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Dal punto di vista prettamente stilistico, poi, il primo strale di Cristo agli spiriti<br />

impuri, a una lettura più attenta e accurata, si presenta come caratterizzato da un<br />

interessante schema allitterativo che permea, in modo particolare, la seconda parte del<br />

discorso del Redentore, quella che si estende da ac fram me fino a butan ende. La<br />

sapiente, e non casuale, ripetizione dei suoni w, f, h e s sembra infatti definire uno<br />

schema ritmico tanto preciso da avere convinto Joseph Trahern a considerare il passo in<br />

oggetto quale un breve componimento in versi sul tema dell'esilio, incastonato<br />

all'interno della fitta prosa omiletica vercellese 51 :<br />

“ac ge fram me gewitað,wuldres bedælede,<br />

freondum afyrde, feondum betæhte,<br />

in þam hatan wylme helle-fyres,<br />

þær ge awirgedan sculonsincan ond swincan 52<br />

testo latino e quello in lingua volgare è probabilmente da attribuirsi proprio all'anonimo<br />

compilatore dell'omelia pseudo-wulfstaniana, il quale, volendo amplificare la portata scritturale del<br />

passo che aveva di fronte, ha scelto di citarne il versetto latino di ispirazione, commettendo però un<br />

evidente errore. Egli, infatti, come se stesse citando i versetti a memoria, estrapola da Matth. XXV,<br />

41 il termine maledicti e lo inserisce in un secondo versetto per struttura e sonorità molto simile a<br />

quello di partenza, Matth. VII, 23 (nunquam novi vos: discedite a me, qui operamini iniquitatem). Il<br />

risultato, però, non è ovviamente quello desiderato dall'anonimo predicatore, vista l'assenza, fra le<br />

altre cose, di alcun riferimento al fuoco eterno (elemento, al contrario, di primaria importanza<br />

nell'economia del sermone): l'omelista sembra però non essersi accorto dell'errore commesso, tanto<br />

da lasciare invariata la citazione biblica di sua involontaria invenzione, che è così giunta fino a noi<br />

nel suo aspetto del tutto peculiare. Cfr. Wilcox 1997, pp. 342-343.<br />

51 Questo breve passo in versi, apparentemente estraneo per stile e struttura al restante materiale<br />

compositivo che lo circonda, ha in realtà forti elementi (non solo tematici, ma anche prettamente<br />

linguistico-terminologici) in grado di connetterlo in maniera evidente con alcuni dei nuclei tematici<br />

più importanti dell'omelia: echi più o meni evidenti del tema dell'esilio torneranno, infatti, sia<br />

all'interno dello strale di Cristo al ricco avido, sia nella sezione che l'omelista dedicherà al tema<br />

dell'ubi sunt.<br />

52 La lettura sincan ond swincan, attestata nella sola versione vercellese dello strale di Cristo alle anime<br />

peccatrici e unica nel suo genere all'interno dello stesso corpo delle omelie anonime anglosassoni, è<br />

stata per lungo tempo considerata esito di un goffo tentativo dell'autore di Vercelli X di inserire<br />

l'originario passo in versi all'interno del corpo in prosa del sermone che aveva di fronte: la lettura<br />

wite adreogan, tramandataci dai mss. CCC 302 (K) e CCC 421 (N), sembrerebbe infatti meglio<br />

adattarsi allo schema metrico-allitterativo del passo in questione. Di contro, tale lettura non<br />

terrebbe conto del notevole apporto dal punto di vista non solo della rima, ma anche<br />

dell'allitterazione, dato al componimento dall'inserimento del semiverso sincan ond swincan. Da non<br />

trascurare è, poi, il possibile parallelismo di suono e di significato che il secondo elemento del<br />

semiverso in questione (swincan) andrebbe a creare con il termine geswince, attestato in un contesto<br />

molto simile, all'interno del rimprovero di Cristo al ricco uomo: “Eall ic nu afyrre minne fultum<br />

fram ðe. Hafa æt þinum gewinne þæt ðu mæge ond on þinum geswince” (Io ora sottraggo tutto il Mio<br />

aiuto da te. Guadagna col tuo lavoro quel che sei capace, e con la tua fatica). In questo caso, come<br />

vedremo, geswince altro non sarà che l'esatta traduzione del termine latino laborem, dato che lo<br />

rende attendibile termine di paragone al fine di giudicare il pregio della peculiare lettura del<br />

semiverso in oggetto, oltre che il probabile effetto di parallelismo che esso va a creare. Cfr. Zacher<br />

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