Testo - Siad
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118 Maria Letizia Compatangelo<br />
Un altro ringhio – ma molto più annoitato – si alza dal centro del<br />
palcoscenico.<br />
RAIMONDO – No! Non ci entro io in ascensore con la carrozzella!<br />
D’accordo, hai fatto le prove, ci entra, ed hai fatto anche mettere lo<br />
scivolo nell’atrio. Grazie tante. Potevi risparmiarti tante energie. Tu...<br />
Te l’ho detto tante volte, tu non sai cosa significano tutte quelle manovre<br />
per entrare in quel cubicolo... di sguincio, e poi di traverso, con<br />
quelle maledette porte automatiche... Sembra che lo facciano apposta<br />
a restringersi attorno alla carrozzella! Sì, lo so, hai fatto sostituire apposta<br />
quelle vecchie di legno... Ma ci vuole tempo, comunque! – E<br />
la gente di sotto protesta, chiama, bussa, vuole l’ascensore, ha fretta...<br />
Lorenzo finalmente si alza e si dirige in cucina. Ha un aspetto terribile,<br />
ma a guardar bene è un bel ragazzo alto, dal fisico atletico e longilineo.<br />
Ha circa venti-ventitre anni. Subito ritorna, stappando una<br />
birra, e recupera la sua singolare postazione. Il tutto mentre Raimondo,<br />
che lo segue sempre con lo sguardo, continua a parlare.<br />
RAIMONDO – ... E quando arrivi giù li vedi che arrossiscono “Oh,<br />
scusi, non avevo capito che era lei!” – Perciò, mio caro, o ti smuovi,<br />
o rinsavisci, così ritorna la Piera, oppure io e te muoriamo di fame<br />
qua dentro. Ti va l’idea? – Prigionieri... Prigionieri al settimo piano.<br />
Anzi no: assediati. Attanagliati dai morsi della fame, alla mercè del<br />
freddo e delle intemperie, incalzati dallo spettro delle epidemie e intossicati<br />
dall’acqua del rubinetto! (il volume del video si alza dispettoso)<br />
Oh insomma, smettila! Ma che cavolo vuoi, che ti porti a Disneyland?!<br />
Scena 2.<br />
Sulle immagini della piccola Judy Garland che canta ispirata “Over<br />
the rainbow”, squilla il campanello della porta di casa. Lorenzo non<br />
si muove. Raimondo va ad aprire. Da fuori scena lo sentiamo aprire e<br />
salutare il visitatore, col quale scambia poi , rientrando, qualche furtiva<br />
parola che né noi né Lorenzo riusciamo a decifrare.