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Un ammonimento sulla caducità dei beni terreni<br />

Il forte e reiterato richiamo alla carità cristiana contenuto nelle parole di Cristo<br />

sembra non lasciare all'uomo alcuna possibilità di discussione o di ribellione: il dovere<br />

di ciascuno sarà semplicemente quello di seguire quanto predicato dal Redentore, e da<br />

Egli sarà per questo motivo premiato alla Fine dei Tempi.<br />

L'anonimo omelista, forse spinto dalla centralità di tale messaggio dedica nuovo<br />

spazio alla stringente necessità di ricambiare in terra la benevolenza dimostrataci dal<br />

Signore:<br />

“Hwæt, we nu magon be þysan ongitan ond oncnawan þæt se ælmihtiga God nele þæt his<br />

gifena man þanc nyte. Ne ðurfon we þæs wenan þæt he us nelle þara leana gemanigan þe he<br />

us her on eorðan to gode forgifeð. Emne swa he us mærlycor gifeð, swa we him mærlycor<br />

þancian sculon, a swa þrymlycor ar swa mare eadmodnes. þam þe dryhten mycel to forlæteð,<br />

myceles he hine eac eft manað. þam þe he micel syleð, mycel he to þam seceð.” 91<br />

La contemporanea presenza di un invito a prestare ascolto alle sue parole (hwæt)<br />

e di una altrettanto decisa richiesta di riflettere sulla transitorietà dei beni terreni,<br />

sembra segnalare, non solo in maniera univoca l'inizio di una nuova sezione del<br />

componimento, ma anche un forte e volontario stacco rispetto a tutto quel che precede<br />

tale sezione, andando a configurare, così come in precedenza era stato per il breve passo<br />

in versi, la presenza di una sorta di omelia nell'omelia. L'anonimo predicatore, però,<br />

non si allontana da quello che è stato il filo conduttore dell'intero suo componimento e,<br />

proprio in funzione di quanto più volte affermato in precedenza, torna a invitare i fedeli<br />

a ripagare il Signore per quello che Egli concede a ciascuno. Non è infatti pensabile che<br />

Egli non chieda conto con giustizia dell'uso fatto dei beni da Lui affidatici: esiste infatti<br />

una misura fra quanto Dio concede e quanto, di contro, Egli chiede in cambio, un<br />

metro di comparazione che ciascun uomo deve accettare.<br />

In quella che appare essere quasi una massima a carattere gnomico è possibile<br />

rintracciare l'eco di una coppia di versetti biblici, il primo tratto dal Nuovo Testamento,<br />

e il secondo di chiara ascendenza veterotestamentaria:<br />

“Ille autem servus, qui cognovit voluntatem domini sui, et non præparavit, et non fecit<br />

secundum voluntatem ejus, vapulabit multis; qui autem non cognovit, et fecit digna plagis,<br />

vapulabit paucis. Omni autem cui multum datum est, multum quæretur ab eo; et cui<br />

91 Cfr. Scragg 1992, p. 208.200-206; “Ascoltate, adesso possiamo considerare e capire da questo che<br />

Dio onnipotente non desidera che l'uomo non conosca la gratitudine per i Suoi doni. Noi non<br />

dobbiamo aspettarci questo, che Egli non voglia chiedere conto a noi di quei premi che Egli ci ha<br />

dato qui sulla terra per il nostro bene. Quanto più generosamente Egli ci dona, tanto più<br />

calorosamente dobbiamo noi rendere grazie a Lui, quanto più glorioso l'onore, tanto più grande<br />

sempre l'umiltà. Colui con il quale il Signore sarà stato più indulgente, maggiormente Egli<br />

ammonirà. Da colui al quale Egli concede di più, maggiormente Egli [da questo] pretende.”.<br />

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