View/Open - AperTo
View/Open - AperTo
View/Open - AperTo
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Ben più probabile è che la chiusa dell'ubi sunt vercellese sia invece il risultato di<br />
una spontanea rilettura della fonte, una sorta di arguta similitudine conclusiva giocata<br />
su di una doppia immagine, quella della pioggia che irriga e del sole che repentinamente<br />
asciuga, della quale l'omelista già si era servito per dare forza allo strale di Cristo al<br />
ricco, e con la quale il passo in oggetto doveva andare a creare, forse, l'ennesimo<br />
parallelismo di questo complesso sermone 131 .<br />
Pur non distaccandosi mai eccessivamente da quanto veniva narrato nella sua<br />
fonte di riferimento, l'omelista vercellese cesella una versione del tutto unica del motivo<br />
dell'ubi sunt. Il gusto per l'espansione e per l'accumulo sinonimico, da un lato, e<br />
dall'altro per alcune figure retoriche di suono e di significato (su tutte allitterazione,<br />
assonanza e paranomasia), contribuiscono infatti a creare un testo capace di unire in<br />
maniera inscindibile un tono spiccatamente moraleggiante a uno più prettamente lirico:<br />
l'anonimo omelista, infatti, rilegge e rielabora lo stile secco e sintetico di Isidoro di<br />
Siviglia rendendolo così portatore di quel forte impatto uditivo e mnemonico tanto caro<br />
al genere omiletico anglosassone. L'autore di Vercelli X, però, non si limita a intervenire<br />
in maniera puntuale ed estensiva sul dato prettamente stilistico, ma riadatta<br />
profondamente secondo una rilettura escatologica un passo che, in origine, escatologico<br />
non è: l'ubi sunt isidoriano, infatti, interpreta la rovina delle cose umane in chiave di una<br />
evidente immanenza, tanto che la felicità terrena non è minacciata dall'avvicinarsi della<br />
morte, quanto piuttosto minata dall'invidia degli altri uomini. Lo spostamento delle<br />
tematiche isidoriane verso una lettura escatologica è suggellato da quell'unico<br />
riferimento alla morte amara (se bitera deaþ), un elemento che nel testo di Isidoro non<br />
compariva e che, di contro, nel ragionare dell'omelista anglosassone indica in maniera<br />
incontrovertibile quel punto di svolta in funzione del quale le cose umane perdono di<br />
ogni significato: proprio in virtù della loro fugacità, le gioie terrene, se confrontate con<br />
il terrificante momento nel quale l'anima si staccherà dal corpo o con il severo Giudizio<br />
di Dio, appariranno ancora più insignificanti. Quello che l'anonimo autore vercellese<br />
131 Una seconda ipotesi in merito a tale passo è argomentata, in maniera molto dettagliata, da Di<br />
Sciacca: una chiave di lettura delle diverse versioni della similitudine fra lo svanire della ricchezza e<br />
quello dell'acqua potrebbe essere riscontrata nella rappresentazione triadica che il medioevo dava al<br />
ciclo dell'acqua (pioggia, nuvola e, appunto, ruscello o fiume). Fra gli autori medievali che si sono<br />
occupati di tale argomento piuttosto significativa per l'ambito anglosassone è la presenza di Isidoro<br />
di Siviglia (che al ciclo dell'acqua dedica due capitoli del suo De Rerum Natura), Beda il Venerabile<br />
(il quale si occupa del medesimo argomento in due sezioni di un omonimo trattato), e, in epoca più<br />
tarda, Ælfric (che vi dedica spazio nel corso del suo De Temporibus Anni): le due attestazioni della<br />
figura dell'acqua come nuvole e come ruscello in Blickling V potrebbero dunque essere ricondotte a<br />
due dei tre stadi del ciclo dell'acqua, una triade della quale Vercelli X diverrebbe il naturale<br />
completamento, secondo una lettura dei due testi anglosassoni che dovrebbe condurre a interpretare<br />
Blickling V e Vercelli X come un gioco erudito sul tema del ciclo dell'acqua. Cfr. Di Sciacca 2003,<br />
pp. 252-254 e Di Sciacca 2008, pp. 132-134.<br />
360