Guerrilla gardeners tra gli scarti urbani - L'odore dei pomeriggi

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05.06.2013 Views

CAPITOLO 3 MOVIMENTI 3.1. Le luci della ribalta e la zona d'ombra Una credenza diffusa tra gli estimatori dell'azione razionale rispetto allo scopo (Weber, 1922) dice che il guerrilla gardening è legittimo, sensato e degno di considerazione solo se ha luogo in una città invivibile e densamente popolata. In Italia Milano è diventata progressivamente il caso emblematico. I fattori che hanno portato al costituirsi di questa rappresentazione collettiva sono plurimi. Nel libro Anarchy in the EU Alex Foti esplicita una questione molto spesso trascurata dai media e, più in generale, da chi scrive e ha scritto di guerrilla gardening in Italia. “Una delle prime sortite in Italia [dei giardinieri guerriglieri] è stato il Samedi Gras(s) del 2006, sabato grasso di carnevale voodoo nel quartiere Isola di Milano, che ricordava l'inondazione di New Orleans mentre si scavavano e piantavano aiuole (ora inghiottite dal progetto città della moda) e si gettavano semi di canapa al vento. Poi nella primavera 007 c'è stata la massa ciclobotanica (tutti in bici a piantare aiuole abusive in giro per la città). Negli anni precedenti, un gruppo di aiuole autogestite era stato creato da giardinieri giramondo con un passato nei centri sociali, i Gee-Gees, esperienza che entrando in contatto con degli studenti di agraria si è trasformata nel progetto Landgrab.” (Foti, 2009, pg. 86-87) Da questo brano emerge chiaramente il ruolo di quelle che Foti chiama “nuove radicalità”, riferendosi ai movimenti anticapitalisti (“pink, black e green”) che sono emersi e si sono consolidati in Europa a seguito 18 18

della cosiddetta Battle of Seattle 1 (Della Porta, 2003). Milano, con la sua vitalità contestatrice (Barone, 1984; Grazioli, Lodi, 1984a), rappresentò senza dubbio un terreno fertile per l'attecchire di nuovi repertori d'azione. Nonostante questo, ogni gruppo di guerrilla gardening, ogni singolo attivista convive con il timore di perdere la faccia (Goffman, 1969), di veder distrutto lo status che si è costruito. Anche per questo nella retorica di molti gruppi italiani, compreso quello studiato, l'illegalità del giardinaggio non autorizzato viene compensata con lo sfoggio di posizioni che gli attivisti considerano moderate o volte a compiacere anche il pubblico più conservatore. Per ragioni come questa o semplicemente perché non risulta semplice reperire informazioni sull'avvento del guerrilla gardening in Italia, la dimensione “disobbediente” del fenomeno tende a restare in secondo piano o a scomparire nel retroscena della rappresentazione (Goffman, 1969). Milano non è solo la città italiana che ha ospitato i primi episodi consapevoli di guerrilla gardening. È anche un territorio monitorato da una molteplicità di soggetti, tra cui il già citato Landgrab 2 . Ad emergere sono però due giardinieri di professione che, prendendo possesso del dominio guerrillagardening.it, sono divenuti i Richard Reynolds italiani. C'è però una differenza chiave con il collega inglese. Reynolds dispensa pillole di guerrilla gardening ad attivisti e giornalisti, offrendo con grande frequenza spunti inediti. I guerriglieri milanesi, invece, pur avendo messo a 1 Con l'espressione Battle of Seattle vengono indicate le manifestazioni che ebbero luogo nella capitale dello stato di Washington il 30 novembre 1999 in occasione di un vertice della World Trade Organization (WTO). Quel giorno la città fu invasa da più quarantamila persone, che si produssero nella più grande manifestazione contro un vertice globale che si fosse mai vista negli Stati Uniti. 2 http://landgrab.noblogs.org 19 19

della cosiddetta Battle of Seattle 1 (Della Porta, 2003). Milano, con la sua<br />

vitalità contestatrice (Barone, 1984; Grazioli, Lodi, 1984a), rappresentò<br />

senza dubbio un terreno fertile per l'attecchire di nuovi repertori d'azione.<br />

Nonostante questo, ogni gruppo di guerrilla gardening, ogni singolo<br />

attivista convive con il timore di perdere la faccia (Goffman, 1969), di<br />

veder distrutto lo status che si è costruito. Anche per questo nella retorica di<br />

molti gruppi italiani, compreso quello studiato, l'illegalità del giardinaggio<br />

non autorizzato viene compensata con lo sfoggio di posizioni che <strong>gli</strong><br />

attivisti considerano moderate o volte a compiacere anche il pubblico più<br />

conservatore.<br />

Per ragioni come questa o semplicemente perché non risulta semplice<br />

reperire informazioni sull'avvento del guerrilla gardening in Italia, la<br />

dimensione “disobbediente” del fenomeno tende a restare in secondo piano<br />

o a scomparire nel retroscena della rappresentazione (Goffman, 1969).<br />

Milano non è solo la città italiana che ha ospitato i primi episodi<br />

consapevoli di guerrilla gardening. È anche un territorio monitorato da una<br />

molteplicità di soggetti, <strong>tra</strong> cui il già citato Landgrab 2 . Ad emergere sono<br />

però due giardinieri di professione che, prendendo possesso del dominio<br />

guerrillagardening.it, sono divenuti i Richard Reynolds italiani. C'è però<br />

una differenza chiave con il collega inglese. Reynolds dispensa pillole di<br />

guerrilla gardening ad attivisti e giornalisti, offrendo con grande frequenza<br />

spunti inediti. I guerri<strong>gli</strong>eri milanesi, invece, pur avendo messo a<br />

1 Con l'espressione Battle of Seattle vengono indicate le manifestazioni che ebbero luogo nella<br />

capitale dello stato di Washington il 30 novembre 1999 in occasione di un vertice della World<br />

Trade Organization (WTO). Quel giorno la città fu invasa da più quarantamila persone, che si<br />

produssero nella più grande manifestazione contro un vertice globale che si fosse mai vista ne<strong>gli</strong><br />

Stati Uniti.<br />

2 http://landgrab.noblogs.org<br />

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