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chiude il monologo del Maligno. Quel che segue, poi è una aggiunta del tutto originale<br />

a quanto testimoniato dalla fonte latina: in perfetto accordo con il gusto iberno-<br />

insulare, infatti, l'omelista si sofferma a descrivere con precisione le tre schiere di spiriti<br />

che giungeranno ove si terrà il Giudizio Finale, una struttura triadica che, come<br />

vedremo, tornerà anche in conclusione della variante vercellese del discorso di Satana 45 .<br />

Nella costruzione del secondo dei tre inviti ad affrettare il Giudizio, poi,<br />

l'omelista anglosassone sembra lavorare di cesello sul passo latino di riferimento, che<br />

viene da lui riassemblato quasi come se ciascuna delle immagini evocate dal Maligno<br />

fosse una singola tessera di un complesso mosaico: il risultato finale è un testo che,<br />

seppure strutturalmente differente da quello di partenza, lo ricalca da vicino dal punto di<br />

vista dei contenuti. L'anonimo predicatore, infatti, nel plasmare l'incipit della seconda<br />

sezione del discorso di Satana, sembra ispirarsi ancora una volta alla parte conclusiva del<br />

monologo latino del Maligno, in particolar modo al passo che si estende da Iudica<br />

illum, meum esse fino a mecum puniri debet: tale brano, significativamente, segue quello<br />

al quale egli sembra essersi ispirato al momento della stesura del primo dei tre Dem, la<br />

dema, rihtne dom.<br />

L'omelista vercellese fa però seguire allo stringente invito al giudizio una lunga<br />

argomentazione in merito alle colpe delle anime peccatrici, elemento narrativo che,<br />

come si può facilmente osservare, domina gran parte dell'arringa del Satana latino:<br />

seppure i due brani sembrino essere caratterizzati da una struttura e da un incedere a<br />

tratti molto distanti, nelle parole che l'anonimo predicatore anglosassone mette sulla<br />

bocca del diavolo accusatore non è difficile riscontrare alcuni forti punti di contatto con<br />

il passo di Paolino.<br />

Notevole è, in primo luogo, il forte riferimento che il Satana vercellese fa agli<br />

abiti con i quali le anime si sono presentate di fronte al Signore: nel suo rimarcare come<br />

essi non siano quelli da Lui comandati, ma piuttosto l'esplicitazione evidente della<br />

corruzione del Maligno, è possibile infatti riscontrare l'eco del corrispondente passo<br />

latino che recita, appunto, “[...] A te accepit immortalitatis stolam: a me hanc pannosam,<br />

qua indutus este, tunicam. Tuam vestem amisit: cum mea veste huc advenit”.<br />

Quando poi, immediatamente dopo, l'omelista introduce la suggestiva immagine<br />

di un Satana che attira a sé gli uomini sfiorando le corde di un'arpa, egli descrive<br />

l'accorrere del genere umano con una perifrasi (fram þe cyrdon ond to me urnon) che<br />

ricorda da vicino l'espressione usata da Paolino per descrivere la medesima immagine<br />

(Dimisit te: confugium fecit ad me). Quel che invece differenzia maggiormente il testo<br />

anglosassone dalla sua presumibile fonte latina è, con ogni probabilità, il tono generale<br />

delle accuse portate da Satana: l'incalzante e anaforico incedere dell'arringa latina, così<br />

abilmente giocata sul confronto fra quel che l'uomo dovrebbe essere ed è in realtà e sul<br />

suo insensato agire guidato dai vizi, viene sostituito da un altrettanto articolato<br />

45 Sulla presenza di una triade di schiere di spiriti ultraterreni al momento del Giudizio si vedano<br />

Godden 1973, pp. 221-239 e Wright 1993, pp. 85-88 e supra cap. III, pp. 169-189.<br />

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