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commendaverunt multum, plus petent ab eo.” (Luc. XII, 47-48)<br />

“Exiguo enim conceditur misericordia; potentes autem potenter tormenta patientur.” (Sap.<br />

VI, 7)<br />

Così come aveva fatto per la composizione di gran parte dei primi due grandi<br />

nuclei tematici, l'anonimo omelista vercellese trae tematiche e immagini da una fonte<br />

latina, ancora una volta attribuita a una grande figura della cristianità: in questo caso la<br />

scelta dell'omelista anglosassone cade su una delle figure più influenti all'interno<br />

dell'ambito monastico insulare, Isidoro di Siviglia. Il brano dal forte carattere parenetico<br />

che l'autore di Vercelli X sceglie di incastonare (accuratamente tradotto e rielaborato)<br />

all'interno del suo componimento non è però tratto dal corpo delle opere maggiori del<br />

Vescovo di Siviglia, ma da una delle sue opere minori, i Synonima 92 .<br />

Isidoro, trovandosi a trattare delle ricchezze e dei beni distribuiti dal Signore, in<br />

questo modo si esprime in merito alla riconoscenza e al sacrificio che a ciascun uomo<br />

saranno da Dio richiesti:<br />

“Qui minor est, veniæ proximus est. Potentes autem potenter tormenta patientur. Judicium<br />

enim durissimum in iis qui præsunt fiet. Cui multum datur, multum ab eo quæritur; cui<br />

plus ab eo exigitur” (PL 83, col. 865)<br />

Il confronto del passo vercellese con il testo del sermone latino evidenzia come,<br />

seppure evidentemente influenzato dal contenuto del brano dei Synonima, l'anonimo<br />

autore anglosassone non rinunci a rielaborare e a rileggerne forme e incedere: se, infatti,<br />

il piglio dottrinale delle parole del Vescovo di Siviglia era interamente strutturato<br />

sull'esplicita e incisiva citazione di due versetti biblici, la sua resa in lingua inglese antica<br />

si costruisce sul doppio binario della traduzione letterale (nel caso del passo tratto dal<br />

Vangelo di Luca) e della libera parafrasi (per quanto concerne la massima tratta dal Libro<br />

di Sapienza) 93 , con un effetto chiastico rispetto a quello che era l'ordine originario dei<br />

92 I Synonima De Lamentatione Animæ Peccatricis, opera composta intorno al 610 e come detto<br />

generalmente classificata nel novero di quelle minori del santo Vescovo di Siviglia, sono stati editi<br />

per la prima volta in Arevalo 1797-1803, VI, pp. 472-523 e successivamente ripubblicati in PL 83,<br />

coll. 825-868. Per una indagine maggiormente approfondita sullo stile, i contenuti e le possibili fonti<br />

che sono alla base di tale opera si vedano Fontaine 1960, pp. 65-101 e Fontaine 1965, pp. 163-194;<br />

in merito alla diffusione di tale opera nell'Inghilterra anglosassone di veda Di Sciacca 2001, pp. 235-<br />

257.<br />

93 Un ulteriore particolarità della resa inglese antica del testo latino è la totale assenza di richiami<br />

all'ascendenza biblica delle due massime di comportamento veicolate dalle parole dell'omelista,<br />

sintomo forse di un mancata presa di coscienza da parte dell'autore della loro origine scritturale;<br />

sempre in merito a tale coppia di passi biblici, va messo in rilievo come l'edizione del passo<br />

isidoriano contenuta nella Patrologia Latina presenti una loro errata attribuzione: nel testo ivi<br />

pubblicato, infatti, viene ascritta a Luca l'espressione “judicium enim durissimum in iis qui præsunt”<br />

(e non, come sarebbe corretto, quella che segue), mentre al Libro di Sapienza è ricondotto,<br />

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