ONOFRIO SCASSI - Società Ligure di Storia Patria

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05.06.2013 Views

— 178 S econdo i principi dell’accentramento napoleonico, come tutte le isti­ tuzioni scolastiche e di coltura, anche l’Università e l’Accademia erano sot­ toposte nella nomina dei professori e dei membri nell’ordinamento e nella disciplina all’autorità imperiale, che si esplicava per mezzo del Ministro del­ l’interno. 11 Consiglio di amministrazione delFUniversità era composto del Prefetto, del Presidente della Corte d’Appello e di altri magistrati, del Rettore e di quattro cittadini. Il decreto fissava anche il numero delle catte­ dre — 4 per il diritto, 8 per la medicina — e gli stipendi (3 mila lire per il Rettore, 1200 per i Professori) con la clausola che in caso di assenza potesse essere detratto sino a un terzo per compensare il supplente. Un regolamento emanato dal’arcicancelliere il 9 novembre stabiliva le norme disciplinari: le lezioni universitarie duravano dal 13 novembre al 7 settembre; ogni professore doveva impartirne almeno 140: la lezione si considerava come perduta se aveva un ritardo di venti minuti e doveva essere sempre scritta (1). Con altro decreto degli stessi giorni il Lebrun procedeva alle nomine: prima, del Consiglio d’amministrazione, chiamandovi, coi membri di diritto, il Pareto come Maire, Pietro Paolo Celesia, Antonio Delarue, Presidente della Camera di Commercio e Ippolito Durazzo e designando a Rettore Nicolò Grillo Cat­ taneo, scrittore di versi e traduttore di Salmi (2); poi, dei professori. Per la medicina furono confermati il Pratolongo, il Mongiardini, il Viviani, l’Oli- vari e lo Scassi, che continuò nell’insegnamento delle istituzioni mediche e dell’igiene; per la chirurgia Guidetti, Bonomi e Bertamino; Benedetto Mojon e Landò supplenti (3). In sostanza, in questo primo momento, le innovazioni erano tutte disciplinari, esterne e fiscali: l’insegnamento, nei metodi e nelle persone, rima­ neva quale era stato ordinato durante la Repubblica (4). Che poi l’Università fosse caduta in un marasma dal quale soltanto la trassero gli sforzi intelli­ genti del Lebrun è affermazione non corredata di prove, poiché non pos­ sono avere molto valore le sperticate lodi a carattere nettamente ufficioso della Gazzetta, che, per esaltare il Lebrun, decantava come merito suo l’or­ dine degli studi, la disciplinata e crescente frequenza degli alunni, l’intelligenza e l’attività dei professori, che erano appunto quelli di prima, e nei quali l’intelligenza almeno non sarà stata merito dell’arcicancelliere. Persino nelle numerose norme per impedire che esercitasse la medicina chi non aveva (1) Récueil des Lois et Dzcrets relatifs à tUùversité de Gènes, Gènes, 1806, pag. 1 sgg-, 6 sgg., 29; Is n a r d i- C e le s ia , Storia dell’Università di Genova, II, 196 sgg. (2) Biografia, in Elogi dei Liguri Illustri, voi. Ili, pag. 255. (3) Récueil ecc., pag. 10; C la v a r in o , IV, 187; Gazzetta, n. 22, 19 ottobre, pag. 165 e n. 27, 6 novembre, pag. 186. (4) Questo era già stato notato dal Banchero, Genova e le due Riviere, pag. 450. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

— 179 — fatto un regolare corso di studi universitari e per disciplinare l’esercizio professionale di coloro che erano stati colpiti dalla legge 3 giugno 1805 è continuo il ricorso agli ordinamenti anteriori (1)- Tuttavia non sempre i nuovi sistemi dovevano piacere, ed è probabil­ mente da ritenere effetto di una opposizione dei professori di medicina, fors anche dello stesso Scassi, che si era visto messo da parte con la trasfor­ mazione dell organismo universitario, il decreto 10 febbraio J 806 col quale il Lebrun stabiliva che il Rettore potesse assistere quando gli piaceva agli esami della facoltà medica, partecipando a tutti i diritti degli esaminatori e con la facoltà di consegnare i diplomi ai candidati (2). Vengono in mente le bizze che si erano più volte deplorate agli esami di medicina, ma bisogna anche convenire che la presenza di quel traduttore dei salmi davidici doveva parere inopportuna e ingombrante agli esaminatori. Il 20 novembre l’Università fu solennemente aperta con un discorso del Rettore, che non volle lasciar l’occasione di dar prova delle sue virtù poetiche, e presentò insieme un sonetto deH’Arcitesoriere; un altro discorso tenne Ambrogio Laberio, che professava diritto romano comparato col diritto francese. Un motivo ricorreva comune tra le immancabili lodi e le esaltazioni: solo la pace manca a rendere più nobili le scienze; a ricondurla lavora il più grande degli eroi (3). È il motivo che ritorna dominante ed esprime timidamente, nella sola forma possibile, la maggior causa di mal­ contento e di delusione. Queste cerimonie mostrano anche la profonda trasformazione avvenuta in pochi anni. Quando alla fine del giugno 1805 tutte le autorità erano andate ufficialmente ad assistere alla Messa, la Gazzetta aveva commentato: « pare che sarà così in tutti i giorni festivi »; allo nuova apertura dell’anno scolastico, nel 1806, l’avv. Faustino Qagliuffi, professore di storia e letteratura italiana, pronunciò l’orazione inaugurale sul tema del vincolo che passa tra scienza e religione (4): anche questo entrava nel programma napoleonico. L’incoraggiamento agli studi è innegabile, e lo provano anche i premi in medaglie agli studenti di anatomia e di botanica, istituiti dall’imperatore su parere del Lebrun (5): ma l’Università risentiva del solito accentramento e doveva essere soltanto un’appendice di quella di Francia, sino ad esservi incorporata e assorbita. Nel 1807 si aveva la visita di un ispettore generale (1) B o re l, Gènes sous Napoléon, pag. 71; Gazzetta di Genova, 16 aprile 1806; Récueil, pag. 39, 41, 59. (2) Recueil, pag. 42. (3) Gazzetta di Genova, n. 31, 20 nov., pag. 205-6. (4) Gazzetta n. 3, 29 giugno 1805, pag. 27; n. 91, 12 novembre 1806, pag. 361. (5) B o r e l,[pag. 72. Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2012

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S econdo i principi dell’accentramento napoleonico, come tutte le isti­<br />

tuzioni scolastiche e <strong>di</strong> coltura, anche l’Università e l’Accademia erano sot­<br />

toposte nella nomina dei professori e dei membri nell’or<strong>di</strong>namento e nella<br />

<strong>di</strong>sciplina all’autorità imperiale, che si esplicava per mezzo del Ministro del­<br />

l’interno. 11 Consiglio <strong>di</strong> amministrazione delFUniversità era composto del<br />

Prefetto, del Presidente della Corte d’Appello e <strong>di</strong> altri magistrati, del<br />

Rettore e <strong>di</strong> quattro citta<strong>di</strong>ni. Il decreto fissava anche il numero delle catte­<br />

dre — 4 per il <strong>di</strong>ritto, 8 per la me<strong>di</strong>cina — e gli stipen<strong>di</strong> (3 mila lire per il<br />

Rettore, 1200 per i Professori) con la clausola che in caso <strong>di</strong> assenza potesse<br />

essere detratto sino a un terzo per compensare il supplente. Un regolamento<br />

emanato dal’arcicancelliere il 9 novembre stabiliva le norme <strong>di</strong>sciplinari: le<br />

lezioni universitarie duravano dal 13 novembre al 7 settembre; ogni professore<br />

doveva impartirne almeno 140: la lezione si considerava come perduta se<br />

aveva un ritardo <strong>di</strong> venti minuti e doveva essere sempre scritta (1). Con<br />

altro decreto degli stessi giorni il Lebrun procedeva alle nomine: prima, del<br />

Consiglio d’amministrazione, chiamandovi, coi membri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, il Pareto<br />

come Maire, Pietro Paolo Celesia, Antonio Delarue, Presidente della Camera<br />

<strong>di</strong> Commercio e Ippolito Durazzo e designando a Rettore Nicolò Grillo Cat­<br />

taneo, scrittore <strong>di</strong> versi e traduttore <strong>di</strong> Salmi (2); poi, dei professori. Per<br />

la me<strong>di</strong>cina furono confermati il Pratolongo, il Mongiar<strong>di</strong>ni, il Viviani, l’Oli-<br />

vari e lo Scassi, che continuò nell’insegnamento delle istituzioni me<strong>di</strong>che e<br />

dell’igiene; per la chirurgia Guidetti, Bonomi e Bertamino; Benedetto Mojon<br />

e Landò supplenti (3).<br />

In sostanza, in questo primo momento, le innovazioni erano tutte<br />

<strong>di</strong>sciplinari, esterne e fiscali: l’insegnamento, nei meto<strong>di</strong> e nelle persone, rima­<br />

neva quale era stato or<strong>di</strong>nato durante la Repubblica (4). Che poi l’Università<br />

fosse caduta in un marasma dal quale soltanto la trassero gli sforzi intelli­<br />

genti del Lebrun è affermazione non corredata <strong>di</strong> prove, poiché non pos­<br />

sono avere molto valore le sperticate lo<strong>di</strong> a carattere nettamente ufficioso<br />

della Gazzetta, che, per esaltare il Lebrun, decantava come merito suo l’or­<br />

<strong>di</strong>ne degli stu<strong>di</strong>, la <strong>di</strong>sciplinata e crescente frequenza degli alunni, l’intelligenza<br />

e l’attività dei professori, che erano appunto quelli <strong>di</strong> prima, e nei quali<br />

l’intelligenza almeno non sarà stata merito dell’arcicancelliere. Persino nelle<br />

numerose norme per impe<strong>di</strong>re che esercitasse la me<strong>di</strong>cina chi non aveva<br />

(1) Récueil des Lois et Dzcrets relatifs à tUùversité de Gènes, Gènes, 1806, pag. 1<br />

sgg-, 6 sgg., 29; Is n a r d i- C e le s ia , <strong>Storia</strong> dell’Università <strong>di</strong> Genova, II, 196 sgg.<br />

(2) Biografia, in Elogi dei Liguri Illustri, voi. Ili, pag. 255.<br />

(3) Récueil ecc., pag. 10; C la v a r in o , IV, 187; Gazzetta, n. 22, 19 ottobre, pag. 165<br />

e n. 27, 6 novembre, pag. 186.<br />

(4) Questo era già stato notato dal Banchero, Genova e le due Riviere, pag. 450.<br />

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