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LINGUISTICA XLIX - Filozofska fakulteta - Univerza v Ljubljani

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ispetto al momento dell’enunciazione quanto rispetto ad un altro punto di riferimento<br />

e quindi dispone di paradigmi distinti per l’espressione della cronologia relativa nel<br />

non-passato (PP/PP’, Pr/Pr’, F/Pr/Pr’) rispetto al passato (TP/TP’, IM/IM’,<br />

CC/IM/IM’). Questi paradigmi verbali si usano per segnalare un determinato rapporto<br />

di tipo relativo nei costrutti sintattici più frequenti (giustapposizione (frasi indipendenti),<br />

periodi con dipendenti relative, causali, completive e alcuni altri). In questi costrutti<br />

la situazione in sloveno è simile a quella italiana nel non-passato, dove con il PRET, il<br />

SED e il PRIh ci si riferisce rispettivamente alle azioni anteriori, simultanee e posteriori.<br />

Diverso è l’uso delle forme verbali per la sfera del passato. Mentre nelle completive<br />

i rapporti di tipo relativo vengono segnalati – anche stavolta per mezzo del PRET,<br />

del SED e del PRIh, come nel non-passato –, nei costrutti indipendenti, relativi e causali<br />

si fa uso del PRET, lasciando al destinatario il compito di interpretare la cronologia<br />

relativa per mezzo degli elementi di co- e contesto (Miklič 1992a: 195–201).<br />

Un altro punto importante riguarda le differenze nel funzionamento del sistema<br />

aspettuale sloveno rispetto a quello italiano. 7 In sloveno, in linea di massima, il tipo di<br />

azione in buona parte incide sulla scelta di uno dei due elementi in opposizione, giacché<br />

con l’impiego del nedovršnik (ND) (il «verbo imperfettivo» sloveno) viene messa in<br />

rilievo la fase durativa delle azioni omogenee (ateliche) nonché di quelle teliche che<br />

dispongono di una tale fase, mentre con il dovršnik (D) (il «verbo perfettivo» sloveno)<br />

viene indirizzata l’attenzione verso la fase puntuale dell’azione telica, ma (con i verbi<br />

fasali) anche verso la fase iniziale 8 o quella finale di quella atelica (Miklič 2007: 92, 95–<br />

96, 99). 9 Sul versante italiano, invece, quando l’azione omogenea o telica, di carattere<br />

singolo o iterativo, viene considerata nella sua globalità, si fa ricorso al perfetto, mentre<br />

l’espressione della visione parziale di un’azione qualsiasi, 10 osservata da un punto<br />

passato rispetto al quale l’azione è simultanea, si affida all’imperfetto (Miklič 2007:<br />

7 Per distinguere le due realtà Miklič (1981: 8) propone l’impiego del termine vid in riferimento<br />

alla situazione in sloveno e del termine ottica per la situazione in italiano.<br />

8 Qualche volta la fase iniziale può essere esplicitata con un verbo incoativo apposito.<br />

9 Secondo la classificazione vendleriana rientrano tra le azioni ateliche gli stativi (state: essere malato)<br />

e i processi (activity: piangere), mentre fanno parte delle azioni teliche le realizzazioni (accomplishment:<br />

scrivere una lettera) e i conseguimenti (achievement: restituire) (Bertinetto 2003: 14). Sebbene<br />

l’azione atelica disponga anche di un inizio e di una fine, cioè di due fasi puntuali, la sua fase principale<br />

– quella che di norma viene messa in rilievo – è la fase durativa, per cui tale azione viene<br />

presentata per mezzo del ND (jokati [piangere]). Le fasi iniziale e finale, che si realizzano per mezzo<br />

del D, potrebbero essere classificate come situazioni di tipo conseguimento (zajokati [mettersi a piangere/cominciare<br />

a piangere], začeti/nehati delati, končati z delom [cominciare a/smettere di, finire di<br />

lavorare]). Le azioni di tipo conseguimento sono caratterizzate dalla sola fase puntuale (počiti [esplodere]),<br />

ma in alcuni casi possono disporre sia di una fase preparatoria durativa che di una fase puntuale<br />

(prihajati (nd) na vrh/priti (d) na vrh [stare per raggiungere la vetta/raggiungere la vetta]. Dato<br />

che in questo tipo di azioni viene, di norma, messa in rilievo la fase puntuale i conseguimenti sono<br />

perlopiù esplicitati per mezzo del D. Le realizzazioni, invece, sono caratterizzate sia dalla fase preparatoria<br />

durativa che dalla fase puntuale conclusiva. Quando si vuole presentare tutta l’azione,<br />

ponendo l’accento sul punto finale, viene usato il D. Quando, invece, si presenta tutta l’azione, ma<br />

senza dirigere l’attenzione sul punto finale, o quando l’attenzione si dirige verso la fase durativa, si<br />

ricorre all’impiego del ND (Miklič 2007: 92, 95–96).<br />

10 Sono da escludere azioni momentanee puntuali, se non nel caso dell’impiego dell’imperfetto<br />

stilistico (cfr. Miklič 1981: 73).<br />

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