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è rimasto in silenzio, prende improvvisamente la parola e, significativamente, non<br />

risponde alle parole infuocate di Satana, ma apostrofa a sua volta con violenza le anime<br />

peccatrici:<br />

“Hwæt, we nu gehyrdon secgan, men ða leofestan, hu bealdlice spreceð þæt dioful to þam<br />

hælende, ond þa misdæda stæleð on þa gæstas. He þonne ofer eaxle besyhð, se soðfæsta dema<br />

ond se rihtwisa, to ðam forworhtum ond to ðam scyldegum, ond þus cwið worda grimmost:<br />

Nelle ic eow habban on minre geferrædenne, ac ge fram me gewitað, wuldres bedælede,<br />

freondum afyrde, feondum betæhte, in þam hatan wylme helle fyres, þær ge awirgedan sculon<br />

sincan ond swincan in ðam hatan hellebrogan ond in þam witum wunigan a butan ende” 48<br />

L'antecedente delle parole del Redentore è certamente il versetto del Vangelo di<br />

Matteo contenente il Discedite a me, passo biblico al quale l'omelista sembra affiancarne<br />

un secondo (Matth. XXV, 46) 49 , che diviene quasi il naturale completamento di quanto<br />

narrato nel primo. La forma, così come gli stessi contenuti, dei due versetti vengono<br />

però sapientemente e attentamente rivisitati: nello strale pronunciato da Cristo, infatti,<br />

sono perfettamente visibili un campionario di quelle sofferenze che il passo biblico lascia<br />

solamente intendere e riassume con la semplice immagine del calore inestinguibili<br />

dell'inferno. Alle anime condannate non rimarrà altra scelta che obbedire alla sentenza<br />

del più severo dei giudici 50 .<br />

48 Cfr. Scragg 1992, pp. 201.101-202.108; “Ecco, miei cari, noi ora abbiamo udito narrare come<br />

orgogliosamente questo diavolo parlerà al Salvatore e imputerà quelle malefatte a quelle anime. Egli,<br />

quel vero e giusto Giudice, guarderà dall'alto [da sopra le Sue spalle] verso quei peccatori e quei<br />

colpevoli, e poi pronuncerà le più cupe delle parole: 'Io non voglio avere voi nel Mio seguito, andate<br />

via da Me, privati della Gloria, tolti agli amici, condotti via dai demoni in quella calda tempesta di<br />

fuoco infernale, lì dannati voi dovrete affondare e languire in quel caldo terrore dell'inferno, e<br />

rimanere in quei tormenti per sempre, senza fine.”.<br />

49 “Et ibunt hi in supplicium æternum.”<br />

50 Piuttosto curioso è il caso della versione del passo in oggetto tramandataci dall'omelia Napier<br />

XLIX: “[...] Hine þonne ofer eaxle besihd se soðfæsta dema and se rihtwisesta to þam forwyrhtum and to<br />

þam scyldigum and þus cweð worda grimmast: 'Numquam novi vos: discedite a me, qui operamini<br />

iniquitatem'; 'nelle ic eow habban on minre geferrædenne, ac gewitað fram me, wuldre bedælede,<br />

freondum afyrede, feondum betæhte in þam hatan wylme hellefyres, þær ge awyrgedan scylon wite<br />

adreogan in þam hatestan hellebrogan, and þær on witum â wunjan butan ende'”; cfr. Napier 1883, p.<br />

256.8-16(Allora verso il colpevole e il peccatore guarderà da sopra le spalle il vero e giusto Giudice,<br />

poi pronuncerà le parole più cupe: 'Numquam novi vos: discedite a me, qui operamini iniquitatem';<br />

'non voglio io avere voi nel Mio seguito, andate via da Me, privati della Gloria, tolti agli amici,<br />

condotti via dai demoni in quella calda tempesta di fuoco infernale, lì voi dannati dovrete soffrire<br />

tormenti in quel caldo terrore dell'inferno, e lì nella sofferenza restare per sempre, senza fine).<br />

Come si potrà osservare, il testo dell'omelia pseudo-wulfstaniana è, nella sostanza, perfettamente<br />

identico a quello del sermone vercellese, eccezion fatta che per una singola particolarità: prima della<br />

parafrasi del versetto del Vangelo di Matteo (elemento che accomuna Napier XLIX con le omelie<br />

tramandateci nei ms. A e K), l'anonimo compositore inserisce una citazione in lingua latina, non<br />

altrimenti attestato né in A né in K, il cui contenuto è quantomeno curioso. Esso, infatti, ha ben<br />

poco in comune con il passo in lingua inglese antica che lo segue direttamente, e che dovrebbe<br />

esserne la traduzione o, quantomeno, una libera parafrasi. La responsabilità di tale discrepanza fra il<br />

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