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racconti adulti - Comune di Trichiana

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L’appuntamento<br />

dorme coi suoi pulcini. O una bambina che riattacca da<br />

sola l’occhio del suo peluche fatto <strong>di</strong> un vecchio bottone.<br />

Mi chiamarono nel cuore più profondo delle tenebre,<br />

come si conviene ad una <strong>di</strong>sgrazia vera. Ho dei ricor<strong>di</strong><br />

confusi <strong>di</strong> me che annaspo cercando a tentoni il ricevitore,<br />

della voce pacata e sconosciuta che mi parla, del viaggio<br />

senza emozioni fino all’ospedale. E un solo ricordo vivido,<br />

profondo come un taglio chirurgico nel petto. Se chiudo gli<br />

occhi vedo ancora il lungo corridoio del reparto urgenze,<br />

il pavimento azzurro spento, un colore <strong>di</strong> cielo sporco. Le<br />

macchie <strong>di</strong> ruggine.<br />

E un foulard verde scuro abbandonato per terra come un<br />

canotto sgonfio, senza nessun sopravvissuto da portare a<br />

riva.<br />

Per tutto il tempo che rimase accanto a me, non sospettai<br />

mai, mai che Roger fosse malato. Era magro, certo, e forse<br />

un po’ pallido, a volte. Pensavo che un clochard fosse così,<br />

che facesse tutto parte del personaggio, che fosse incluso<br />

nel pacchetto del Buonbarbone.<br />

E invece, come sempre, mi sbagliavo. Da piccola mia madre<br />

<strong>di</strong>ceva sempre che ero troppo ingenua per stare al mondo,<br />

e anche Roger una volta mi <strong>di</strong>sse scherzando che ero una<br />

«portatrice sana <strong>di</strong> ingenuità». Ma lo <strong>di</strong>sse con la voce dolce,<br />

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