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contro, le Scritture (almeno quelle canoniche) non sono ricche di dettagli: seppure non
ci sia dato sapere come e in che misura la circolazione degli apocrifi attribuiti a Giacomo
possano avere influenzato la scelta dell'omelista, una possibile soluzione della questione
potrebbe essere ricercata proprio nella sezione iniziale del sermone pseudo-agostiniano
che egli utilizza come testo di ispirazione. Se da un lato l'anonimo predicatore sembra,
infatti, non cogliere quasi per nulla le suggestioni evocate dalla prima parte del De
Misericordia 60 , d'altra parte la sua immaginazione potrebbe forse essere stata colpita dal
duplice riferimento a un versetto della Lettera di Giacomo (Jac. II,13) 61 con il quale si
apre il sermone latino che egli ha di fronte 62 : tale doppia citazione pone la figura
dell'Apostolo in una posizione di sicuro rilievo, un dato che potrebbe avere spinto
l'anonimo omelista ad attribuire proprio a quest'ultimo la paternità dell'episodio in
oggetto.
Diversamente da quanto richiederebbe lo spirito di carità cristiana, il ricco uomo,
però, non ha mai dimostrato la volontà di mettere a parte della sua ricchezza coloro i
quali vivevano nella povertà, dimostrandosi così miseramente ingrato verso le fortune
che Dio aveva a lui riservate. Proprio contro questa deprecabile condotta del ricco
irriconoscente si scaglia il Redentore, con uno strale che già dal suo esordio lascia
trasparire un tono di profonda e accesa accusa:
“Ne gemundest ðu na Salomones cwiðe þe he cwæð: Do ælmyssan under þæs þearfan sceat se
cliopað to me ond ic hine symle gehyre ond mine miltse ofer þone sende? Emne hit bið gelice
swa man mid wætere þone weallendan wylm agiote þæt he rixian ne mote, swa man mæg
mid ælmyssan ealla synna gebetan ond þa gyltas gehælan.” 63
Immediatamente, in apertura del suo strale, il Salvatore richiama alla mente del
suo interlocutore un detto di Re Salomone, emblema di quella saggezza e di quella
sapienza nella quale ciascun uomo può, a ragione, trovare un codice di comportamento
60 La prima sezione del sermone latino, infatti, appare animata da ripetuti e incalzanti richiami alla
misericordia come mezzo di redenzione dal peccato e da altrettanto accorati inviti alla carità verso i
più deboli: di tali passi a carattere parenetico, però, rimane davvero ben poca traccia all'interno del
componimento anglosassone.
61 “Hec enim solo patrocinatur in die iudicii, dicente apostolo Iacobo: 'Superexaltat misericordia iudicio.
Iudicium enim sine misericordia illi, qui non fecit misericordiam.” (Cfr. Cross 1990, p. 431)
62 In verità l'incipit del sermone è dedicato a una citazione piuttosto libera di un passo del Libro di
Tobia (per l'esattezza Tob. IV,11: “quoniam eleemosyna ab omni peccato et a morte liberat, et non
patietur animam ire in tenebras”), al quale però fa immediatamente seguito il duplice riferimento alla
Lettera di Giacomo: “Misericordia fratres, peccatorum sunt remedia; ipsa est quæ a morte non liberat et
non patitur homine ire interitum.” (cfr. Cross 1990, p. 431).
63 Cfr. Scragg 1992, p. 203.127-132; “Non ricordi per nulla il detto di Salomone che recita: 'Poni
l'elemosina sotto il mantello [la veste] del bisognoso che mi invoca piangente, e io sempre lo udirò
e a lui, dall'alto, manderò la mia Pietà. Similmente, proprio come uno potrebbe estinguere con
l'acqua le fiamme impetuose che non può controllare, così uno potrebbe porre rimedio con le
elemosine a ogni peccato e guarire le colpe.”.
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