ONOFRIO SCASSI - Società Ligure di Storia Patria

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05.06.2013 Views

- 248 — sime nel campo del pensiero, era ben lontana dal raggiungere quell’adatta­ mento al nuovo ordine di cose che era negl’intendimenti dei reggitori di meno corta veduta. Tutte le formalità e le imposte cerimonie esteriori, le pra­ tiche di devozione rigorosamente ordinate e sorvegliate, anche se ridotte spesso a pure formalità burocratiche, dovevano apparire ostiche alla genera­ zione che aveva attivamente partecipato o si era venuta formando la coscienza civile e politica nell’età rivoluzionaria e nel periodo napoleonico. A modo suo, e purché si adattasse alle norme imposte, Vittorio Emanuele amava e mostrava d’onorare l’Università, e assai frequentemente, nelle annuali gite a Genova, si recava a visitarla e si faceva presentare i professori o almeno i priori dei collegi e i decani delle facoltà (1). Ma, anche se accarezzati e onorati, uomini come Onofrio Scassi, Antonio Mongiardini, Domenico Viviani nel campo delle scienze, come Paolo Sconnio e Giacomo Lari nelle lettere, come l’Ardizzoni, il Mangini il Solari, il Marrè nel diritto (2), potevano piegarsi alla realtà, adat­ tarsi formalmente ai nuovi sistemi, non aderire intimamente alla rigida con­ cezione reazionaria, non rinunciare al loro più geloso patrimonio spirituale. G ià provati nel corso di vicende tempestose, stanchi e forse un po’ delusi, giunti a età posata e matura, non presero parte ai moti del 21 e all’incom posta insurrezione determinata da giovanile entusiasmo di studenti e da ele­ menti militari o turbolenti faziosi, ma videro come un barlume di speranza, come una promessa di tempi nuovi e di più largo respiro nella breve pa­ rentesi costituzionale. Quando Raffaele Scassi, caratteristica figura di avventuroso intrapren­ dente che compare improvviso in questo momento, scrive da Parigi nel 1819 al fratello Onofrio annunciandogli le riforme sulla libertà individuale e sulla stampa approvate dal Parlamento di Parigi e la promessa del Re di Spagna di giurare la costituzione del 12 e aggiunge: « La sola povera Liguria resta sotto il dispotismo » (3), interpreta il pensiero generale dei Liguri, ma è certo anche d’interpretare i sentimenti e l’animo del fratello Anche i rapporti che per opera di Raffaele si stabilirono col conte Mocenigo, venuto nel 1819 rap­ presentante diplomatico dello czar di Russia a Torino (4), poterono contribuire a mantenere l’antico democratico nel campo delle dottrine, almeno teorica­ mente, liberali. E noto infatti che in quegli anni, fino al Congresso di Verona, l’imperatore Alessandro perseguiva ancora vaghe aspirazioni al liberalismo (1) Gazzetta di Genova, n. 27, 2 aprile 1817, pag. 105; n. 40, 17 maggio, pag. 61; n. 30, 10 marzo 1819, pag. 77; n. 28, 7 aprile, pag. 109. Così Carlo Felice: n. 33, 24 aprile 1822, pag. 135 ecc. (2) Oltre le notizie già sparsamente date, v. Codignola, pag. 115-116. (3) Raffaele a Onofrio Scassi, da Parigi, 17 marzo 1819; Archivio Sauli, v. Appendice. (4) Presentò le credenziali PII luglio; Gazzetta di Genova, 21 luglio 1819, n. 58, pag. 245. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

- 249 — e che i suoi rappresentanti erano sospetti per questo alla Corte piemontese e il Mettermeli era convinto che creassero nei Carbonari illusioni di eventuale appoggio dello czar a qualunque movimento liberale (1). Certo, misurato e prudente, non era lo Scassi uomo di gesti im pul­ sivi o apertamente ribelli, come Luca Solari (2) e Gaetano Marrè che alla chiusura ufficiale dell’anno scolastico, il 14 agosto 1818, per la seconda vol­ ta — come scriveva il marchese Grillo Cattaneo al ministro Brignole — « con ammirazione universale si sono ricusati di mettersi in piedi, a norma di quanto prescrive la civiltà, nell’atto del passaggio dell’Ecc.ma Deputazione che in corpo si portava alla Chiesa », del che si affrettava a dar notizia « te­ mendo di malizia, d’insubordinazione e di cattivo esempio per l’avvenire » e aggiungendo che i professori, specialmente di legge, raramente intervenivano alle pubbliche funzioni (3). La natura stessa del suo insegnamento a base affatto scientifica gli permetteva di astenersi studiosamente da ogni atteggiamento politico e di rivolgere l’opera propria a scopi di pratica attività. Così, anche quando gli spettava di assumere vèste ufficiale, le parole di devozione e di ossequio non oltrepassavano i limiti delle doverose convenienze. 11 17 novembre del 1818, riaprendosi TUniversità con le solenni consuete e obbligate cerimonie della rinnovata professione di fede e del giuramento dei professori, egli pronunciò in latino l’orazione inaugurale, cogliendo l’occasione per tornare sopra un argomento che gli era caro e famigliare. « L’oratore — narra la Gazzetta — per argomento del suo discorso prese a dimostrare la necessità di un Magistrato che presieda a tutto ciò che appartiene alla conservazione della pubblica salute. La moltiplicilà degli oggetti che vi hanno un rapporto più o meno immediato, e ch’egli ha sviluppato mettendoli nella più chiara evidenza, non ci permette di seguitarlo nella sua dotta enumerazione. L’e­ gregio Oratore ha dipinto con sì vivi colori quinci i difetti e i vizi e gli abusi che regnano principalmente nelle grandi città, relativamente alla pub­ blica salute, e quindi i provvedimenti salutari, le misure di precauzione, i regolamenti che sarebbe utile di stabilire per porvi riparo, da rendere gene- (1) V. Castaldo, La rivoluzione napoletana del 1820, Rassegna Storica del Risorgimento, Fascic. commemor. del 1820-21, pag. 46. Ai predecessori del Mocenigo, Mustoxidi e Conte di Capo d’Istria la polizia austriaca aveva anche intercettato ed esaminato la corrispondenza; Bornate, L’insurrezione di Genova nel marzo 1811, pag. 19.11 Frizzi, accennato all’intervento del Capo d’Istria a favore del Mojon per l’opera accusata di ateismo, aggiunge « fa d’uopo rimarcare l’influenza di quel Ministro del (sul) Gabinetto di Torino ». (2) Eppure il Solari era stato Sindaco nel 1817; Gazzetta di Genova, 4 gennaio 1817, n. 2, pag. 5. (3) Codignoi.a, pag. 122; Arch. Univ. Genova, Registro lettere segrete, n. 21. 11 Governo però ordinava « non farsi luogo a provvidenze ». Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

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sime nel campo del pensiero, era ben lontana dal raggiungere quell’adatta­<br />

mento al nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cose che era negl’inten<strong>di</strong>menti dei reggitori <strong>di</strong><br />

meno corta veduta. Tutte le formalità e le imposte cerimonie esteriori, le pra­<br />

tiche <strong>di</strong> devozione rigorosamente or<strong>di</strong>nate e sorvegliate, anche se ridotte<br />

spesso a pure formalità burocratiche, dovevano apparire ostiche alla genera­<br />

zione che aveva attivamente partecipato o si era venuta formando la coscienza<br />

civile e politica nell’età rivoluzionaria e nel periodo napoleonico. A modo suo,<br />

e purché si adattasse alle norme imposte, Vittorio Emanuele amava e mostrava<br />

d’onorare l’Università, e assai frequentemente, nelle annuali gite a Genova, si<br />

recava a visitarla e si faceva presentare i professori o almeno i priori dei<br />

collegi e i decani delle facoltà (1). Ma, anche se accarezzati e onorati, uomini<br />

come Onofrio Scassi, Antonio Mongiar<strong>di</strong>ni, Domenico Viviani nel campo delle<br />

scienze, come Paolo Sconnio e Giacomo Lari nelle lettere, come l’Ar<strong>di</strong>zzoni,<br />

il Mangini il Solari, il Marrè nel <strong>di</strong>ritto (2), potevano piegarsi alla realtà, adat­<br />

tarsi formalmente ai nuovi sistemi, non aderire intimamente alla rigida con­<br />

cezione reazionaria, non rinunciare al loro più geloso patrimonio spirituale.<br />

G ià provati nel corso <strong>di</strong> vicende tempestose, stanchi e forse un po’ delusi,<br />

giunti a età posata e matura, non presero parte ai moti del 21 e all’incom<br />

posta insurrezione determinata da giovanile entusiasmo <strong>di</strong> studenti e da ele­<br />

menti militari o turbolenti faziosi, ma videro come un barlume <strong>di</strong> speranza,<br />

come una promessa <strong>di</strong> tempi nuovi e <strong>di</strong> più largo respiro nella breve pa­<br />

rentesi costituzionale.<br />

Quando Raffaele Scassi, caratteristica figura <strong>di</strong> avventuroso intrapren­<br />

dente che compare improvviso in questo momento, scrive da Parigi nel 1819<br />

al fratello Onofrio annunciandogli le riforme sulla libertà in<strong>di</strong>viduale e sulla<br />

stampa approvate dal Parlamento <strong>di</strong> Parigi e la promessa del Re <strong>di</strong> Spagna<br />

<strong>di</strong> giurare la costituzione del 12 e aggiunge: « La sola povera Liguria resta<br />

sotto il <strong>di</strong>spotismo » (3), interpreta il pensiero generale dei Liguri, ma è certo<br />

anche d’interpretare i sentimenti e l’animo del fratello Anche i rapporti che per<br />

opera <strong>di</strong> Raffaele si stabilirono col conte Mocenigo, venuto nel 1819 rap­<br />

presentante <strong>di</strong>plomatico dello czar <strong>di</strong> Russia a Torino (4), poterono contribuire<br />

a mantenere l’antico democratico nel campo delle dottrine, almeno teorica­<br />

mente, liberali. E noto infatti che in quegli anni, fino al Congresso <strong>di</strong> Verona,<br />

l’imperatore Alessandro perseguiva ancora vaghe aspirazioni al liberalismo<br />

(1) Gazzetta <strong>di</strong> Genova, n. 27, 2 aprile 1817, pag. 105; n. 40, 17 maggio, pag. 61;<br />

n. 30, 10 marzo 1819, pag. 77; n. 28, 7 aprile, pag. 109. Così Carlo Felice: n. 33, 24 aprile<br />

1822, pag. 135 ecc.<br />

(2) Oltre le notizie già sparsamente date, v. Co<strong>di</strong>gnola, pag. 115-116.<br />

(3) Raffaele a Onofrio Scassi, da Parigi, 17 marzo 1819; Archivio Sauli, v. Appen<strong>di</strong>ce.<br />

(4) Presentò le credenziali PII luglio; Gazzetta <strong>di</strong> Genova, 21 luglio 1819, n. 58, pag. 245.<br />

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