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di Dante, dopo 35 campagne militari, strinse nel
pugno l'unità dello Stato. Lo seguono il Conte Verde
sgominatore di Bulgari e Turchi, paciere fra Genova
e Venezia; il Conte Rosso, che spinse il suo
cavallo alla conquista del mare di Nizza là dove
al rosso del suo giaco da tornei doveva sostituirsi
nei secoli, un altro vermiglio: quello della camicia
Garibaldina. Poi si profila la statura dell'energico
restauratore della politica sabauda: Carlo I. Dietro,
in pieno rilievo, contro il vento che gonfia gli stendardi,
guardingo in sella, sta Testa di Ferro, il vincitore
di San Quintino, che restituisce al suo Piemonte
scuole rinnovate e dissodati campi: Emanuele
Filiberto.
Dice la seconda leggenda: «Prode, guerriero,
munifico » ed illustra nei particolari queste virtù
sabaude. Tre Duchi rivivono: Carlo Emanuele I ritto
sulla staffa, indomabile anima in gracile corpo che
i nostri avi salutarono unico baluardo di italianità
durante le lotte tra Francia e Spagna; appare, dopo
l'affusto del cannone, Vittorio Amedeo I e porta
sul volto i lineamenti di Edoardo Calandra il romanziere
fratello di Davide; si avanza Carlo Emanuele II
re di Cipro e Gerusalemme il costruttore e già, dietro
un insorgere di bandiere, squilla la terza leggenda:
«Pari nel sacrificio e nella maestà». Qui
sta Vittorio Amedeo II che con le armi e le alleanze
conquistò la corona di Re e spezza il Collare delrAnnunziata
per soccorrere i mendicanti; gli muove
allato Eugenio di Savoia Carignano, il trionfatore, e
l'ondata dei cavalli che si perde verso la Città segna
la fuga straniera dopo la memoranda battaglia di
Torino del 1706 che sgombrerà, liberatrice, l'Italia
padana. Ultimo gruppo in faccia alle Alpi Ferdinando
di Savoia copertosi di gloria a Peschiera; Re