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Al contrario dei poveri e degli umili, il ricco peccatore, non avendo più il<br />

Signore al suo fianco, sarà inevitabilmente perduto, in questa vita come in quella che<br />

verrà dopo la morte. Il suo destino sarà, infatti, quello di lasciare presto le sue spoglie<br />

terrene, e di scontare così la colpa di non avere mai seriamente pensato al bene della<br />

propria anima:<br />

“þonne þu, welega, ne þu þinne dryhten lufast, ne ðu him miltse æt hafast, ne ðu, yrming, ne<br />

most lifian naht lange. Hwæt, wendest ðu, wlanca, gif ðu me sealde þines awiht þæt þe þonne<br />

wære þin woruldgestreon a gelytlod? Eala, þæt ðu lyt hogodest ymb þone ende þines lifes. To<br />

dol ðu wære, þa ðu wendest ðæt þinra feohgestreona ende ne wurde. Ic wat, hwæðre, þæt þin<br />

lif bið geendod þonne ðu his ne wenst. þu, welega, to hwan getruwedest ðu in þine wlenceo<br />

ond in þine oferflownessa þinra goda, ond na on me þe hit þe eal forgeaf þæt ðu on wære?” 83<br />

Come in un frenetico crescendo, le parole di Cristo raggiungono quello che è<br />

probabilmente il loro climax in una nuova stringente domanda, che ha il tono della<br />

peggiore delle accuse: il Redentore chiede al suo interlocutore perché si sia dimenticato<br />

di quanto da Lui fatto in suo favore, dimostrando così di preferire le ricchezze alla Sua<br />

Parola e compiendo, in questo modo, un vero e proprio tradimento nei confronti del<br />

suo Creatore. Significativamente, poi, tale feroce accusa viene quasi suggellata<br />

dall'ultima attestazione dell'espressione to hwan dell'intero strale. Ancora una volta,<br />

dunque, tale espressione cadenza il discorso, segnalando all'interno di esso immagini e<br />

concetti di grande pregnanza, e, nello stesso tempo richiama alla memoria quel reiterato<br />

uso della duplice formula to hwan e for hwan con la quale si apriva il discorso di Cristo al<br />

ricco avaro: questo evidente parallelismo terminologico sembra quasi racchiudere il<br />

nucleo dottrinale maggiormente significativo del passo vercellese, identificandolo non<br />

solo come brano stilisticamente 84 e contenutisticamente coeso, ma nel contempo anche<br />

[fare] con il Loro Signore.”. In merito al passo sulla beatitudine che attenderà i poveri, Samantha<br />

Zacher ha osservato come le parole di Cristo si configurino come un tricolon abundans, costrutto<br />

retorico che prevede la presenza di una serie di tre periodi su di un medesimo argomento, l'ultimo<br />

dei quali è il più esteso e complesso: questo espediente argomentativo, che ritornerà anche in<br />

seguito all'interno di Vercelli X, è, come vedremo, assente nella fonte latina, e deve dunque essere<br />

ascritto alla fantasia e all'abilità dell'omelista anglosassone. Cfr. Zacher 2004, p. 63.<br />

83 Cfr. Scragg 1992, p. 207.181-189; “Così, tu, oh ricco, non hai amato il tuo Signore, né avrai pietà<br />

da Lui, né potrai, povero miserabile, vivere a lungo. Dunque, immaginavi forse, oh essere<br />

orgoglioso, che se tu avessi dato a Me qualcosa di tuo, i tuoi tesori terreni sarebbero poi sempre<br />

diminuiti? Oh, così poco tu hai riflettuto sulla fine della tua vita. Tu sei stato troppo presuntuoso<br />

quando hai creduto che le tue ricchezze non avessero una fine; Io so comunque che la tua vita finirà<br />

quando tu non ne avrai coscienza. Tu, oh ricco, perché hai creduto nel tuo orgoglio e nella<br />

superfluità dei tuoi beni, e non in Me che ho dimenticato tutto quello che sei stato?”.<br />

84 Dal punto di vista stilistico, Samantha Zacher mette in risalto come l'intero passo venga arricchito e<br />

impreziosito dall'uso di espedienti retorici che lo rendono, a una analisi più attenta, del tutto<br />

peculiare e distinto rispetto ai brani di prosa omiletica che lo circondano: fra questi notevole è<br />

l'utilizzo della rima (e.g. groweð ond bloweð), della paranomasia (renas e onhrinað nel duplice senso di<br />

piovere e di bagnare) o la ripetizione di suoni (oppure di differenti uscite verbali). Notevole, ancora<br />

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