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poi, potrebbe avere in qualche modo influito sul seguente sprone alla Confessione.<br />

Nessuno dei passi biblici citati, però, è in grado singolarmente di rendere ragione del<br />

contenuto del brano vercellese: quest'ultimo, dunque, più che una vera e propria<br />

parafrasi di un qualche passo delle Scritture, appare essere un costrutto del tutto<br />

originale, all'interno del quale l'omelista ha abilmente incastonato due capisaldi del<br />

messaggio di Salvezza. La sua esplicita attribuzione alla viva voce del Redentore, infine,<br />

richiama in maniera evidente l'attenzione su di esso, attribuendogli così una sacralità del<br />

tutto funzionale alla pregnanza del messaggio in esso contenuto.<br />

La grande beatitudine e il premio che vengono promessi da Cristo superano di<br />

gran lunga qualunque bellezza che l'uomo può concepire durante la sua esistenza<br />

mortale: al posto del terreno, infatti, Egli promette il celeste, il transitorio e l'incostante<br />

saranno ripagati con l'eterno e il permanere immutato, la vita malvagia e miserabile<br />

lascerà il posto a una esistenza preziosa e benedetta. Beati saranno dunque coloro i quali<br />

terranno a mente le bellezze di queste regno, e di contro miserabili quelli che le<br />

rifiuteranno.<br />

Proprio a coloro i quali ciecamente compiranno questo rifiuto, l'omelista, ancora<br />

una volta per bocca di Cristo, dedica un ultimo severo pensiero:<br />

“Hwæt hylpeð þam men aht, þeah þe he ealne middangeard on his anes æht eal gestryne, gif<br />

eft þæt dioful genimeð þa sawle? Ne him no þe bet ne bið, þeah he her on life lifige þusend<br />

wintra, gif he æfter his deaþe bið læded on helle ond þær on witum wunaþ a butan ende” 138<br />

Degno di nota è come, nelle dure parole affidate alla viva voce del Signore,<br />

l'anonimo omelista anglosassone faccia significativamente risuonare quelle pronunciate<br />

da Cristo ai discepoli quando, invitandoli a seguirLo, descrive quali saranno le<br />

condizioni e le conseguenze di quell'atto di sottomissione alla volontà di Dio:<br />

“Tunc Jusus dixit discipulis suis: Si qui vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat<br />

crucem suam, et sequatur me. Qui enim voluerit animam suam salvam facere, perdet eam;<br />

qui autem perdiderit animam suam propter me, inveniet eam. Quid enim prodest homini si<br />

mundum universum lucretur animæ vero suæ detrimentum patiatur? Aut quam dabit homo<br />

commutationem pro anima sua? Filius enim hominis venturus est in gloria Patris sui cum<br />

angelis suis; et tunc reddet unicuique secundum opera ejus. Amen dico vobis, sunt quidam de<br />

hic stantibus qui non gustabunt mortem, donec videant Filium hominis venientem in regno<br />

suo” (Matth. XVI, 24-28)<br />

possimus et ipsi consolari eos qui in omni pressura sunt, per exhortationem qua exhortamur et ipsi a Deo;<br />

quoniam sicut abundant passiones Christi in nobis, ita est per Christum abundat consolatio nostra.” (II<br />

Cor. I, 3-5).<br />

138 Cfr. Scragg 1992, p. 212.258-262; “A che cosa giova la proprietà all'uomo, se anche egli avesse<br />

interamente acquisito come sua proprietà il mondo intero, se poi il diavolo gli porta via l'anima?<br />

Non sarà (sarebbe) cosa migliore per lui, per quanto potesse vivere in questa vita mille inverni, se lui<br />

dopo questa vita verrà condotto all'inferno e lì dimorerà nei tormenti per sempre senza fine.”.<br />

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