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Guerrilla gardeners tra gli scarti urbani - L'odore dei pomeriggi

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notizia è che ho vinto il concorso per un parco pubblico a Milano all'interno<br />

di un progetto più ampio di architettura sociale (case popolari). Già ho paura<br />

di quando mi chiederanno di scendere a compromessi con<br />

un'amminis<strong>tra</strong>zione che non riesce ad arrivare a contatto con il lato<br />

sensoriale del paesaggio. Quando ti trovi a fare un progetto di un parco<br />

pubblico quasi mai riesci a rivolgerti alle persone e alla natura, il tuo<br />

committente è una figura as<strong>tra</strong>tta incapace di sentire <strong>gli</strong> odori, anosmica,<br />

solo in grado di accettare ciò che è schematizzato e preconfezionato. Gli<br />

alberi per i viali si piantano a x metri di distanza, le siepi possono essere alte<br />

al massimo x centimetri. Le graminacee danno allegria, l'ambrosia è la nuova<br />

peste. Robinie e ailanti sono da ta<strong>gli</strong>are a priori. Solo piante da vivaio. Solo<br />

piante dritte. Solo piante autoctone. Che follie! Non vorrei sentirmi costretto<br />

a fare per forza un parco attrezzato con l'area giochi per i bambini, il recinto<br />

per cani, le panchine per anziani. Ingabbiamenti inutili. Se i vandali<br />

spaccano e i “giardinieri” non hanno cura, forse vuol dire che un motivo c'è,<br />

forse hanno un pochino di ragione anche loro. Io credo che le persone<br />

vadano coinvolte e responsabilizzate nei progetti di paesaggio, ci vuole così<br />

tanto tempo per innescare la genesi di un giardino, che se non si chiede la<br />

collaborazione di tutti non si riuscirà mai a cambiare qualcosa.” (Pera,<br />

Perazzi, 2007, pg. 61-62)<br />

Questo brano, ad opera di un botanico e paesaggista, ci aiuta a scavare<br />

in profondità, scalfendo la superficie piana <strong>dei</strong> tappeti di graminacee.<br />

Molti parchi si somi<strong>gli</strong>ano <strong>tra</strong> di loro, pur essendo opera di architetti,<br />

geometri e paesaggisti diversi, perché i progetti devono rien<strong>tra</strong>re di una rete<br />

di vincoli di tipo burocratico. Con questa epistola Perazzi ci fa capire che<br />

dovrà scendere a compromessi e che difficilmente riuscirà a realizzare il<br />

parco che ha in mente.<br />

Possiamo allora immaginare che i parchi vicentini più recenti siano<br />

quello che sono per una serie di ragioni, in particolar modo a causa di<br />

alcune regole routinizzate ed istituzionalizzate 2 relative all'uso delle<br />

2 “Nei termini <strong>dei</strong> significati attribuiti dall'uomo alla propria attività, l'abitualizzazione elimina la<br />

necessità di ridefinire da zero ogni situazione, volta per volta. [...] Questi processi di<br />

consuetudinarietà precedono ogni istituzionalizzazione. [...] L'istituzionalizzazione ha luogo<br />

dovunque vi sia una tipizzazione reciproca di azioni consuetudinarie da parte di gruppi esecutori:<br />

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