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Con un brusco ed esplicito richiamo a seguire l'esempio di virtù dato da Cristo<br />

in terra, così come esso è contenuto nelle Scritture, si apre la decima omelia del Vercelli<br />

Book.<br />

Dal punto di vista stilistico, quel che subito colpisce è l'assenza della formula<br />

introduttiva di richiamo ai fedeli (men þa leofestan), elemento al quale il regolare e<br />

ritmato incedere dell'omiletica anglosassone ha reso avvezzi i suoi critici: dove ci<br />

attenderemmo tale formula invece, così come già era avvenuto in numerose occasioni<br />

all'interno di Vercelli VIII, l'anonimo compositore inserisce un esplicito riferimento a dei<br />

santi libri sul Vangelo, forse commentari biblici, dai quali i fedeli devono trarre spunto e<br />

ispirazione. Diversamente da quanto era stato per l'ottava omelia vercellese, dunque,<br />

l'anonimo predicatore fornisce al lettore moderno un'informazione in più a riguardo dei<br />

misteriosi volumi ai quali fa riferimento, un dato che, se da un lato non riesce a risolvere<br />

il quesito su quali possano essere le opere alle quali egli ripetutamente si richiama,<br />

d'altra parte non può che confermare la diffusione e il successo in ambito monastico di<br />

tutta una messe di testi esegetici e di commentari inerenti il Vecchio e il Nuovo<br />

Testamento, spesso anonimi, la cui gran parte è andata perduta nel corso dei secoli 14 .<br />

Al richiamo alla lettura e all'ascolto delle Scritture, quasi al fine di rendere<br />

serrato il ritmo del componimento già dal suo esordio, l'omelista accosta poi la parafrasi<br />

di un singolo versetto del Vangelo di Matteo 15 : l'anonimo compositore, scegliendo di<br />

affidarsi da subito allo schietto dato scritturale, da una parte ribadisce immediatamente<br />

quello che sarà lo spiccato tono dottrinale del suo ragionare, e dall'altra suggella l'invito<br />

ad ascoltare e a cogliere il messaggio di Salvezza contenuto nei Vangeli.<br />

Come abbiamo visto, l'omelista immediatamente incalza i fedeli, affermando<br />

come certamente i peccati saranno perdonati, non solo a colui il quale recita con<br />

attenzione le Scritture, ma anche a tutti quelli che lo ascolteranno gioiosi nel nome del<br />

Signore: diverso destino attenderà coloro i quali, pur potendo ascoltarlo e recitarlo, si<br />

asterranno dal farlo. Questi ultimi, infatti, saranno attesi da una eternità fatta di dolore<br />

Onnipotente, che Lui attraverso il Suo santo potere ha fatto Se stesso esempio ed esortazione per<br />

l'uomo. E Lui stesso disse con la Sua bocca santa: “Se un uomo recita il Vangelo a un uomo, allora<br />

io sarò lì nel mezzo. E i peccati saranno perdonati a colui il quale dice e recita il Vangelo, e [i<br />

peccati saranno perdonati] a colui il quale lo ascolta gioiosamente nel Nome del Signore.”.<br />

14 Altrettanto notevole e di pari impatto sugli equilibri interni a tale incipit, è certamente la triplice<br />

reiterazione del termine halig nel giro di poco più di un singolo periodo: la struttura triadica che si<br />

viene a creare mette immediatamente in risalto l'importanza e la sacralità della Parola, un dato che,<br />

come vedremo sarà pregnante all'interno dell'intera omelia, e che deve dunque essere da subito ben<br />

chiaro nelle menti dei fedeli. L'impatto mnemonico di tale incipit su chi ascolta viene ulteriormente<br />

amplificato sia dalla reiterazione di sylf in congiunzione con i termini indicanti Cristo e gli<br />

insegnamenti da Lui donatici, sia dal duplice riferimento alla Sua Santa bocca, dati certi di una<br />

sacralità innegabile delle Scritture.<br />

15 “Ubi enim sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum.” (Matth. XVIII, 20).<br />

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