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LINGUISTICA XLIX - Filozofska fakulteta - Univerza v Ljubljani

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Gaetano Berruto UDK 81'27<br />

Università di Torino *<br />

SUL POSTO DELLA VARIAZIONE NELLA TEORIA <strong>LINGUISTICA</strong><br />

0. Una parte cospicua dell’opera scientifica di Mitja Skubic si può ritenere collocata<br />

più o meno direttamente in campi di studio aventi a che fare con la variazione. Una<br />

buona cinquantina dei più di 220 titoli di Skubic riportati nella bibliografia curata<br />

da Marjeta Prelesnik-Drozg in linguistica XLVIII (2008), 11–31, verte infatti sullo<br />

studio di fenomeni in specifiche varietà di lingua (il toscano parlato, la lingua di<br />

Goldoni, varie parlate venete, friulano e sloveno di Gorizia, e via discorrendo) o su<br />

casi di interferenza e contatto nell’area italo-slovena, dove è per lo più evidente una<br />

dimensione variazionista. Vorrei quindi offrire al festeggiato in questa sede alcune<br />

riflessioni generali sulla questione della variazione linguistica che spero gli giungano<br />

gradite. Un tratto evidente nella linguistica anche teorica (o nelle diverse anime<br />

della linguistica) 1 degli ultimi decenni è infatti il progressivo aumento di interesse<br />

verso la variazione. Un problema sempre ritornante in tale contesto è quello del<br />

posto e del ruolo eventuale che la variazione possa o debba avere nella teoria linguistica.<br />

Riprendo quindi in queste pagine, con qualche sintetica argomentazione, una<br />

questione che, molto dibattuta negli anni Settanta in concomitanza con la fondazione<br />

e lo sviluppo della linguistica variazionista di William Labov, 2 è emersa solo sporadicamente<br />

negli anni Ottanta e Novanta, ed è divenuta, su altre basi, di nuovo<br />

molto attuale all’inizio del Terzo Millennio.<br />

1. Che le lingue e i comportamenti linguistici siano un territorio diffusamente contrassegnato<br />

dalla varietà e differenziazione è ovvio e ampiamente noto al pensiero<br />

comune, ben al di là dello stesso mito della Torre di Babele, sin dall’antichità, almeno<br />

sotto l’aspetto del riconoscimento delle varietà dialettali, ben evidente già nel<br />

* indirizzo dell’autore: Dipartimento di Scienze del linguaggio, Via Sant’Ottavio 20, 10124 Torino,<br />

Italia. Email: gaetano.berruto@unito.it<br />

1 È difficile oggidì parlare di ‘linguistica’ come di un tutto unico, un ambito unitario ben definito<br />

fra le discipline umanistiche, tante sono le anime diverse, a volte almeno apparentemente poco<br />

conciliabili, che la percorrono, da quella biologico-formale a quella storico-culturale a quella<br />

socio-interazionale. In realtà, tutte le diverse anime della linguistica di inizio Terzo Millennio<br />

trovano la loro piena cittadinanza nel fatto essenziale che il linguaggio verbale e le lingue sono<br />

un fenomeno plurivoco e altamente complesso, in cui si fondono intimamente la natura e la cultura,<br />

tale da poter, e dover, essere affrontato da prospettive anche molto diverse, ciascuna del<br />

tutto legittima in termini dei problemi che contribuisce a chiarire.<br />

2 Una eco italiana del dibattito di allora si ha, in termini riassuntivi, in Giacalone Ramat<br />

(1983).<br />

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