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quel potere regale sui vivi e sui morti che a Lui spettava di diritto. La sensazione che<br />
immediatamente sorge alla lettura del passo in oggetto è quella di trovarsi di fronte a<br />
una sezione del componimento completamente indipendente da quella che la ha<br />
preceduta: l'omelista non si preoccupa in alcun modo, infatti, né di reiterare l'invito ad<br />
avvicinarsi alle Scritture, né di rendere quel che ha affermato in precedenza funzionale al<br />
seguito del sermone. Per quanto l'omiletica insulare non sia infatti immune a uno<br />
sviluppo del ragionare che passi attraverso anche ad apparenti salti logici fra le differenti<br />
argomentazioni, il nesso fra le vicende dell'Incarnazione del Signore (nucleo tematico<br />
che dominerà la sezione di sermone in oggetto) e il richiamo alla lettura del Vangelo è<br />
davvero labile, tanto da fare ipotizzare che l'incipit vero e proprio del sermone sia da fare<br />
coincidere appunto con la formula men þa leofestan, e che quel che la precede sia un<br />
elegante e incisivo preambolo, presumibilmente giustapposto al sermone originale in un<br />
secondo momento. Una ipotesi di questo tipo troverebbe inoltre conferma nella<br />
pressoché totale assenza di tale sezione introduttiva all'interno dei rimanenti testimoni<br />
del sermone vercellese. Per quanto la versione tramandataci all'interno del Vercelli Book<br />
sia quella più antica è infatti altamente improbabile che il preambolo sia stato<br />
deliberatamente eliminato dai restanti componimenti a noi giunti: ben più razionale è<br />
ipotizzare che esso possa essere stato abilmente giustapposto al testo vercellese dal suo<br />
copista.<br />
L'omelista descrive poi nel dettaglio la discesa di Cristo sulla terra e la sua<br />
incarnazione nel ventre di Maria, ricettacolo virtuoso, in quanto illuminato dalla<br />
grandezza dello Spirito Santo, di un immenso tesoro:<br />
“ond in þam halegan breostum he eardode nigon monoð, ond þa ealra fæmnena wuldor cende<br />
þone soðan scyppend ond ealles folces frefrend ond ealles middangeardes hælend ond ealra<br />
gasta nerigend ond eallra sawla helpend, ða se ælmihtega dryhten in þas woruld becwom and<br />
menniscne lichoman onfeng æt sancta Marian. þurh þa byrðran we wæron gehælede, ond<br />
þurh þæt gebiorðor we wurdon alysede, and þurh ða gesamnunge we wæron gefrioðode feonda<br />
gafoles, ond þurh þone tocyme we wæron geweorðode ond gewelgode ond gearode.” 21<br />
Proprio quella Santa Madre e il Figlio che essa porta in grembo hanno, infatti,<br />
costituito per ciascun uomo la più grandiosa ragione di purificazione, libertà e pace.<br />
21 Cfr. Scragg 1992, p. 197.17-25; “E in quel santo ventre Lui dimorò per nove mesi. Ed ancora la<br />
gloria di tutte le vergini portò il vero Creatore e il Consolatore di tutte le genti, e il Salvatore<br />
dell'intero mondo e il Protettore di tutti gli spiriti e Colui che aiuta ogni anima. Poi il Signore<br />
Onnipotente venne in questo mondo e assunse un corpo umano in Santa Maria. Attraverso quella<br />
madre noi fummo guariti, e attraverso quella nascita noi fummo resi liberi, e attraverso quell'unione<br />
noi siamo stati liberati dal tributo del demonio, e attraverso quell'avvento a noi è stato dato un<br />
valore, e [siamo stati] arricchiti e perdonati.”.<br />
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