ONOFRIO SCASSI - Società Ligure di Storia Patria

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— 284 - Così il borghese elevatosi con la scienza e la professione si acco­ stava ai vecchi nobili; ma questo non era ancora confondersi, per la diver­ sità deU’origine; e quando poco dopo egli fu Sindaco rappresentò la classe donde usciva, dei professionisti e dei commercianti. L’accostamento si fece an­ che maggiore col figlio Agostino, natogli il 27 maggio 1815 dalla moglie Angela Saccomanno sposata il 26 gennaio 1812, il quale il 13 agosto 1834 sposò la marchesina Rosa Rivarola figlia di quello Stefano, morto nel ’27, che era stato dei cittadini maggiori e di più intensa vita politica e fratello del celebre cardinale Agostino. Un’affettuosa letizia paterna spira dalla lettera che il Conte scrive al suo uomo d’affari a Santa Giulietta informandolo del matri­ monio avvenuto, delle feste, della superba illuminazione fatta in quell’occa­ sione a Sampierdarena e incaricandolo di preparare l’alloggio per l’immi­ nente arrivo degli sposi (1). Salito frattanto al vertice della vita cittadina vedeva soddisfatte tutte le aspirazioni e poteva misurare con orgoglio il cammino compiuto; e si può credere che attendesse con ansiosa commozione la nascita di un nipo­ tino continuatore del nome della famiglia decorato della nuova arma gen­ tilizia. Qui la sorte gli fu invece fieramente maligna: il bimbo nacque e portò il suo nome — il 13 agosto 1836, ma l’avo era morto da sei giorni. E il nome e il titolo erano destinati a finire con quel fanciullo nella più nobile maniera, sul campo di Montebello, il 20 maggio 1859 (2). * * * Nell’istanza a Carlo Felice per conseguire il titolo comitale Onofrio Scassi si era detto: « dottore e professore di Medicina e Decurione del- rill.m a Città di Genova ». Egli era rientrato infatti da qualche anno nella vita cittadina riprendendo in forme nuove, secondo le mutate situazioni, un’atti­ vità da tanto tempo intermessa. L’ordinamento amministrativo stabilito dalle Regie Patenti 30 dicembre 1814 e dal conseguente regolamento del 1815 aveva avuto una breve interru­ zione nel 21 quando la Giunta Provvisoria di Torino, abolito il Decurionato genovese, aveva creato un Consiglio Municipale di tre Sindaci e di ventisette Consiglieri (3). Contro questo provvedimento i due Sindaci in carica mos­ sero una formale protesta dichiarando che non intendevano affatto opporsi (1) Lettera 9 agosto 1834; Bibl. Universitaria di Genova, Collezione di autografi. (2) Con R. Decreto 28 giugno 1906 fu concesso ai fratelli Ambrogio e Onofrio Sauli, nati dalla figlia di Agostino Scassi, di aggiungere al proprio anche il cognome materno. (3) Gazzetta di Genova, n. 27, 4 aprile 1821, pag. 100; B o r n a te , L'insurrezione di Genova nel Marzo 1821, pag. 58. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

- 285 — agli ordini delle nuove autorità politiche ma che erano tenuti a quell’atto, verso un provvedimento che ritenevano intempestivo, dal dovere di tutelare i diritti dei colleghi Decurioni. « La città di Genova, affermavano, non avrebbe dovuto nell’attuale interino stato di cose essere privata di un Corpo, il quale aveva formato parte sostanziale d’un trattato politico e d ’una conse­ guente particolare e solenne concessione » (1). Importanti parole queste perchè indicano il costante atteggiamento che di fronte al governo di Torino Genova assume in tutte le occasioni trincerandosi dietro le difese rappre­ sentate dalle decisioni del Congresso di Vienna, che il governo piem on­ tese, qualunque fosse, non avrebbe potuto di sua iniziativa mutare. Posizione di tutela e di difesa dietro la quale riparano gli ultimi avanzi o piuttosto i tena­ ci ricordi dell’antica autonomia. Il precipitare degli eventi non permise che il nuovo corpo municipale entrasse in funzione e, ristabilita la calma, fu ripreso l’ordinamento ante­ riore. Ma era una vita stentata; i consigli non raggiungevano mai il numero legale nelle assai scarse riunioni — tre all’anno le ordinarie per il C onsiglio Generale —; gli eletti alle varie cariche spesso « si scusavano »; la ristabilita di­ stinzione delle classi era causa di gelosie e di malcontenti. Luigi Carbonara, l’insigne giurista che aveva attraversato non inutilmente, vivamente parteci­ pandovi, tutta la vita politica dalla fine della repubblica aristocratica e che come Presidente del Senato doveva convocare e presiedere i Consigli e sor­ vegliare tutta l’amministrazione, e vi ebbe infatti parte principalissima, pro­ spettò in una sua Memoria questi inconvenienti. Le sue osservazioni, commentate e discusse a Torino, determinarono la riforma ordinata con le Regie Patenti 21 settembre 1824. Aveva essa per iscopo di diminuire la distanza e gli attriti tra i partecipanti all’amministra­ zione cittadina, eguagliando nei diritti i Sindaci delle due classi, togliendo ogni distinzione tra gli elementi costitutivi della seconda classe, mentre la rigorosa sostituzione degli assenti per abitudine o per larvata opposizione e la proroga a tre anni della carica di Sindaco e a due di quella di ragio­ niere dovevano rendere più spedita e più efficace l’opera amministrativa (2). La proposta del Carbonara di ridurre il numero dei Decurioni non era stata approvata perchè contrastante con le norme fondamentali imposte dal Congresso di Vienna; ma neppure era stata accolta, forse perchè troppo ardita, l’altra contenuta nella relazione di M. S. Provana e attestante u n ’acuta e serena concezione della realtà presente e delle conseguenze del gran turbine sociale non invano passato, di togliere cioè qualunque distinzione (1) Arch. Civico, Registro corrispondenza 1820-21, n. 451, 455, 461 bis. (2) V. sopra, pag. 239. Nel 1827 anche l’ufficio di primo ragioniere fu portato a tre anni; Gazzetta, 28 febbraio 1827, n. 17. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

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agli or<strong>di</strong>ni delle nuove autorità politiche ma che erano tenuti a quell’atto,<br />

verso un provve<strong>di</strong>mento che ritenevano intempestivo, dal dovere <strong>di</strong> tutelare<br />

i <strong>di</strong>ritti dei colleghi Decurioni. « La città <strong>di</strong> Genova, affermavano, non<br />

avrebbe dovuto nell’attuale interino stato <strong>di</strong> cose essere privata <strong>di</strong> un Corpo,<br />

il quale aveva formato parte sostanziale d’un trattato politico e d ’una conse­<br />

guente particolare e solenne concessione » (1). Importanti parole queste<br />

perchè in<strong>di</strong>cano il costante atteggiamento che <strong>di</strong> fronte al governo <strong>di</strong> Torino<br />

Genova assume in tutte le occasioni trincerandosi <strong>di</strong>etro le <strong>di</strong>fese rappre­<br />

sentate dalle decisioni del Congresso <strong>di</strong> Vienna, che il governo piem on­<br />

tese, qualunque fosse, non avrebbe potuto <strong>di</strong> sua iniziativa mutare. Posizione<br />

<strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong>etro la quale riparano gli ultimi avanzi o piuttosto i tena­<br />

ci ricor<strong>di</strong> dell’antica autonomia.<br />

Il precipitare degli eventi non permise che il nuovo corpo municipale<br />

entrasse in funzione e, ristabilita la calma, fu ripreso l’or<strong>di</strong>namento ante­<br />

riore. Ma era una vita stentata; i consigli non raggiungevano mai il numero<br />

legale nelle assai scarse riunioni — tre all’anno le or<strong>di</strong>narie per il C onsiglio<br />

Generale —; gli eletti alle varie cariche spesso « si scusavano »; la ristabilita <strong>di</strong>­<br />

stinzione delle classi era causa <strong>di</strong> gelosie e <strong>di</strong> malcontenti. Luigi Carbonara,<br />

l’insigne giurista che aveva attraversato non inutilmente, vivamente parteci­<br />

pandovi, tutta la vita politica dalla fine della repubblica aristocratica e che<br />

come Presidente del Senato doveva convocare e presiedere i Consigli e sor­<br />

vegliare tutta l’amministrazione, e vi ebbe infatti parte principalissima, pro­<br />

spettò in una sua Memoria questi inconvenienti.<br />

Le sue osservazioni, commentate e <strong>di</strong>scusse a Torino, determinarono<br />

la riforma or<strong>di</strong>nata con le Regie Patenti 21 settembre 1824. Aveva essa per<br />

iscopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire la <strong>di</strong>stanza e gli attriti tra i partecipanti all’amministra­<br />

zione citta<strong>di</strong>na, eguagliando nei <strong>di</strong>ritti i Sindaci delle due classi, togliendo<br />

ogni <strong>di</strong>stinzione tra gli elementi costitutivi della seconda classe, mentre la<br />

rigorosa sostituzione degli assenti per abitu<strong>di</strong>ne o per larvata opposizione<br />

e la proroga a tre anni della carica <strong>di</strong> Sindaco e a due <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> ragio­<br />

niere dovevano rendere più spe<strong>di</strong>ta e più efficace l’opera amministrativa (2).<br />

La proposta del Carbonara <strong>di</strong> ridurre il numero dei Decurioni non<br />

era stata approvata perchè contrastante con le norme fondamentali imposte<br />

dal Congresso <strong>di</strong> Vienna; ma neppure era stata accolta, forse perchè troppo<br />

ar<strong>di</strong>ta, l’altra contenuta nella relazione <strong>di</strong> M. S. Provana e attestante u n ’acuta<br />

e serena concezione della realtà presente e delle conseguenze del gran<br />

turbine sociale non invano passato, <strong>di</strong> togliere cioè qualunque <strong>di</strong>stinzione<br />

(1) Arch. Civico, Registro corrispondenza 1820-21, n. 451, 455, 461 bis.<br />

(2) V. sopra, pag. 239. Nel 1827 anche l’ufficio <strong>di</strong> primo ragioniere fu portato a tre anni;<br />

Gazzetta, 28 febbraio 1827, n. 17.<br />

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