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Con tale descrizione delle bellezze celesti (ancora una volta interamente giocata<br />

sulle immagini della lettura e dell'ascolto, oltre che sulla sacralità del Regno di Dio) e<br />

con la consapevolezza che ciascun uomo, se lo vorrà, è destinato a poter assaporare il<br />

regno-santuario del Signore, si chiude la lunga e complessa decima omelia vercellese.<br />

Piuttosto nota per il fatto di essere portatrice della più complessa attestazione del<br />

tema dell'ubi sunt, Vercelli X è, fra le omelie vercellesi, forse quella dalla struttura più<br />

complessa e articolata: costruita sulla base di almeno quattro differenti fonti latine, essa è<br />

nella sostanza il risultato dell'attenta rielaborazione di un numero ben più elevato di testi<br />

appartenenti alla tradizione biblica come a quella patristica e omiletica. Se l'intero<br />

blocco centrale del sermone, poi, è direttamente fatto derivare da antecedenti latini, la<br />

sezione iniziale e quella conclusiva sono figlie della sola fantasia dell'anonimo omelista,<br />

un autore in grado di maneggiare la notevole mole di materiale che ha a sua disposizione<br />

con una precisione tale da riuscire a incastonare in maniera precisa i prodromi di<br />

ciascun nucleo tematico all'interno di quello che lo precede o che lo segue. Lo stesso<br />

preambolo, apparentemente così diverso ed eterogeneo rispetto al lungo brano sul<br />

Giudizio Universale, altro forse non è che un'aggiunta a posteriori, eseguita però con la<br />

medesima attenzione alla coerenza interna del testo risultante. Chiunque ne sia l'autore,<br />

infatti, trae spunto direttamente da alcune delle tematiche del sermone e, giocando sulle<br />

immagini della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio, riesce a mettere in risalto un<br />

duplice filo conduttore all'interno del componimento: al tema della caducità delle cose<br />

umane fa, infatti, da controcanto quello altrettanto ricco di argomentazioni della<br />

ricezione del Vangelo.<br />

L'effetto finale è quello di un sermone nel quale rari sono i salti logici e, di<br />

contro, ben congeniati sono i collegamenti fra le differenti sezioni, una coesione<br />

ottenuta anche grazie a una attenta scelta lessicale e a uno stile fatto di parallelismi ed<br />

espliciti richiami terminologici che si rincorrono all'interno del testo: la cura e<br />

l'attenzione dedicate al ritmo del periodo, così come l'esplicita volontà di isolare le<br />

differenti sezioni attraverso l'utilizzo delle formule di apertura e chiusura tipiche del<br />

genere omiletico, segnalano la presenza, alla base di quello che è in tutto e per tutto un<br />

sermone composito, di una precisa e ponderata organizzazione degli argomenti. Questa<br />

pianificazione del succedersi dei nuclei tematici supera il semplice metodo della<br />

giustapposizione degli argomenti, tanto comune nelle omelie composite anglosassoni,<br />

donando al sermone vercellese un livello di complessità notevole, oltre che un pregio<br />

generale che trova il suo punto di massima sostanza in quel motivo dell'ubi sunt figlio<br />

della fusione, anche sincretica, di tante differenti tradizioni.<br />

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