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wydewena helpend ond steopcilda frefrend ond earmra retend ond wependra frefrend ond gif<br />

we ðas weorc ongynnað ond gelæstað, þonne bioð we Godes dyrlingas in hiofenum. Nis urum<br />

hælende nanuht behyddes ne gediglodes þæs ðe men wyrcað on þysse worlde, for þan his eagan<br />

efer eall gesioð.” 54<br />

Solo chi si impegnerà nel tenere a mente questi dettami di vita caritatevole potrà<br />

guadagnarsi la possibilità di divenire gradito al Signore: non vi è nulla, infatti, di quel<br />

che l'uomo fa (o che, al contrario, si esime dal fare) che possa sfuggire allo sguardo<br />

attento e severo del Creatore. L'omelista, nella sostanza, invita il fedele a farsi custode<br />

degli altri uomini, in maniera particolare dei più deboli e degli orfani (steopcilda<br />

frefrend), facendo in questo modo uso di una terminologia che nel corso del<br />

componimento aveva già utilizzato, in maniera altrettanto enfatica: nella prima sezione<br />

dell'omelia, infatti, trovandosi nella necessità di descrivere la Caduta dell'uomo nel<br />

peccato, egli descrive il genere umano come steopcild, orfani della grazia divina e in<br />

continua ricerca della Bontà di Dio a loro alienata a causa del peccato.<br />

Tale breve passo di raccordo fra le due più estese sezioni dell'omelia, dunque, è<br />

ancora una volta caratterizzato da quel sapiente procedere attraverso parallelismi che,<br />

unito con una ricercata reiterazione di termini con uscita in -end (riferiti sia al Signore,<br />

sia all'uomo) 55 , mette in risalto il generale pregio dal punto di vista stilistico del<br />

54 Cfr. Scragg 1992, p. 202.114-121; “Noi siamo spesso stati esortati all'obbedienza verso il nostro<br />

Signore; cioè che noi dobbiamo compiere la Sua Volontà e osservare i Suoi Comandamenti ed<br />

essere liberali delle vere ricchezze e pietosi verso i poveri, e un sostegno delle vedove, e consigliere<br />

per gli orfani e confortatore per i miserabili, e consolatore di chi piange, e se cominceremo questa<br />

opera e persevereremo, saremo poi diletti a Dio nei Cieli. In alcun modo nulla di quel che l'uomo fa<br />

in questo mondo è nascosto o celato al nostro Signore, poiché i Suoi occhi vigilano su tutto”. James<br />

Cross ha riscontrato in alcune delle affermazioni che animano questo ennesimo richiamo alla<br />

rettitudine una serie di somiglianze e di punti di contatto fra il testo vercellese e la sezione iniziale<br />

del Sermo De Misericordia, testo latino dal quale, come vedremo, l'anonimo predicatore<br />

anglosassone prenderà spunto per la compilazione del nucleo tematico che segue direttamente il<br />

passo in questione, quello del secondo strale di Cristo ai peccatori. Secondo Cross, infatti, l'invito<br />

alla misericordia del testo vercellese richiamerebbe quello, altrettanto breve contenuto nell'omelia<br />

latina (“O Domine, in nomine tuo misericordias fecimus, pauperes pauimus, nudos uestiuimus, peregrino<br />

ospitio recipimus”) che, dunque, verrebbe a influenzare una percentuale del sermone più estesa di<br />

quanto generalmente si pensi. Seppure non si possa escludere categoricamente che l'ipotesi avanzata<br />

da Cross sia dotata di una qualunque validità, va a mio parere precisato come essa non possa<br />

sostenersi su dati forti: il passo che viene portato a sua riprova è certamente somigliante per tono e<br />

valenza dottrinale a quello vercellese, ma d'altra parte non va dimenticato come esso rappresenti una<br />

delle numerose varianti di un motivo comune e capillarmente diffuso all'interno della prosa<br />

escatologica, elemento che condurrebbe a escludere un legame fra i due passi in oggetto (così come<br />

sostenuto fra gli altri da Szarmach, Scragg e, in ultimo, da Zacher). Al contrario, preziosa è<br />

l'indicazione, fornita dallo stesso Cross, in merito alla probabile derivazione dell'immagine dello<br />

sguardo di Dio al quale nulla può essere celato da un versetto del Libro del Profeta Geremia che<br />

recita: “Quia ocule mei super omnes vias eorum; non sunt absconditæ a facie mea, et non fuit occultata<br />

iniquitas eorum ab oculis meis” (Jer. XVI, 17).<br />

55 Proprio in merito a tali sostantivi in -end, indicanti un entità agente, Zacher mette in risalto come<br />

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