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“Et respondens rex, dicet illis: Amen dico vobis, quamdiu fecistis uni ex his fratribus meis<br />

minimis, mihi fecistis.” (Matth. XXV, 40)<br />

Ancora una volta, nel contenuto del passo vercellese si trovano echi evidenti delle<br />

forme e delle immagini descritte nel De Misericordia:<br />

“Erogandi quod habes tibi dedit, tu si feceris multiplicaberis. Quod si neglexerit dare, auferet<br />

ea quæ donaverit tibi et egenus remanebis. Non opto sed ut caueas moneo. Ipse te diuitem<br />

fecit, redde ille quod suum est. Homini reddis de terra non sua, Deo uel centesimas; presta in<br />

pauperibus quia quod das Dominus se dicit accipere, quia dicet in Evangelio: 'Qui dederit<br />

uni ex minimis istis mihi dedit'.” 75<br />

Seppure evidentemente rielaborato, il passo latino è ancora riconoscibile nei<br />

contenuti, oltre che nel tono e nell'impostazione, che caratterizzano il brano vercellese:<br />

le tematiche del De Misericordia costituiscono, infatti, la vera e propria ossatura di<br />

quanto sostenuto dall'omelista anglosassone, che dal sermone latino sembra trarre non<br />

solo gran parte del materiale argomentativo, ma anche appigli certi in chiave dottrinale.<br />

Dal punto di vista stilistico, poi, la reiterazione della formula to hwan, abilmente<br />

alternata con l'espressione for hwan, permette all'omelista vercellese di cadenzare in<br />

maniera evidente l'incedere delle parole del Salvatore, segnalando così, anche dal punto<br />

di vista uditivo, i momenti maggiormente significativi dello strale. Se confrontata con<br />

quella latina, poi, la struttura sintattica del brano vercellese, così solidamente strutturata<br />

sulla reiterazione della duplice espressione for hwan e to hwan, sembra ricalcare, seppure<br />

piuttosto liberamente, la parallela ripetizione del costrutto quid+ pronome personale che<br />

punteggia il passo latino.<br />

La citazione delle Scritture, ancora una volta funzionale a mettere in risalto la<br />

pessima condotta dell'avido uomo, qui diviene lo spartiacque fra l'atto di accusa rivolto<br />

dal Signore al peccatore e la lunga e articolata spiegazione di quella che sarà la sua<br />

condanna: visto che egli è stato così irriconoscente verso il suo Creatore, e non ha in<br />

alcun modo tenuto a mente quale potesse essere il migliore utilizzo di quel che aveva<br />

ricevuto in dono, Cristo lo priverà di tutti i beni che a lui erano stati concessi. Tutto<br />

75 Cfr. Cross 1990, pp. 431 e 434. La versione del sermone latino pubblicata all'interno della<br />

Patrologia Latina, nella sostanza piuttosto lontana per forma e contenuti dal De Misericordia, dopo<br />

la formula redde ille quod suum est (che chiude una delle poche sezioni di testo simili alla variante del<br />

sermone dei mss. Salisbury 9 e Salisbury 179), così recita: “Ipse se dicit accipere quod pauperibus<br />

datur, sibi collatum clamat quod in corde pauperibus fuit seminatum.”. Tale espressione, secondo<br />

quanto sostenuto da Scragg, potrebbe essere alla base di quella forma “Do ælmyssan under þæs<br />

þearfan sceat se cliopað to me ond ic hine symle gehyre ond mine miltse ofer þone sende”, attribuita a<br />

Salomone e, come abbiamo potuto osservare, di difficile attribuzione a un preciso passo della<br />

Bibbia. Cfr. Scragg 1992, p. 204.<br />

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