ciò che lo distaccava dall’umano, e la sua<br />

capacità di imitare le voci delle creature non può essere ritenuto solo il frutto di una capacità<br />

naturale, ma derivava da una sorgente sovrannaturale, come una partecipazione di quel senso del<br />

divino, che solo quelle anime che sono intimamente unite a Dio possono provare.<br />

Se effettivamente fosse così, ci troveremmo davanti ad uno di quei fenomeni che meriterebbero<br />

uno studio approfondito in quanto essi percorrono quella strada di infanzia spirituale che è un<br />

preludio alla vita in Paradiso.<br />

Anche il modo in cui pregava, l’attrazione che aveva per lui l’Eucarestia facevano parte di quel<br />

dono che troviamo in quelle anime che sono eccezionalmente intime con Dio. Era abbastanza<br />

che si trovasse davanti ad un altare, ad una immaginetta del Bambin Gesù, o del Sacro Volto,<br />

da essere portato alle più tenere effusioni del suo cuore. Era abbastanza parlagli di qualche<br />

rivelazione divina o dei Santi a qualche anima privilegiata che ne rimaneva talmente contento<br />

da esserne trasportato. Viveva nel suo mondo spirituale e ne traeva gioia.<br />

Non dobbiamo credere, però che la sua vita religiosa fosse tutta rose e fiori. Anche Fratel<br />

Guglielmo ebbe le sue tribolazioni, e neanche poche. La sofferenza si poteva vedere sia nel suo<br />

fisico che nella sua inclinazione morale. Conobbe l’amarezza delle lacrime che però ricacciava<br />

indietro per uniformarsi alla volontà di Dio.<br />

Sapeva far buon uso delle sue sofferenze. Sul suo letto di morte disse: “Ho fatto riparazione al<br />

Cuore di Gesù e al suo Santo Volto, e non ho paura di presentarmi davanti al trono di Dio”.<br />

Era specialmente devoto alla Madonna di Cestochova. Per suo tramite egli implorava Gesù che<br />

gli fosse concessa la saggezza dello Spirito Santo per poter giudicare la sua vita ed opere alla<br />

luce di Dio come segno del suo amore. Quello che rimaneva impresso di lui era che diceva<br />

sempre che bisognava essere buoni e sorridere. Sembra che la Madonna ripagò la sua<br />

devozione quando il 12 maggio 1951 lo guidò al cospetto di Gesù.<br />

Fu la morte di un santo, di un testimone silente del Cuore Trafitto di Gesù. Egli è adesso una<br />

luce vivente misteriosa che sparge su di noi l’amore che proviene dalla comunione dei Santi<br />

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