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e disperazione:<br />
“ond þam bið wa æfre geworht þe secgan can ond nele, for ðam men sculon þurh ða<br />
godcundan lare becuman to life” 16<br />
L'unica via per accedere a quella che è la vera vita è dunque quella di avvicinarsi<br />
alla Parola di Dio.<br />
Dal punto di vista prettamente stilistico, infine, la pericope iniziale spicca per un<br />
cospicuo utilizzo di verbi strettamente connessi sia ai campi semantici della lettura e<br />
dell'ascolto, sia a quelli della parola e dell'udire. Come fatto puntualmente notare da<br />
Samantha Zacher, un uso così capillare di voci verbali di questo genere è sintomo certo<br />
di una ben studiata e volontaria densità sintattica, finalizzata ad aumentare l'impatto<br />
uditivo di tale breve passo introduttivo, oltre che a sottolineare l'importanza che la<br />
lettura e l'ascolto attento hanno nella vita di ogni buon fedele: la notevole portata<br />
immaginifica di tale pericope, poi, viene ulteriormente amplificata sia dalla reiterazione<br />
di sylf in congiunzione con i termini indicanti Cristo e gli insegnamenti da Lui donatici,<br />
sia dal duplice riferimento alla Sua santa bocca 17 .<br />
Il contenuto della pericope iniziale dell'omelia vercellese sembra riecheggiare<br />
piuttosto apertamente in un passo dell'omelia pseudo-wulfstaniana Napier XLIV:<br />
“Hiom weorþ swa, swa swa þære bocere sawle biþ, þe nellaþ godspel sæcgan Godes folce for<br />
hiora gemeleaste ond for weoruldgalnesse. For þon þe Crist selfa cwæþ: 'Þeah mann anum<br />
men godspyl secge, þonne bio ic an hiora midle'. Ond þæm biþ þe þæt godspel sagaþ forgefen<br />
hund synny, ond þam fiftig þe hit for Godes naman lustlice gehereþ, ond þam biþ wa æfre<br />
geborenum þe hit secgan can ond ne wile, for þan men sculan þurh þa godspellican lare<br />
becuman to liues wige.” 18<br />
16 Cfr. Scragg 1992, p. 196.6-8; “e dolore sarà per sempre per colui il quale sa come parlare e non lo<br />
farà, dato che l'uomo deve entrare nella vita attraverso questi insegnamenti religiosi.”.<br />
17 Zacher 2004, pp. 60-62.<br />
18 Cfr. Napier 1883, p. 219.12-21; “A lui accadrà allo stesso modo che all'anima di quel dotto che non<br />
voglia recitare il Vangelo al popolo di Dio per la sua negligenza e per il desiderio di piaceri mondani.<br />
Perciò Cristo stesso disse: 'Se anche un singolo uomo recita il Vangelo a un [altro] uomo, allora Io<br />
sarò in mezzo a loro'. E a questo che recita il Vangelo saranno perdonati cento peccati, e cinquanta<br />
sono perdonati a colui che nel Nome del Signore lo ha ascoltato con zelo, e misero eternamente è<br />
quel nato [uomo] che ciò poteva sentire e non ha voluto nel tempo presente, dato che l'uomo può<br />
attraverso gli insegnamenti arrivare alla via della vita?”. Come fatto puntualmente notare da Scragg,<br />
poi, una versione fortemente interpolata del passo pseudo wulfstaniano è riscontrabile all'interno<br />
della variante di Vercelli IX contenuta nel ms. Hatton 115 (L): “Eala, wa þæm þe cunnon godspel<br />
secgean ond Godes folc læran ond ne willaþ for heora gemelæste. Þæm bið wa æfre geborenum þe hit ne<br />
wille mid inneweardre heortan geheran ond healdan.” (Oh, miseri coloro i quali potevano recitare il<br />
Vangelo e istruire il popolo di Dio e non hanno voluto per la loro negligenza. Miseri eternamente<br />
quei nati che questo non hanno voluto ascoltare con cuore più profondo e accogliere.); Scragg 1992,<br />
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