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LINGUISTICA XLIX - Filozofska fakulteta - Univerza v Ljubljani

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D’altra parte, non è nemmeno corretto dire che la variazione sia una caratteristica<br />

unicamente dell’uso. Per poter stabilire che c’è variazione, si deve avere un<br />

metro di riferimento, un’identificazione unitaria a cui riportare le varianti; qualcosa<br />

che a un diverso livello di astrazione sia unitario, omogeneo, e che permetta<br />

di riconoscere le varianti come varianti, e non come atomi indipendenti, realizzazioni<br />

non interrelate; e che non può che essere un’unità o tratto del sistema. 19 La<br />

mera osservazione e descrizione dell’uso, indipendentemente dal sistema, non<br />

consente di definire la variazione. La conclusione a cui si deve giungere è che la<br />

variazione allora non sta per così dire né dentro né fuori del sistema, ma sta nell’interfaccia<br />

fra sistema 20 e uso.<br />

Se questo sembra il posto della variazione, occorre ora chiedersi se la variazione<br />

debba stare dentro o fuori la grammatica, che è la modellizzazione teorica del sistema.<br />

Il tentativo di incorporare la variazione nella grammatica ha rappresentato la risposta<br />

data tipicamente a questo problema dalla linguistica variazionista, come sviluppo conseguente<br />

a partire dalla famosa affermazione di Weinreich/Labov/herzog (1968: 100)<br />

che la lingua è «an object possessing ordered heterogeneity». Per Labov la variazione<br />

è incorporata nella teoria linguistica, fa parte della grammatica. 21 Tentativi di integrare<br />

la variazione linguistica nella grammatica sono stati compiuti, senza soverchio<br />

seguito, anche da altri linguisti, per es. da R. hudson nella sua Word grammar<br />

(hudson 1986; Sugayama/hudson 2006; cfr. anche Berruto 2004: 310–312).<br />

La prospettiva è ritornata attuale su nuove basi, nel quadro della discussione dei<br />

rapporti fra sintassi e variazione favorita dal convergere degli interessi da un lato<br />

della linguistica generativa verso i parametri che stabiliscono le differenze fra le lingue<br />

sulla base comune della ‘grammatica universale’, e dall’altro della tipologia linguistica<br />

verso generalizzazioni di portata anche predittiva e di molti linguisti varia-<br />

19 Ancora Coseriu (2007 [1988]: 264–265): «Die Dimension der homogenität ist die<br />

Voraussetzung für die Feststellung der Strukturen dort, wo sie tatsächlich zu finden sind. Das<br />

Sprechen weist aber nicht nur die Dimension der homogenität auf, sondern auch die der<br />

Varietät».<br />

20 Poiché ci siamo indirettamente venuti a confrontare più volte in quel che precede con le idee<br />

di Eugenio Coseriu, diremo che ‘sistema’ qui comprende anche la ‘norma’ della nota tripartizione<br />

coseriana in ‘sistema’, ‘norma’ e ‘uso’.<br />

21 Com’è noto, essenzialmente attraverso il costrutto o dispositivo delle regole variabili, sviluppato<br />

negli anni Settanta e formalmente coerente con l’impianto della mainstream linguistics di quegli<br />

anni, la versione standard della grammatica generativa che operava con regole. Le regole variabili<br />

hanno poi abbandonato del tutto le loro ambizioni teoriche e sono diventate un ingrediente<br />

metodologico della sociolinguistica quantitativa, attraverso l’elaborazione di programmi informatico-statistici<br />

per l’analisi computazionale della variabilità (noti con le abbreviazioni/formule<br />

acronimiche VARBRUL prima e GOLDVARB poi: cfr. Vietti 2005). Per il Labov degli anni<br />

Settanta, anzi, la teoria linguistica è/deve essere esplicitamente teoria sociolinguistica: ma si<br />

badi che – e del tutto coerentemente con il fatto che la variazione sia incorporata nella grammatica<br />

- di Labov è stato molto giustamente detto che «he does not incorporate the social<br />

dimensions of language into his linguistic theory» (Figueroa 1994: 106).<br />

18

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