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e che proprio in virtù di tale ascendenza biblica verrà detta del quid profuit 122 .<br />

Il motivo del quid profuit, nucleo argomentativo che in ambito latino sembra<br />

correre su di un binario parallelo rispetto a quello dell'ubi sunt, è quindi portatore di un<br />

messaggio in grado di ampliare la portata del richiamo alla cura dell'eterno piuttosto che<br />

del terreno: nel suo fare riferimento insieme all'astratto e al concreto, elementi che<br />

riescono a completarsi e a compenetrarsi in maniera inscindibile, il passo del Vescovo di<br />

Arles riesce a incarnare bene il gusto sincretico dell'ubi sunt medievale 123 .<br />

Se il connubio fra concreto e astratto riscontrabile nel passo vercellese può<br />

122 Il passo biblico al quale il motivo di ascendenza cesariana deve la sua denominazione è, ancora una<br />

volta, tramandatoci all'interno del Libro di Sapienza: “Quid nobis profuit superbiam, aut divitiarum<br />

iactatio contulit nobis, transierunt omnia illa tamquam umbra, et tamquam nuntius percurrens” (Sap.<br />

V, 8-9).<br />

123 Peculiare è, poi, il caso della già citata omelia Irvine VII, componimento nel quale il motivo dell'ubi<br />

sunt assume una struttura perfettamente bifronte: a una prima attestazione del tema, tratta piuttosto<br />

fedelmente dal Sermo de Elemosinis, segue nella seconda metà del sermone una versione di evidente<br />

ispirazione isidoriana, contenente una variante della versione vercellese del motivo dell'ubi sunt. Se,<br />

come detto, la seconda parte della sezione contenente l'ubi sunt differisce ben poco dalla versione<br />

vercellese, di un certo interesse è l'opera di rielaborazione messa in atto dall'anonimo autore<br />

dell'omelia Irvine, il quale, pur rimanendo fedele ai nuclei tematici della fonte latina, ne sintetizza i<br />

contenuti e opta per una resa piuttosto peculiare dell'espressione latina ubi sunt, da lui tradotta con<br />

la formula hwær beoð bicumene: “Ic eow bidde, leofe men, þæt swa ofte swa ge faren bi ricre monnæ<br />

burines þæt ge sceawiæn and asmegen hwær heoræ wælan beoð bicumene, and heore gold, and heore<br />

þegenscypæs, and heore worldprude þære ydelnesse. Hwi nite ge þæt all þæt tofaræð and toglit swa swa<br />

monnes sceadu dæþ, and heore worldþrym swa rice gedwæscte, and gedwan, and aidlode, and afulode?<br />

[...] For þam nis þissere weorlde wlihte noht, ne þisses middaneardes fegernes, ac he is hwilwendlic, and<br />

feallendlic, and brosnodlic, and drosendlic, and brocenlic, and yfellic, and forwordenlic. Swa swa ricu<br />

beoð her on worlde. Hwær beoð þa ealdormen þe boden setten? Hwær is domeræ domsetl? Hwær beoð<br />

heoræ ofermedo, buton mid molde beþehat, and on wlite wræcen? Wa byð weorldscryftum buton heo mid<br />

rihte ræden and tæcæn. Swa bið eac þam læwæde monnum buton heo heore scriffte lusten and hæren, and<br />

þa halige lare healden. Hwær com middaneardes gestreon? Hwær com weorlde welen? Hwær com folce<br />

fegernes? Hwær comen þa men þe geornlucost eahte tyloden, and oþrum ofte yrfe læfden? Swylc bið þeo<br />

oferlufe eorþlice gestreonæ. Efne heo smeke ilic, oððe rænæs scuræ, þonne heo of heofenne swiðost reosæð,<br />

and raþe eft toglidene wurðæþ, and cymð þænne fæger weder and brihte sunnæ.”; cfr. Irvine 1993, pp.<br />

201.125-202.137 (Io vi prego, miei cari uomini, affinché ogni qual volta voi passiate accanto alla<br />

tomba di un ricco uomo voi consideriate e riflettiate su dove è andata la loro ricchezza, e il loro oro,<br />

e la loro nobiltà e la vanità del loro lusso mondano. Perché non sai che la morte disperde e<br />

distrugge tutto questo come [fosse] l'ombra di un uomo, e la loro gloria umana è così<br />

inesorabilmente estinta, umiliata e resa inutile e spregevole? [...] Perciò non è nulla la gloria di<br />

questo mondo, né la bellezza di questa terra, ma essa è finita, e caduca, e decadente, e debole, e<br />

fragile, e corrotta. Allo stesso modo sono i potenti qui sulla terra. Dove sono i potenti imperatori, e<br />

i re, che in passato noi abbiamo conosciuto? Dove sono i nobili che hanno stabilito le ordinanze?<br />

Dove è il tribunale dei giudici? Dove è la loro arroganza, se non ricoperta con la polvere, e<br />

nell'aspetto di tormento? Miseri i giudici terreni se essi con rettitudine non giudicheranno e<br />

prescriveranno. Così anche gli uomini laici, salvo che essi non ascoltino e amino i loro confessori e<br />

non osservino i santi insegnamenti. Dove è andata la ricchezza terrena? Dove è andata la prosperità<br />

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