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Quasi sulla spinta emotiva di quanto ha appena affermato, l'omelista rivolge alla<br />

comunità dei fedeli un forte e intenso invito alla rettitudine. L'anonimo omelista,<br />

infatti, dopo avere sottolineato la necessità di tenere fede e difendere i patti che legano<br />

l'uomo al Signore e di mantenersi in pace con Dio e con gli uomini, in questo modo si<br />

rivolge ai fedeli:<br />

“Ne syn we to gifre, ne to frece ne to fyrenlusteorne, ne to æfestige, ne to inwitfulle, ne to<br />

tælende ne to twyspræce, ne morðor to fremmanne ne aðas to swerianne ne niðas to hæbbenne<br />

ne leasunga to secganne ne þeofða to beganganne ne wirignessa to fyligenne ne heafodlice<br />

leahtras; ne lufien we ne scincræftas, ne herien we ne galdorsangas; ne unriht lyblac ne<br />

onginnen we, ne to yðbylge ne syn we, ne to langsum yrre næbben we ne we on oferhydo ne<br />

gewitan [...]” 25<br />

Quel che risulta dalle parole del predicatore è insieme una descrizione in<br />

negativo sia di tutte quelle che dovrebbero essere le caratteristiche del buon cristiano,<br />

sia di tutte quelle armi vili e corrotte delle quali da sempre il Maligno si serve per<br />

privare il genere umano anche del più piccolo frammento della benevolenza divina.<br />

Servendosi di un procedimento fortemente anaforico che attribuisce al lungo appello un<br />

andamento quasi litanico, la voce parlante pone di fronte al suo uditorio una nutrita serie<br />

di vizi e peccati che, con la loro deprecabile presenza, rendono l'uomo indegno della<br />

misericordia di Dio. L'impatto uditivo che scaturisce dalla lettura (o dall'ascolto) della<br />

lunga serie di sproni a rifuggire il peccato e la corruzione è davvero notevole: nel<br />

formulare la sua sequenza dei vizi da evitare, l'anonimo omelista si serve, infatti, di un<br />

nutrito corpo di espedienti retorici, esplicitamente studiati al fine di porre in risalto il<br />

contenuto del passo in oggetto. In primo luogo, esso appare come divisibile in tre<br />

sezioni minori, ciascuna delle quali scandita da una differente sintassi di periodi costruiti<br />

sul sapiente utilizzo della particella ne: i primi sette elementi dell'elenco, infatti,<br />

presentano la reiterazione del costrutto ne to+aggettivo, i sei successivi spiccano per<br />

l'utilizzo di ne to+infinitiva, mentre la sezione finale del passo si costituisce di una serie<br />

di periodi basati sull'utilizzo della semplice particella ne seguita da un verbo al modo<br />

congiuntivo. La sapiente allitterazione di f e di t nella prima sezione, poi, in<br />

congiunzione con un cospicuo utilizzo dell'omoteleuto nella seconda e con la<br />

reiterazione di we nella terza, arricchiscono il passo di una ulteriore musicalità che, unita<br />

con il progressivo allungamento delle parole all'interno dei diversi periodi, sembra quasi<br />

volere sottolineare l'inesorabile sprofondare dell'uomo nelle arti maligne e ingannevoli,<br />

25 Cfr. Scragg 1992, p. 208.45-52; “Non siamo noi né troppo avidi, né troppo avventati, né troppo<br />

sfrenati, né troppo invidiosi, né troppo maligni, né troppo calunniatori, né troppo ingannatori nella<br />

parola, e neppure propensi a commettere omicidio, né a pronunciare menzogne, né a partecipare a<br />

furti; né perpetriamo abusi, né amiamo i peccati mortali, né mostriamo predilezione per i canti di<br />

ammaliamento, né intraprendiamo la malvagia stregoneria; non siamo noi troppo facili a irritarci né<br />

di rabbia troppo duratura.”.<br />

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