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da lui rilette e incastonate in un exemplum che, per tono e struttura, sembra avere tutte<br />

le caratteristiche della Parabola biblica.<br />

La paternità dell'episodio viene infatti attribuita alla viva voce dell'apostolo<br />

Giacomo, il quale ci narra di uomo divenuto molto ricco grazie alla benevolenza e<br />

all'amore che Dio aveva dimostrato verso di lui:<br />

“Swa sanctus Iacobus sæde, Cristes apostol, hu se hælend spræc to sumum welegum men þe he<br />

mid glengo ond mid wiste gegodod hæfde. Ac he wæs ormod ond swar, ond him wæs lað<br />

þearfendum mannum aht to syllanne, ond him wæs unyðe þæt he for Gode aht dælde, oððe<br />

þam sealde þe hit him ær eal forgeaf.” 57<br />

Di non secondaria importanza è, appunto, l'esplicito riferimento alla figura di<br />

Giacomo: premettendo che l'episodio che l'omelista si accinge a narrare non trova alcun<br />

riscontro all'interno del corpo dei libri canonici della Bibbia, la sua attribuzione a una<br />

figura della tradizione scritturale è, con ogni probabilità, finalizzata a donare al passo<br />

un'aura di sacralità e di incontrovertibile autorità dottrinale. All'interno del canone della<br />

Vulgata, infatti, l'unico Libro univocamente attribuibile all'Apostolo Giacomo è una<br />

Lettera, il cui contenuto, però, non rispecchia quanto è invece narrato nel corso del<br />

brano vercellese: l'apostolo, infatti, rivolge il suo pensiero in una singola occasione al<br />

rapporto fra uomini ricchi e uomini poveri 58 , dedicando poi solo breve spazio<br />

all'immagine delle cose terrene mandate in rovina dalla ruggine e dal tempo 59 .<br />

Quel che però sorprende è come la scelta dell'omelista cada proprio sulla figura<br />

di Giacomo, apostolo che sappiamo essere molto vicino a Cristo ma sulla cui figura, di<br />

coppia di manoscritti, l'omelia in oggetto è denominata, in virtù delle parole del suo incipit, Sermo<br />

De Misericordia, nome con la quale io la indicherò nella restante parte della mia trattazione. Per dati<br />

più precisi in merito alla tradizione manoscritta delle tre versioni del sermone, così come a riguardo<br />

dei rapporti che intercorrono fra esse e i tre componimenti anglosassoni, si vedano: Morin 1953,<br />

pp. lxxv-lxxxiv; Becker 1973, pp. 145-151; Becker 1979, pp. 105-106; Cross 1990, pp. 429-440; e<br />

Scragg 1992, p. 192 n. 1.<br />

57 Cfr. Scragg 1992, p. 203.122-126; “Così San Giacomo, apostolo di Cristo, ha narrato come il<br />

Salvatore parlò a un certo ricco uomo che Egli aveva premiato con l'onore e l'abbondanza. Ma<br />

questi era misero e disperato, e il donare i suoi averi ai bisognosi era per lui cosa sgradita, ed era<br />

difficile per lui il dover dividere la sua proprietà o il dover donare per quel Dio [in nome di quel<br />

Dio] che prima gli aveva dato tutto quello.”.<br />

58 “Fratres mei, nolite in personarum acceptione habere fidem Domini nostri Jesu Christi gloriæ. Etenim si<br />

introierit in conventum vestrum vir aureum annulum habens in veste candida, introierit autem et pauper<br />

in sordido habitu, et intendatis in eum qui indutus est veste præclara, et dixeritis ei: 'Tu sede hic bene;<br />

pauperi autem dicatis: Tu sta illic, aut sede sub scabello pedum meorum;” (Jac. II, 1-3).<br />

59 “Divitiæ vestræ putrefactæ sunt, et vestimenta vestra a tineis comesta sunt. Aurum et argentum vestrum<br />

æruginavit, et ærugo eorum in testimonium vobis erit, et manducabit carnes vestras sicut ignis.<br />

Thesaurizastis vobis iram in novissimus diebus.” (Jac. V, 2-3). Esiste, però, una innegabile vicinanza a<br />

livello contenutistico fra quanto narrato nella Lettera di Giacomo e quanto veicolato dall'omelia<br />

vercellese: tale generale comunanza di contenuti potrebbe forse fare ipotizzare un influsso, seppure<br />

non immediatamente così evidente, della Lettera sulla composizione della decima omelia vercellese.<br />

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